Una definizione che non basta
Cosa intendere per archeologia
Può sembrare stravagante stabilire che cosa sia qualcosa che si conosce da parte di chi è arrivato a questa pagina. Tuttavia, a parte la definizione, (l'archeologia, parola che deriva dal greco ἀρχαιολογία, a sua volta parola composta dall'aggettivo ἀρχαῖος, che significa antico, e dal sostantivo λόγος, che vuol dire discorso oppure anche studio, quindi studio di ciò che è antico), per cui si è spesso detto di una scienza che si occupa delle civiltà passate mediante il ritrovamento di documenti e di reperti e la loro analisi, bisogna parlare soprattutto degli archeologi. Sì, perché, a fronte della preparazione volta a saper portare avanti scavi e a considerare i ritrovamenti che non abbiano a che fare con la statica, essi hanno delle difficoltà quando c'è da esaminare una costruzione. E come tale bisogna intendere non tanto i prodotti che possono spostarsi con qualunque mezzo meccanico o a mano, (anfore, vasi di terracotta, armi, scudi, monete e cose simili), quanto ciò che è ben infisso nel suolo, prendendo in prestito il concetto che anche la giurisprudenza ha adottato. Dunque, l'archeologia ha bisogno di tecnici che conoscano la scienza delle costruzioni e anche la tecnica? Pare proprio di sì, per evitare che i pareri, su ciò che non è certo, possano essere delle vere e proprie sciocchezze di chi non sa che cosa dice. I professionisti dell'archeologia Che succede se lo studio dell'archeologia, nelle nostre università, sia solamente una specializzazione di lettere? Oppure si crede che l'archeologo possa discutere con un ingegnere di come sia stato possibile arrivare a 150 metri di altezza con massi che pesano anche 30 o 40 tonnellate? E si tratta di massi di quarantamila chili che forse nemmeno con le attuali gru si potrebbero portare in cima a delle montagne che finiscono con una punta distante più di cento metri dalla proiezione, in verticale, di ogni lato della pianta. E le stupidaggini sono proprio quelle che molti archeologi, o pseudo-studiosi della materia, (come a questo punto bisogna chiamarli), hanno ipotizzato per tali edificazioni: le rampe di accesso, le spirali attorno all'opera e altri orrori logici del genere. Dunque lettere. Certamente è uno studio necessario per penetrare la storia della comunicazione passata, il greco e poi il latino. Ci si chiede come mai non si studi anche l'osco che, per secoli, è stato parlato dalle popolazioni del centro-sud Italia dell'epoca. Molto prima di Cristo, molto prima del latino. La risposta potrebbe essere semplice. Perché esistono pochissimi scritti in quella lingua e nulla di letterario, poche iscrizioni e nemmeno si conosce il vocabolario delle parole usate. Ma basta questo? Se così fosse, l'archeologia non si saprebbe che razza di scienza sia. Mentre, invece, scadagliare il passato remoto, mediante scavi ed esami dei ruderi può essere l'unica strada per evitare di scrivere fantasie. Per questo, forse, succede che le persone più preparate sono quelle che sono state per decenni a operare in zone archeologiche. Cioè chi si sia formato sul posto, nel lavoro e nel confronto fra i reperti. E con immensa passione. Ma se l'archelogia è una scienza si può dire che anche la letteratura sia una scienza? No?! E se si tratta di altro come mai gli studenti di archeologia non si spostino, per qualche esame tecnico, nelle facoltà di architettura o ingegneria? Siamo certi che essi sappiano adesso, alla fine del percorso formativo, appena dopo la laurea, che cosa sia una sollecitazione di trazione? Oppure che cosa sia il momento d'inerzia, la rigidezza? Se non conoscono il primo concetto non sapranno il perché le trabeazioni avevano una certa altezza, se non conoscono il secondo concetto non sapranno come mai i Sanniti che abitarono monte Vairano, nei pressi di Busso e Campobasso, usassero una vanga con doppia lama, l'una all'altra chiodata a distanza di alcuni centimetri, a forma di zeppa. E se non conoscono il momento d'inerzia e il modulo di elasticità, (il modulo di Young), non sapranno mai che cosa sia e a che cosa serva la rigidezza. Nemmeno se ne importano e non saranno in grado d'interpretare le costruzioni, di datarle in qualche maniera. Questo non è un bene per la nostra Italia ricca quanto mai nel sottosuolo di un altro tipo di petrolio. Qualcosa creato dall'uomo nel suo passaggio su questa terra. La nostra grande speranza che solamente una politica miope non riesce a riconoscere, come non sa preparare professionisti che sappiano leggere, in tutti le sue forme, il passato remoto. |
|