Come
facevano gli antichi Sanniti a posizionare massi enormi in zone
montagnose?
Le cinte murarie con pietre megalitiche
Si è detto altrove, in queste pagine, che le mura sannitiche
dovevano essere alte almeno cinque metri: per evitare che si
scavalcassero usando le spalle di un uomo posto alla base, sull'esterno
della cinta, per evitare che i lupi, per esempio, saltassero in groppa
a un compagno lanciandosi di corsa e penetrassero all'interno. In
Mongolia, difatti, si sono viste queste tecniche dei lupi adottate
per salire sopra recinzioni di cinque metri. Del resto non avrebbe
molto senso, in termini di difesa, cingere un luogo con altezze
inferiori.
Il
fatto è che, se porre in opera massi del peso di svariati quintali è
abbastanza spiegabile, non lo è altrettanto quando si tratta di
un'altezza di cinque metri. Con le forze umane e con il tiro di animali
questo lavoro diventa incredibile. In questa pagina si spiega, invece,
come sia stato possibile con le conoscenze di secoli prima di Cristo.
Il
luogo
Le mura sannitiche sono tutte poste attorno a monti.
Sfruttano la conformazione dell'ambiente non solamente per quanto
riguarda l'andamento altimetrico, ma anche per la presenza di rocce e
spuntoni naturali. Almeno nelle fasi iniziali sono state usate tutte le
presenze di questi fattori per organizzare una cinta muraria
megalitica. Nelle fasi successive sono state, invece, costruite mura
che fossero meno dipendenti dalle rocce lungo il percorso. E a ciò ci
riferiamo, caso sicuramente più complesso, per spiegare come sia stato
possibile arrivare ai cinque metri di altezza dal suolo.
La
fondazione era un semplice lavoro di sbancamento volto a uniformare il
terreno di base. Non necessariamente troppo in profondità quando il
terreno mostrava buoni segni di capacità di resistere alla pressione.
Si tenga conto dei seguenti calcoli statici per una striscia lunga un
metro lineare:
- peso proprio del muro m.5 (altezza) x m.1 (spessore) x 2500 kg/mc (peso specifico delle pietre) = kg.12500
- pressione sul terreno, peso su area di base, kg.12500 / (100 x 100) = kg/cmq 1,25
- capacità
portante, ossia il carico limite, la pressione massima che una
fondazione può trasmettere al terreno è, in questi casi, di circa
kg/cmq 1,68 (valore ottenuto con prove effettuate con il nostro
software FONDM).
Anche
la scelta del tipo di terreno sul quale poggiare la costruzione fu
fatto con una certa oculatezza. In altri luoghi il peso dei massi
avrebbe fatto sprofondare la cinta dentro il terreno stesso. Abbiamo,
in verità, un caso di mura che si sono ribaltate, (nell'agro di
Sant'Elena Sannita, nel Molise), ma è nei pressi di un torrente e,
quindi, sotto l'azione dell'acqua.
Sicuramente la scelta fu
razionale e senza che si fossero effettuati calcoli come il precedente,
resta, però, il fatto che i Sanniti conoscessero tecniche costruttive,
dimostrate anche in altri campi, (vedasi la vanga ritrovata su monte
Vairano). Se ne deduce che fosse un popolo molto intuitivo.
Il posizionamento
Non è difficile immaginare, a questo punto, come siano potuti
arrivare a cinque metri da terra e sistemare massi del peso di almeno
sei o sette quintali in cima alle mura.
Il luogo scosceso
consentiva, difatti, di porre in opera tali pietre dall'alto, ossia da
sopra rispetto alla base della fondazione, almeno fino al
raggiungimento della quota superiore. Una volta che si era raggiunto il
luogo del cantiere, con il mezzo di trasporto di cui si parla in un'altra pagina
di questa sezione, il masso veniva calato con funi fino all'appoggio
sul terreno sottostante. Dal basso era, poi, sistemato come si
preferiva per adattarlo al fondo e per avere una migliore base per il
masso successivo.
Il lavoro diventava problemativo, invece, quando
si doveva alzare la pietra per aver superato il livello
del terrapieno.
Il metodo che si poteva usare era di
costruire una rampa fatta con altri massi e terra. In maniera che poi
essi si spostavano a porli sulla cinta della zona di perimetro
successiva. Allora si continuava con un'altra rampa fatta di massi e
terra.
La suddetta rampa, alta alla fine come le mura, non
presentava problemi dovuti al carico durante l'uso perché era di
pietra, mentre il terreno di base era stato già stato verificato come
adatto a sopportare il peso della costruzione provvisoria. Inoltre non
doveva essere molto lunga perché sfruttava la pendenza del terreno di
montagna e consentiva, alla fine, di avere a disposizione il materiale
per andare avanti con la cinta. Bastava spostare di pochi metri i massi
già sul posto e metterne di altri a formare una nuova rampa quando,
poco più in là, si raggiungeva l'altezza del terrapieno. Una catena
di montaggio efficace e razionale. Bisogna anche considerare che
non occorreva arrivare a cinque metri dalla parte superiore del
terrapieno: ne bastavano la metà se si pensa che le mura erano alte
cinque metri a misurarli all'esterno in forte pendenza, come è visibile
nei resti che oggi possiamo vedere.
La rampa veniva costruita
posizionando la prima fascia orizzontale di massi, quanti
necessari a raggiungere comodamente il punto alto del cantiere, e
quindi la successiva sulla precedente. La prima fascia era
utilizzata come rampa per la seconda e così via, fino all'altezza
progettata per le mura. Era come una seconda cinta muraria, smontabile,
adiacente a quella definitiva.
E'
ipotizzabile che il piano di posa fosse fatto con fango e paglia ben
amalgamati e mescolati da diventare una malta che, asciugandosi con il
sole, sarebbe diventata dura quasi come la pietra stessa. In questo
composto potevano essere inseriti delle scaglie di pietra per adagiare
rigidamente i massi superiori.
Il tempo, il sole, l'acqua, la
neve e il ghiaccio, nei secoli, hanno distrutto questo composto di
fango e paglia lasciando le pietre scorrere le une sulle altre, fino
alle condizioni, a parte distruzioni e terremoti, in cui oggi possiamo
vederle.