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Protezione e trattamento sanzionatorio dei collaboratori della giustizia
(Legge 13 febbraio 2001, n. 45)
 Parti e argomenti della scheda: 
Si riporta la legge n.45 del 2001 che tratta della protezione dei collaboratori di giustizia e dei testimoni.
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Legge 13 febbraio 2001, n. 45
(Pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 58 del 10 marzo 2001 - Supplemento Ordinario n. 50)
 
"Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonchè disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza"
 

Capo I 

MODIFICHE ALLE NORME PER LA PROTEZIONE DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA 

Art. 1. 

    1. Il titolo del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente: «Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia». 

Art. 2. 

1. L’articolo 9 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente: 

    «Art. 9. – (Condizioni di applicabilità delle speciali misure di protezione). – 1. Alle persone che tengono le condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai commi 2 e 5 possono essere applicate, secondo le disposizioni del presente Capo, speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l’incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza. 

    2. Le speciali misure di protezione sono applicate quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate, dal Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e risulta altresì che le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione aventi le caratteristiche indicate nel comma 3 e tenute relativamente a delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. 

    3. Ai fini dell’applicazione delle speciali misure di protezione, assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristico-eversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni. 

    Soppresso. 

    4. Se le speciali misure di protezione indicate nell’articolo 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravità ed attualità del pericolo, esse possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell’articolo 13, comma 5.. 

    5. Le speciali misure di protezione di cui al comma 4 possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonchè, in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone. Il solo rapporto di parentela, affinità o coniugio, non determina, in difetto di stabile coabitazione, l’applicazione delle misure. 

    6. Nella determinazione delle situazioni di pericolo si tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione o della rilevanza e qualità delle dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo è localmente in grado di valersi». 

Art. 3. 

    1. All’articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) è inserita la rubrica: «Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione»; 

        b) il comma 1 è abrogato; 

        c) il comma 2 è sostituito dal seguente: 

    «2. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri interessati, è istituita una commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione.»; 

        d) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti: 

    «2-bis. La commissione centrale è composta da un Sottosegretario di Stato all’interno che la presiede, da due magistrati e da cinque funzionari e ufficiali. I componenti della commissione diversi dal presidente sono preferibilmente scelti tra coloro che hanno maturato specifiche esperienze nel settore e che siano in possesso di cognizioni relative alle attuali tendenze della criminalità organizzata, ma che non sono addetti ad uffici che svolgono attività di investigazione, di indagine preliminare sui fatti o procedimenti relativi alla criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo. 

    2-ter. Sono coperti dal segreto di ufficio, oltre alla proposta di cui all’articolo 11, tutti gli atti e i provvedimenti comunque pervenuti alla commissione centrale, gli atti e i provvedimenti della commissione stessa, salvi gli estratti essenziali e le attività svolte per l’attuazione delle misure di protezione. Agli atti e ai provvedimenti della commissione, salvi gli estratti essenziali che devono essere comunicati a organi diversi da quelli preposti all’attuazione delle speciali misure di protezione, si applicano altresì le norme per la tenuta e la circolazione degli atti classificati, con classifica di segretezza adeguata al contenuto di ciascun atto. 

    2-quater. Per lo svolgimento dei compiti di segreteria e di istruttoria, la commissione centrale si avvale dell’Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia. Per lo svolgimento dei compiti di istruttoria, la commissione può avvalersi anche del Servizio centrale di protezione di cui all’articolo 14. 

    2-quinquies. Nei confronti dei provvedimenti della commissione centrale con cui vengono applicate le speciali misure di protezione, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, non è ammessa la sospensione dell’esecuzione in sede giurisdizionale ai sensi dell’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell’articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642. 

    2-sexies. Nei confronti dei provvedimenti della commissione centrale con cui vengono modificate o revocate le speciali misure di protezione anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, l’ordinanza di sospensione cautelare emessa ai sensi dell’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, o dell’articolo 36 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ha efficacia non superiore a sei mesi. Con l’ordinanza il giudice fissa, anche d’ufficio, l’udienza per la discussione di merito del ricorso che deve avvenire entro i quattro mesi successivi; il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell’udienza con deposito in cancelleria. I termini processuali sono ridotti alla metà. 

    2-septies. Nel termine entro il quale può essere proposto il ricorso giurisdizionale ed in pendenza del medesimo il provvedimento di cui al comma 2-sexies rimane sospeso sino a contraria determinazione del giudice in sede cautelare o di merito. 

    2-octies. I magistrati componenti della commissione centrale non possono esercitare funzioni giudicanti nei procedimenti cui partecipano a qualsiasi titolo i soggetti nei cui confronti la commissione, con la loro partecipazione, ha deliberato sull’applicazione della misura di protezione.»; 

        e) il comma 3 è abrogato. 

Art. 4. 

    1. L’articolo 11 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente: 

    «Art. 11. - (Proposta di ammissione) – 1. L’ammissione alle speciali misure di protezione, oltre che i contenuti e la durata di esse, sono di volta in volta deliberati dalla commissione centrale di cui all’articolo 10, comma 2, su proposta formulata dal procuratore della Repubblica il cui ufficio procede o ha proceduto sui fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave e attuale pericolo. Allorchè sui fatti procede o ha proceduto la Direzione distrettuale antimafia e a essa non è preposto il procuratore distrettuale, ma un suo delegato, la proposta è formulata da quest’ultimo. 

