Archeologia
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I recinti per animali nel mondo sannitico
 

Come interpretare le cinte murarie

La funzione misteriosa

La funzione delle cinte murarie delle località dell'antico Sannio, costruite con massi di grosse proporzioni, appare tuttoggi misteriosa. O, perlomeno, si discute su che cosa avesse spinto quei popoli a dotarsi di tali sistemi di protezione e per che cosa. Molti, difatti, sono gli indizi che sembrano non combaciare con la funzione abitativa. Le ipotesi, a tal punto, si sono riversate sulla possibilità che servissero per riparo degli animali allevati all'epoca i quali dovevano essere la vera ricchezza delle genti, con rapporti, si è letto anche questo, di 1 a 8, se non addirittura di 1 a 10. Cioè per ogni abitante ci dovevano essere anche dieci capi di bestiame. 

La tesi del recinto per le pecore

Quest'affermazione si fonda su alcune osservazioni sullo stato dei fatti delle zone archeologiche, dei ruderi presenti, sui ritrovamenti effettuati nel tempo. Si perviene alle seguenti considerazioni:

  • i siti sannitici sono spesso posizionati in zone di montagna, poco accessibili ma, soprattutto, molto freddi d'inverno. In essi, valutando anche le temperature più basse nel primo millennio avanti Cristo, dovevano avere case molto ben costruire per ripararsi dal freddo ma nulla avrebbero potuto contro la neve che, ovviamente, sarebbe caduta abbondante ben oltre i due metri di altezza rendendo insopportabile una vita in tali condizioni;
  • durante la lunga stagione invernale, comunque, si sarebbero dovuti accumulare tanti alimenti, per persone e  animali, da dover costruire enormi depositi. Ma di essi non vi è traccia negli scavi realizzati, mentre sono ben visibili i resti delle cinte murarie esterne;
  • la scarsa accessibilità ai luoghi avrebbe reso difficile la vita anche nelle altre stagioni, mentre gli spazi adatti alle costruzioni appaiono pochi all'interno dei perimetri;
  • non sono state trovare fondazioni di nessun tipo e nemmeno materiali rimasti in posto dopo i crolli nei secoli, né vi sono elementi che facciano ritenere come gli edifici fossero di legno.
Da ciò si è spinti a ipotizzare una ben precisa funzione per tali cinte murarie, non solo da parte di appassionati della matreria, ma pure da esponenti piuttosto esperti nel campo, come nel caso del dottor La Regina quando dice che  "I centri fortificati non sono necessariamente luoghi di insediamento abitativo".
Analizziamo, qui, l'ipotesi che si trattasse soltanto di recinti per gli animali allevati, come si è sostenuto spesso, anche nei convegni a tema, rispondendo alle considerazioni di cui sopra:
  • i luoghi dove ancora si possono leggere recinzioni di mura megalitiche sannitiche sono, è vero, anche su zone piuttosto impervie ad altitudine pure di 1200 metri sul mare. Ma nel Molise, nell'antica Pentria, esiste tuttora il comune di Vastogirardi che è sito a 1200 metri, proprio come la zona archeologica delle Civitelle di Frosolone. Addirittura c'è, poco oltre, Capracotta, un paese di quasi mille abitanti che è posto a 1421 metri sul mare. Dunque, se è possiobile la vita adesso, con tutte le comodità cui siamo abituati oggigiorno, è verosimile che fosse altrettanto possibile nel primo millennio a.C. quando si era molto più capaci di sopportare freddo e inconvenienti della vita. Una vita che durava, mediamente e non casualmente, solamente 39 anni. Per quanto riguarda la neve non esistono prove che non ci fossero sistemi per conviverci: per esempio i tetti molto spioventi e le abitazioni a due piani. Nel primo caso per evitare che i pesi non fossero sopportati dalle strutture, per il secondo per poter uscire dalle case, con apposite racchette, anche in caso di due metri di neve. Nella zona di Frosolone, sulla cui montagna sono le Civitelle sannitiche, ci fu una sola nevicata di due metri di neve in tutto il secolo scorso. Avvenne nel 1956: un momento critico ma sopportabile, come si superano le avversità dei terremoti o di altro genere che, naturalmente, non sono continue nel tempo;
  • che vi fossero locali capaci di avere in deposito una sufficiente quantità di viveri, per le persone e gli animali, quando non era possibile coltivare i campi in inverno, è dimostrato dal grosso fabbricato ritrovato a Monte Vairano dal professor De Benedittis. Seppure esso possa appartenere a epoche successive rispetto ad altre zone archeologiche, tuttavia fa riflettere su come la funzione di accumulo di provviste fosse frequente. Non bisogna dimenticare che, data la breve vita delle popolazioni, molte famiglie fossero formate da soli bambini ai quali la società doveva provvedere. Del resto, se non si portano avanti degli scavi frequenti e mirati, sarà anche difficile avere testimonianze di costruzioni di tale genere sparse nel territorio;
  • i luoghi poco accessibili avevano altro scopo, non certo di preservare soltanto gli animali. Sarebbe anche stato poco logico difendere pecore, capre e mucche lasciando le persone alla mercé di qualche nemico esterno. Per le stesse ragioni le cinte murarie, nel bene e nel male, potevano essere riservate a ciascuno degli scopi di difesa: nessuno dei due, per i soli animali o anche per le persone, si può escludere con la summenzionata motivazione;
  • se non sono state trovare fondazioni e nemmeno tracce di costruzioni di legno, ciò è dovuto a vari fattori di cui si possono elencare alcuni. Per i legni non risultano che ci siano ricerche specifiche, anche mediante metodi scientifici e con analisi di laboratorio che arrivino a stabilire una datazione precisa dei reperti. Per le pietre, giacché non è ipotizzabile che si usassero i mattoni di fronte a una tecnologia costruttiva delle cinte murarie senza eccessive lavorazioni sui massi, vi è da rilevare come potrebbe esistere una contraddizione tecnica. Se, difatti, i grandi massi delle cinte esterne si possono reggere incastrandoli fra loro, nonostante le forme naturali e prive di squadrature, almeno nelle prime fasi, non così può essere per muri di spessori molto inferiori. In questo caso, difatti, la statica non è assicurata quando le facce degli elementi strutturati non combaciano: il carico di punta avrebbe portato facilmente a fenomeni di sbandamento laterale e di crollo. Per questo motivo le case dovevano essere fatte di legno. Quelle di epoche successive, quando con gli strumenti di ferro si potevano squadrate le pietre, sono crollate nel tempo e gli abitanti delle zone limitrofe, nei secoli a venire, le hanno prelevate per riutilizzarle altrove. La stessa cosa che è avvenuta dopo ogni terremoto del passato. Inoltre non è vero che non esistono cumuli di macerie dentro i perimetri di queste cinte murarie megalitiche, lo dimostrano i resti all'interno di esse, in località Civitelle di Frosolone, e poco all'esterno dell'area dove sono state trasportate da popolazioni successive.