    2. Quando le dichiarazioni indicate nel comma 1 attengono a procedimenti per taluno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, in relazione ai quali risulta che più uffici del pubblico ministero procedono a indagini collegate a norma dell’articolo 371 dello stesso codice, la proposta è formulata da uno degli uffici procedenti d’intesa con gli altri e comunicata al procuratore nazionale antimafia; nel caso di mancata intesa il procuratore nazionale antimafia risolve il contrasto. La proposta è formulata d’intesa con i procuratori generali presso le corti di appello interessati, a norma dell’articolo 118-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, quando la situazione delineata nel periodo precedente riguarda procedimenti relativi a delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale. 

    3. La proposta può essere formulata anche dal Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza previa acquisizione del parere del procuratore della Repubblica che, se ne ricorrono le condizioni, è formulato d’intesa con le altre autorità legittimate a norma del comma 2. 

    4. Quando non ricorrono le ipotesi indicate nel comma 2, l’autorità che formula la proposta può comunque richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia e dei procuratori generali presso le corti di appello interessati allorchè ritiene che le notizie, le informazioni e i dati attinenti alla criminalità organizzata di cui il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali dispongono per l’esercizio delle loro funzioni, a norma dell’articolo 371-bis del codice di procedura penale e del citato articolo 118-bis delle relative norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, possano essere utili per la deliberazione della commissione centrale. 

    5. Anche per il tramite del suo presidente, la commissione centrale può esercitare sia la facoltà indicata nel comma 4 sia quella di richiedere il parere del procuratore nazionale antimafia o dei procuratori generali presso le corti di appello interessati quando ritiene che la proposta doveva essere formulata dal procuratore della Repubblica d’intesa con altre procure e risulta che ciò non è avvenuto. In tale ultima ipotesi e semprechè ritengano ricorrere le condizioni indicate nel comma 2, il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali, oltre a rendere il parere, danno comunicazione dei motivi che hanno originato la richiesta al procuratore generale presso la Corte di cassazione. 

    6. Nelle ipotesi di cui ai commi 2, 3, 4 e 5, il procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali presso le corti di appello interessati possono acquisire copie di atti nonchè notizie o informazioni dalle autorità giudiziarie che procedono a indagini o a giudizi connessi o collegati alle medesime condotte di collaborazione. 

    7. La proposta per l’ammissione alle speciali misure di protezione contiene le notizie e gli elementi utili alla valutazione sulla gravità e attualità del pericolo cui le persone indicate nell’articolo 9 sono o possono essere esposte per effetto della scelta di collaborare con la giustizia compiuta da chi ha reso le dichiarazioni. Nella proposta sono elencate le eventuali misure di tutela adottate o fatte adottare e sono evidenziati i motivi per i quali le stesse non appaiono adeguate. 

    8. Nell’ipotesi prevista dall’articolo 9, comma 3, la proposta del procuratore della Repubblica, ovvero il parere dello stesso procuratore quando la proposta è effettuata dal Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza, deve fare riferimento specifico alle caratteristiche del contributo offerto dalle dichiarazioni». 

Art. 5. 

    1. All’articolo 12 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) è inserita la rubrica: «Assunzione degli impegni»; 

        b) nel comma 1, le parole: «avanzata proposta di ammissione allo speciale programma di protezione» sono sostituite dalle seguenti: «avanzata proposta di ammissione alle speciali misure di protezione»; 

        c) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: 

    «2. Le speciali misure di protezione sono sottoscritte dagli interessati, i quali si impegnano personalmente a: 

        a) osservare le norme di sicurezza prescritte e collaborare attivamente all’esecuzione delle misure; 

        b) sottoporsi a interrogatori, a esame o ad altro atto di indagine ivi compreso quello che prevede la redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione; 

        c) adempiere agli obblighi previsti dalla legge e dalle obbligazioni contratte; 

        d) non rilasciare a soggetti diversi dalla autorità giudiziaria, dalle forze di polizia e dal proprio difensore dichiarazioni concernenti fatti comunque di interesse per i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione ed a non incontrare nè a contattare, con qualunque mezzo o tramite, alcuna persona dedita al crimine, né, salvo autorizzazione dell’autorità giudiziaria quando ricorrano gravi esigenze inerenti alla vita familiare, alcuna delle persone che collaborano con la giustizia; 

        e) specificare dettagliatamente tutti i beni posseduti o controllati, direttamente o per interposta persona, e le altre utilità delle quali dispongono direttamente o indirettamente, nonché, immediatamente dopo l’ammissione alle speciali misure di protezione, versare il danaro frutto di attività illecite. L’autorità giudiziaria provvede all’immediato sequestro del danaro e dei beni ed utilità predetti. 

    3. La previsione di cui alla lettera e) del comma 2 non si applica ai soggetti indicati nel comma 2 dell’articolo 16-quater. 

    3-bis. All’atto della sottoscrizione delle speciali misure di protezione l’interessato elegge il proprio domicilio nel luogo in cui ha sede la commissione centrale di cui all’articolo 10, comma 2». 

Art. 6. 

    1. L’articolo 13 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente: 

    «Art. 13. - (Contenuti delle speciali misure di protezione e adozione di provvedimenti provvisori) – 1. Sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione, la commissione centrale di cui all’articolo 10, comma 2, delibera a maggioranza dei suoi componenti, purchè siano presenti alla seduta almeno cinque di questi. In caso di parità prevale il voto del presidente. Quando risultano situazioni di particolare gravità e vi è richiesta dell’autorità legittimata a formulare la proposta la commissione delibera, anche senza formalità e comunque entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione dopo aver acquisito, ove necessario, informazioni dal Servizio centrale di protezione di cui all’articolo 14 o per il tramite di esso. La richiesta contiene, oltre agli elementi di cui all’articolo 11, comma 7, la indicazione quantomeno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di collaborare e dei motivi per i quali la collaborazione è ritenuta attendibile e di notevole importanza; specifica inoltre le circostanze da cui risultano la particolare gravità del pericolo e l’urgenza di provvedere. Il provvedimento con il quale la commissione delibera il piano provvisorio di protezione cessa di avere effetto se, decorsi centottanta giorni, l’autorità legittimata a formulare la proposta di cui all’articolo 11 non ha provveduto a trasmetterla e la commissione non ha deliberato sull’applicazione delle speciali misure di protezione osservando le ordinarie forme e modalità del procedimento. Il presidente della commissione può disporre la prosecuzione del piano provvisorio di protezione per il tempo strettamente necessario a consentire l’esame della proposta da parte della commissione medesima. Quando sussistono situazioni di eccezionale urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della commissione e fino a che tale deliberazione non interviene, su motivata richiesta della competente autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza può autorizzare detta autorità ad avvalersi degli specifici stanziamenti previsti dall’articolo 17 specificandone contenuti e destinazione. Nei casi in cui è applicato il piano provvisorio di protezione, il presidente della commissione può richiedere al Servizio centrale di protezione una relazione riguardante la idoneità dei soggetti a sottostare agli impegni indicati nell’articolo 12. 

    2. Per stabilire se sia necessario applicare taluna delle misure di protezione e, in caso positivo, per individuare quale di esse sia idonea in concreto, la commissione centrale può acquisire specifiche e dettagliate indicazioni sulle misure di prevenzione o di tutela già adottate o adottabili dall’autorità di pubblica sicurezza, dall’Amministrazione penitenziaria o da altri organi, nonchè ogni ulteriore elemento eventualmente occorrente per definire la gravità e l’attualità del pericolo in relazione alle caratteristiche delle condotte di collaborazione. 

    3. Esclusivamente al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle speciali misure di protezione, la commissione centrale può procedere anche all’audizione delle autorità che hanno formulato la proposta o il parere e di altri organi giudiziari, investigativi e di sicurezza; può inoltre utilizzare gli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 118 del codice di procedura penale. 

    4. Il contenuto del piano provvisorio di protezione previsto dal comma 1 e delle speciali misure di protezione che la commissione centrale può applicare nei casi in cui non provvede mediante la definizione di uno speciale programma è stabilito nei decreti previsti dall’articolo 17-bis, comma 1. Il contenuto delle speciali misure di protezione può essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall’adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonchè dal ricorso, nel rispetto delle norme dell’ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti. 

    5. Se, ricorrendone le condizioni, la commissione centrale delibera la applicazione delle misure di protezione mediante la definizione di uno speciale programma, questo è formulato secondo criteri che tengono specifico conto delle situazioni concretamente prospettate e può comprendere, oltre alle misure richiamate nel comma 4, il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore e delle altre persone sottoposte a protezione oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie. 

    6. Le misure di assistenza economica indicate nel comma 5 comprendono, in specie, semprechè a tutte o ad alcune non possa direttamente provvedere il soggetto sottoposto al programma di protezione, la sistemazione alloggiativa e le spese per i trasferimenti, le spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie, l’assistenza legale e l’assegno di mantenimento nel caso di impossibilità di svolgere attività lavorativa. La misura dell’assegno di mantenimento e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacità lavorativa è definita dalla commissione centrale e non può superare un ammontare di cinque volte l’assegno sociale di cui all’articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335. L’assegno di mantenimento può essere annualmente modificato in misura pari alle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevate dall’ISTAT. L’assegno di mantenimento può essere integrato dalla commissione con provvedimento motivato solo quando ricorrono particolari circostanze influenti sulle esigenze di mantenimento in stretta connessione con quelle di tutela del soggetto sottoposto al programma di protezione, eventualmente sentiti l’autorità che ha formulato la proposta, il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali interessati a norma dell’articolo 11. Il provvedimento è acquisito dal giudice del dibattimento su richiesta della difesa dei soggetti a cui carico sono utilizzate le dichiarazioni del collaboratore. Lo stesso giudice, sempre su richiesta della difesa dei soggetti di cui al periodo precedente, acquisisce l’indicazione dell’importo dettagliato delle spese sostenute per la persona sottoposta al programma di protezione. Le spese di assistenza legale sono liquidate dal giudice previo parere del Consiglio dell’ordine degli avvocati presso cui il difensore è iscritto. 