I centri abitati

Che le mura di cinta sanntiche racchiudessero centri regolarmente abitati, non solamente durante alcuni eventi della vita sociale, come la difesa da attacchi nemici, è sufficientemente dimostrata da quanto detto. Vi è da aggiungere che la loro costruzione, che dovette durare secoli, non poteva essere pensata soltanto per le guerre contro i Romani: non c'era tempo materiale per dotarsi, in un periodo relativamente beve, di tanta opera di difesa. Nè si fanno sacrifici immensi, (le ossa rinvenute di quegli antichi popoli sono state analizzate dall'Università di Chieti e dimostrano come fossero enormemente sollecitate da carichi da essersi piegate), soltanto per ricoverare gli animali, preziosi quanto si vuole per l'economia di un popolo, ma sicuramente meno delle persone.
Le motivazioni di una scelta dei siti sono ben diverse se si considera che ci sono visuali nel territorio molto interessanti: le Civitelle di Frosolone, monte Crocelle di Boiano, Monte Vairano di Baranello e Busso, la zona archeologica della pineta di Duronia, si potevano scorgere solamente girando lo sguardo dai rispettivi luoghi, come vertici di un preciso quadrilatero. E poi la vicinanza dell'acqua, la legna, i boschi, aree per agricoltura, prati per il pascolo, il soleggiamento. L'inaccessibilità era un vantaggio per chi vi abitasse e una dissuasione per chi, invece, volesse assalire tali centri abitati. Non è un caso che quelle stesse mura, dopo tremila anni, sono ancora là, mentre migliaia di altri luoghi costruiti nei secoli più a valle, fino a noi, si sono quasi tutti distrutti.

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