    7. Nella relazione prevista dall’articolo 16, il Ministro dell’interno indica il numero complessivo dei soggetti e l’ammontare complessivo delle spese sostenute nel semestre per l’assistenza economica dei soggetti sottoposti a programma di protezione e, garantendo la riservatezza dei singoli soggetti interessati, specifica anche l’ammontare delle integrazioni dell’assegno di mantenimento eventualmente intervenute e le esigenze che le hanno motivate. 

    8. Ai fini del reinserimento sociale dei collaboratori e delle altre persone sottoposte a protezione, è garantita la conservazione del posto di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo le forme e le modalità che, assicurando la riservatezza e l’anonimato dell’interessato, sono specificate in apposito decreto emanato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati. Analogamente si provvede per la definizione di specifiche misure di assistenza e di reinserimento sociale destinate ai minori compresi nelle speciali misure di protezione. 

    Soppresso 

    9. L’autorità giudiziaria può autorizzare con provvedimento motivato i soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 16-quater ad incontrarsi tra loro quando ricorrono apprezzabili esigenze inerenti alla vita familiare. 

    10.  Al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione a norma del comma 5 e che non sono detenute o internate è consentita l’utilizzazione di un documento di copertura. 

    11. L’autorizzazione al rilascio del documento di copertura indicato nel comma 10 è data dal Servizio centrale di protezione di cui all’articolo 14 il quale chiede alle autorità competenti al rilascio, che non possono opporre rifiuto, di predisporre il documento e di procedere alle registrazioni previste dalla legge e agli ulteriori adempimenti eventualmente necessari. Si applicano le previsioni in tema di esonero da responsabilità di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119. Presso il Servizio centrale di protezione è tenuto un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell’autorizzazione al rilascio del documento. 

    12.  Quando ricorrono particolari motivi di sicurezza, il procuratore della Repubblica o il giudice possono autorizzare il soggetto interrogato o esaminato a eleggere domicilio presso persona di fiducia o presso un ufficio di polizia, ai fini delle necessarie comunicazioni o notificazioni. 

    13. Quando la proposta o la richiesta per l’ammissione a speciali forme di protezione è formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria provvede ad assegnare i soggetti medesimi a istituti o sezioni di istituto che garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza. Allo stesso modo il Dipartimento provvede in vista della formulazione della proposta e su richiesta del procuratore della Repubblica che ha raccolto o si appresta a raccogliere le dichiarazioni di collaborazione o il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dall’articolo 16-quater. 

    14. Nei casi indicati nel comma 13, la custodia è assicurata garantendo la riservatezza dell’interessato anche con le specifiche modalità di cui al decreto previsto dall’articolo 17-bis, comma 2, e procurando che lo stesso sia sottoposto a misure di trattamento penitenziario, specie organizzative, dirette ad impedirne l’incontro con altre persone che già risultano collaborare con la giustizia e dirette ad assicurare che la genuinità delle dichiarazioni non possa essere compromessa. È fatto divieto, durante la redazione dei verbali e comunque almeno fino alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, di sottoporre la persona che rende le dichiarazioni ai colloqui investigativi di cui all’articolo 18-bis, commi 1 e 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. È fatto altresì divieto, alla persona medesima e per lo stesso periodo, di avere corrispondenza epistolare, telegrafica o telefonica, nonchè di incontrare altre persone che collaborano con la giustizia, salvo autorizzazione dell’autorità giudiziaria per finalità connesse ad esigenze di protezione ovvero quando ricorrano gravi esigenze relative alla vita familiare. 

    15. L’inosservanza delle prescrizioni di cui al comma 14 comporta l’inutilizzabilità in dibattimento, salvi i casi di irripetibilità dell’atto, delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria successivamente alla data in cui si è verificata la violazione». 

Art. 7. 

    1. Gli articoli 13-bis e 13-ter del decreto- legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono abrogati. 

Art. 8. 

    1. Prima dell’articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è inserito il seguente: 

    «Art. 13-quater. - (Revoca e modifica delle speciali misure di protezione) – 1. Le speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all’attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonchè in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge. 

    2. Costituiscono fatti che comportano la revoca delle speciali misure di protezione l’inosservanza degli impegni assunti a norma dell’articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonchè la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale. Costituiscono fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione l’inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell’articolo 12, la commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione, la rinuncia espressa alle misure, il rifiuto di accettare l’offerta di adeguate opportunità di lavoro o di impresa, il ritorno non autorizzato nei luoghi dai quali si è stati trasferiti, nonchè ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione dell’identità assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate. Nella valutazione ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene particolare conto del tempo trascorso dall’inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell’articolo 9. 

    3. Nel provvedimento con il quale ammette il soggetto alle speciali misure di protezione, la commissione centrale indica il termine, non superiore a cinque anni e non inferiore a sei mesi, entro il quale deve comunque procedersi alle verifiche sulla modifica o sulla revoca. Se il termine non è indicato, esso è di un anno dalla data del provvedimento. 

    4. La commissione centrale è comunque tenuta alle verifiche indicate nel comma 3 ogni volta che ne faccia motivata richiesta l’autorità che ha formulato la proposta. 

    5. La modifica o la revoca delle speciali misure di protezione non produce effetti sulla applicabilità delle disposizioni dell’articolo 147-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271». 

Art. 9. 

    1. All’articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) è inserita la rubrica: «Servizio centrale di protezione»; 

        b) il comma 1 è sostituito dal seguente: 

    «1. Alla attuazione e alla specificazione delle modalità esecutive del programma speciale di protezione deliberato dalla commissione centrale provvede il Servizio centrale di protezione istituito, nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che ne stabilisce la dotazione di personale e di mezzi, anche in deroga alle norme vigenti, sentite le amministrazioni interessate. Il Servizio centrale di protezione è articolato in due sezioni, dotate ciascuna di personale e di strutture differenti e autonome, aventi competenza l’una sui collaboratori di giustizia e l’altra sui testimoni di giustizia. Il Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza coordina i rapporti tra prefetti e tra autorità di sicurezza nell’attuazione degli altri tipi di speciali misure di protezione, indicate nei decreti di cui all’articolo 17-bis, comma 1, la cui determinazione spetta al prefetto del luogo di residenza attuale del collaboratore, anche mediante impieghi finanziari non ordinari autorizzati, a norma dell’articolo 17, dallo stesso Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza.»; 

           c) il comma 2 è abrogato. 

Art. 10. 

    1. L’articolo 15 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: 

    «Art. 15. - (Cambiamento delle generalità. Rinvio) – 1. Nell’ambito dello speciale programma di protezione può essere autorizzato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, il cambiamento delle generalità, garantendone la riservatezza anche in atti della pubblica amministrazione. 

    2. All’attuazione del disposto del comma 1 si provvede a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni». 

Art. 11. 

    1. All’articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) è inserita la rubrica: «Relazione del Ministro dell’interno»; 

        b) nel comma 1, le parole: «sui programmi» sono sostituite dalle seguenti: «sulle misure speciali». 

Capo II 

NORME PER LA PROTEZIONE 
DEI TESTIMONI DI GIUSTIZIA 

Art. 12. 

    1. Dopo l’articolo 16 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è inserito il seguente Capo: 

  «Capo II-bis. - NORME PER LA PROTEZIONE DEI TESTIMONI DI GIUSTIZIA. 

    Art. 16-bis. - (Applicazione delle speciali misure di protezione ai testimoni di giustizia) – 1. Le speciali misure di protezione di cui agli articoli 9 e 13, comma 5, se ne ricorrono i presupposti, si applicano a coloro che assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purchè nei loro confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575. Tali soggetti sono, ai fini del presente decreto, denominati “testimoni di giustizia“. 

    2. Le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia possono anche non avere le caratteristiche di cui all’articolo 9, comma 3, salvo avere carattere di attendibilità, e riferirsi a delitti diversi da quelli indicati nel comma 2 dello stesso articolo. 

    3. Le speciali misure di protezione si applicano, se ritenute necessarie, a coloro che coabitano o convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 1, nonchè, ricorrendone le condizioni, a chi risulti esposto a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni trattenute con le medesime persone. 

    Art. 16-ter. - (Contenuto delle speciali misure di protezione) – 1. I testimoni di giustizia cui è applicato lo speciale programma di protezione hanno diritto: 

        a) a misure di protezione fino alla effettiva cessazione del pericolo per sè e per i familiari; 

        b) a misure di assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell’avvio del programma, fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio; 

        c) alla capitalizzazione del costo dell’assistenza, in alternativa alla stessa; 

        d) se dipendenti pubblici, al mantenimento del posto di lavoro, in aspettativa retribuita, presso l’amministrazione dello Stato al cui ruolo appartengono, in attesa della definitiva sistemazione anche presso altra amministrazione dello Stato; 

        e) alla corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno, concordata con la commissione, derivante dalla cessazione dell’attività lavorativa propria e dei familiari nella località di provenienza, sempre che non abbiano ricevuto un risarcimento al medesimo titolo, ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44; 

        f) a mutui agevolati volti al completo reinserimento proprio e dei familiari nella vita economica e sociale. 

    2. Le misure previste sono mantenute fino alla effettiva cessazione del rischio, indipendentemente dallo stato e dal grado in cui si trova il procedimento penale in relazione al quale i soggetti destinatari delle misure hanno reso dichiarazioni. 

    3. Se lo speciale programma di protezione include il definitivo trasferimento in altra località, il testimone di giustizia ha diritto ad ottenere l’acquisizione dei beni immobili dei quali è proprietario al patrimonio dello Stato, dietro corresponsione dell’equivalente in denaro a prezzo di mercato. Il trasferimento degli immobili è curato da un amministratore, nominato dal direttore della sezione per i testimoni di giustizia del Servizio centrale di protezione tra avvocati o dottori commercialisti iscritti nei rispettivi albi professionali, di comprovata esperienza». 

Art. 13. 

    1. Agli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui al al presente capo, pari a lire 6.000 milioni per l’anno 2001 ed a lire 8.600 milioni a decorrere dall’anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dall’articolo 18 della presente legge. 

Capo III 

NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA 

Art. 14. 

    1. Dopo l’articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall’articolo 12 della presente legge, è inserito il seguente Capo: 

    «Capo II-ter. – NUOVE NORME PER IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO DI COLORO CHE COLLABORANO CON LA GIUSTIZIA 

    Art. 16-quater. - (Verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione) – 1. Ai fini della concessione delle speciali misure di protezione di cui al Capo II, nonchè per gli effetti di cui agli articoli 16-quinquies e 16-nonies, la persona che ha manifestato la volontà di collaborare rende al procuratore della Repubblica, entro il termine di centottanta giorni dalla suddetta manifestazione di volontà, tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali è interrogato nonchè degli altri fatti di maggiore gravità ed allarme sociale di cui è a conoscenza oltre che alla individuazione e alla cattura dei loro autori ed altresì le informazioni necessarie perchè possa procedersi alla individuazione, al sequestro e alla confisca del denaro, dei beni e di ogni altra utilità dei quali essa stessa o, con riferimento ai dati a sua conoscenza, altri appartenenti a gruppi criminali dispongono direttamente o indirettamente. 

    2. Le informazioni di cui al comma 1 relative alla individuazione del denaro, dei beni e delle altre utilità non sono richieste quando la volontà di collaborare è stata manifestata dai testimoni di giustizia. 

    3. Le dichiarazioni rese ai sensi dei commi 1 e 2 sono documentate in un verbale denominato “verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione“, redatto secondo le modalità previste dall’articolo 141-bis del codice di procedura penale, che è inserito, per intero, in apposito fascicolo tenuto dal procuratore della Repubblica cui le dichiarazioni sono state rese e, per estratto, nel fascicolo previsto dall’articolo 416, comma 2, del codice di procedura penale relativo al procedimento cui le dichiarazioni rispettivamente e direttamente si riferiscono. Il verbale è segreto fino a quando sono segreti gli estratti indicati nel precedente periodo. Di esso è vietata la pubblicazione a norma dell’articolo 114 del codice di procedura penale. 

    4. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la persona che rende le dichiarazioni attesta, fra l’altro, di non essere in possesso di notizie e informazioni processualmente utilizzabili su altri fatti o situazioni, anche non connessi o collegati a quelli riferiti, di particolare gravità o comunque tali da evidenziare la pericolosità sociale di singoli soggetti o di gruppi criminali. 

    5. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione la persona indica i colloqui investigativi eventualmente intrattenuti. 

    6. Le notizie e le informazioni di cui ai commi 1 e 4 sono quelle processualmente utilizzabili che, a norma dell’articolo 194 del codice di procedura penale, possono costituire oggetto della testimonianza. Da esse, in particolare, sono escluse le notizie e le informazioni che il soggetto ha desunto da voci correnti o da situazioni a queste assimilabili. 

    7. Le speciali misure di protezione di cui ai Capi II e II-bis non possono essere concesse, e se concesse devono essere revocate, qualora, entro il termine di cui al comma 1, la persona cui esse si riferiscono non renda le dichiarazioni previste nei commi 1, 2 e 4 e queste non siano documentate nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione. 

    8. La disposizione del comma 7 si applica anche nel caso in cui risulti non veritiera l’attestazione di cui al comma 4. 

    9. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 4 rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria oltre il termine previsto dallo stesso comma 1 non possono essere valutate ai fini della prova dei fatti in esse affermati contro le persone diverse dal dichiarante, salvo i casi di irripetibilità. 

    Art. 16-quinquies. - (Attenuanti in caso di collaborazione) – 1. Le circostanze attenuanti che il codice penale e le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione, relativa ai delitti di cui all’articolo 9, comma 2, possono essere concesse soltanto a coloro che, entro il termine di cui al comma 1 dell’articolo 16-quater, hanno sottoscritto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater. 

      2. Il giudice, anche d’ufficio, accerta l’avvenuta redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione entro il termine prescritto. 

    3. Se la collaborazione si manifesta nel corso del dibattimento, il giudice può concedere le circostanze attenuanti di cui al comma 1 anche in mancanza del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, ferma restando la necessità di procedere alla sua redazione entro il termine prescritto per gli effetti di cui agli articoli 16-quater e 16-nonies. 

    Art. 16-sexies. - (Acquisizione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione nonchè di copie per estratto dei registri in materia di colloqui investigativi in caso di interrogatorio o esame del collaboratore) – 1. Quando si deve procedere all’interrogatorio o all’esame del collaboratore quale testimone o persona imputata in un procedimento connesso o di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall’articolo 371, comma 2, lettera b), del codice di procedura penale il giudice, su richiesta di parte, dispone che sia acquisito al fascicolo del pubblico ministero il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione di cui all’articolo 16-quater limitatamente alle parti di esso che concernono la responsabilità degli imputati nel procedimento. 

    2. Nell’ipotesi di cui al comma 1 il giudice, a richiesta di parte, dispone altresì l’acquisizione di copia per estratto del registro tenuto dal direttore del carcere in cui sono annotati il nominativo del detenuto o internato, il nominativo di chi ha svolto il colloquio a fini investigativi, la data e l’ora di inizio e di fine dello stesso, nonché di copia per estratto del registro di cui al comma 3 dell’articolo 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, per la parte relativa ai colloqui a fini investigativi intervenuti con il collaboratore. 

    Art. 16-septies. - (Restituzione nel termine e revisione delle sentenze) –1. Il procuratore generale presso la corte d’appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunciata deve richiedere la revisione della sentenza quando le circostanze attenuanti che il codice penale o le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione relativa ai delitti di cui all’articolo 9, comma 2, sono state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti, ovvero quando chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti predette commette, entro dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza, un delitto per il quale l’arresto in flagranza è obbligatorio.Identico. 

    2. La revisione è ammessa quando ricorrono i presupposti di cui al comma 1 e se il delitto ivi previsto è indicativo della permanenza del soggetto nel circuito criminale. 

    3. Quando chi ha beneficiato delle circostanze attenuanti di cui al comma 1 ha ottenuto anche taluno dei benefici penitenziari previsti dall’articolo 16-nonies, il procuratore generale che richiede la revisione della sentenza informa della richiesta il tribunale di sorveglianza ed il magistrato di sorveglianza competenti ai fini dei provvedimenti previsti dal comma 7 del medesimo articolo 16-nonies. 

    4. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. 

    5. Nel corso del giudizio di revisione il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può disporre l’applicazione delle misure cautelari previste dalla legge. 

    6. Quando le situazioni indicate nel comma 1 emergono prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, gli atti da cui risultano le predette situazioni sono trasmessi al pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato la sentenza ovvero, se gli atti del procedimento sono già stati trasmessi al giudice dell’impugnazione, al pubblico ministero presso il giudice che deve decidere sull’impugnazione. Se si tratta di sentenza pronunciata in grado di appello, gli atti sono in ogni caso trasmessi al pubblico ministero presso la corte d’appello che ha pronunciato la sentenza. Il pubblico ministero, entro trenta giorni dal ricevimento degli atti, può chiedere, a norma dell’articolo 175 del codice di procedura penale, la restituzione nel termine per proporre impugnazione limitatamente al punto della decisione relativo alla applicazione delle circostanze attenuanti indicate nel comma 1. 

    7. Le pene previste per il reato di calunnia sono aumentate da un terzo alla metà quando risulta che il colpevole ha commesso il fatto allo scopo di usufruire delle circostanze attenuanti di cui al comma 1 o dei benefici penitenziari o delle misure di tutela o speciali di protezione previsti dall’articolo 16-nonies e dal Capo II. L’aumento è dalla metà ai due terzi se uno dei benefici è stato conseguito. 

    Art. 16-octies. - (Revoca o sostituzione della custodia cautelare per effetto della collaborazione) – 1. La misura della custodia cautelare non può essere revocata o sostituita con altra misura meno grave per il solo fatto che la persona nei cui confronti è stata disposta tiene o ha tenuto taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali. In tali casi, alla revoca o alla sostituzione può procedersi solo se, nell’ambito degli accertamenti condotti in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice che procede, sentiti il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali presso le corti di appello interessati, non ha acquisito elementi dai quali si desuma l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico-eversivo e ha accertato che il collaboratore, ove soggetto a speciali misure di protezione, ha rispettato gli impegni assunti a norma dell’articolo 12. 

    Art. 16-nonies. - (Benefici penitenziari) – 1. Nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall’articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell’articolo 11 del presente decreto o il procuratore nazionale antimafia. 

    2. Nella proposta o nel parere i procuratori generali o il procuratore nazionale antimafia forniscono ogni utile informazione sulle caratteristiche della collaborazione prestata. Su richiesta del tribunale o del magistrato di sorveglianza, allegano alla proposta o al parere copia del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e, se si tratta di persona sottoposta a speciali misure di protezione, il relativo provvedimento di applicazione. 

    3. La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre la valutazione della condotta e della pericolosità sociale del condannato e precisano in specie se questi si è mai rifiutato di sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi rilevanti ai fini dell’accertamento del ravvedimento anche con riferimento alla attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva. 

    4. Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’articolo 176 del codice penale e agli articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Il provvedimento è specificamente motivato nei casi in cui le autorità indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso parere sfavorevole. I provvedimenti che derogano ai limiti di pena possono essere adottati soltanto se, entro il termine prescritto dall’articolo 16-quater è stato redatto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater e, salvo che non si tratti di permesso premio, soltanto dopo la espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno dieci anni di pena. 

    5. Se la collaborazione prestata dopo la condanna riguarda fatti diversi da quelli per i quali è intervenuta la condanna stessa, i benefici di cui al comma 1 possono essere concessi in deroga alle disposizioni vigenti solo dopo l’emissione della sentenza di primo grado concernente i fatti oggetto della collaborazione che ne confermi i requisiti di cui all’articolo 9, comma 3. 

    6. Le modalità di attuazione dei provvedimenti indicati nel comma 4 sono stabilite sentiti gli organi che provvedono alla tutela o alla protezione dei soggetti interessati e possono essere tali organi a provvedere alle notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle disposizioni del tribunale o del magistrato di sorveglianza. 

    7. La modifica o la revoca dei provvedimenti è disposta d’ufficio ovvero su proposta o parere delle autorità indicate nel comma 2. Nei casi di urgenza, il magistrato di sorveglianza può disporre con decreto motivato la sospensione cautelativa dei provvedimenti. La sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di provvedimento di competenza del tribunale di sorveglianza, questo non interviene entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti. Ai fini della modifica, della revoca o della sospensione cautelativa dei provvedimenti assumono specifico rilievo quelle condotte tenute dal soggetto interessato che, a norma degli articoli 13-quater e 16-septies, possono comportare la modifica o la revoca delle speciali misure di protezione ovvero la revisione delle sentenze che hanno concesso taluna delle attenuanti in materia di collaborazione. 

     8. Quando i provvedimenti di liberazione condizionale, di assegnazione al lavoro all’esterno, di concessione dei permessi premio e di ammissione a taluna delle misure alternative alla detenzione previste dal Titolo I, Capo VI, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono adottati nei confronti di persona sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui la persona medesima ha eletto il domicilio a norma dell’articolo 12, comma 3-bis, del presente decreto». 

Capo IV 

MODIFICA ALLE DISPOSIZIONI DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE IN MATERIA DI INCOMPATIBILITÀ DEL DIFENSORE 

Art. 15. 

    1. Il comma 4 dell’articolo 105 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente: 

    «4. L’autorità giudiziaria riferisce al consiglio dell’ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio o, nell’ambito del procedimento, i casi di violazione da parte del difensore dei doveri di lealtà e probità nonchè del divieto di cui all’articolo 106, comma 4-bis». 

Art. 16. 

    1. All’articolo 106 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) al comma 1 sono premesse le parole: «Salva la disposizione del comma 4-bis»; 

        b) il comma 4 è sostituito dal seguente: 

    «4. Se l’incompatibilità è rilevata nel corso delle indagini preliminari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero o di taluna delle parti private e sentite le parti interessate, provvede a norma del comma 3.»; 

        c) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: 

    «4-bis. Non può essere assunta da uno stesso difensore la difesa di più imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso ai sensi dell’articolo 12 o collegato ai sensi dell’articolo 371, comma 2, lettera b). Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi 2, 3 e 4». 

Capo V 

DISPOSIZIONI FINALI, TRANSITORIE 
E DI COORDINAMENTO 

Art. 17. 

    1. Prima dell’articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è inserita la seguente rubrica: «Capo II-quater. – DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE». 

Art. 18. 

    1. All’articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) è inserita la rubrica: «Oneri finanziari»; 

        b) nei commi 1 e 4, le parole: «del presente capo» e: «al presente Capo» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «dei Capi II e II-bis» e «ai Capi II e II-bis». 

Art. 19. 

    1. Dopo l’articolo 17 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è inserito il seguente: 

    «Art. 17-bis. - (Previsione di norme di attuazione) – 1. Con uno o più decreti del Ministro dell’interno, emanati di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica e la commissione centrale di cui all’articolo 10, comma 2, sono precisati i contenuti e le modalità di attuazione delle speciali misure di protezione definite e applicate anche in via provvisoria dalla commissione centrale nonchè i criteri che la medesima applica nelle fasi di istruttoria, formulazione e attuazione delle misure predette. 

    2. Con decreto del Ministro della giustizia, emanato di concerto con il Ministro dell’interno, sono stabiliti i presupposti e le modalità di applicazione delle norme sul trattamento penitenziario, previste dal Titolo I della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e dal Titolo I del relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, e successive modificazioni, alle persone ammesse alle misure speciali di protezione e a quelle che risultano tenere o aver tenuto condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali relativamente ai delitti di cui all’articolo 9, comma 2. 

    3. Con decreti del Ministro dell’interno, emanati di concerto con i Ministri delle finanze, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della giustizia e della difesa, sono adottate le norme regolamentari per disciplinare le modalità per il versamento e il trasferimento del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui all’impegno assunto dal collaboratore a norma dell’articolo 12, comma 2, lettera e), del presente decreto, nonché le norme regolamentari per disciplinare, secondo le previsioni dell’articolo 12-sexies, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, le modalità di destinazione del denaro, nonchè di vendita e destinazione dei beni e delle altre utilità. 

    4. I decreti previsti dai commi 1, 2 e 3, nonché quello previsto dall’articolo 13, comma 8, sono emanati ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400. 

    5. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi dei regolamenti di cui ai commi 1, 2 e 3 entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento può comunque essere adottato». 

    2. Fino alla emanazione dei decreti previsti dall’articolo 17-bis, comma 1, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dal comma 1 del presente articolo, continuano a osservarsi, in quanto applicabili, le disposizioni dei decreti già emanati a norma dell’articolo 10 del medesimo decreto-legge n. 8 del 1991, nel testo previgente alla data di entrata in vigore della presente legge, per stabilire le misure di protezione e di assistenza a favore delle persone ammesse allo speciale programma di protezione nonchè i criteri di formulazione e le modalità di attuazione del programma medesimo. 

Art. 20. 

    1. Negli articoli da 1 a 4 e da 6 a 8, nonchè nell’articolo 18 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono inserite, rispettivamente, le seguenti rubriche: 

        a) articolo 1: «Sequestro dei beni utilizzabili per far conseguire il prezzo del riscatto»; 

        b) articolo 2: «Nullità dei contratti di assicurazione»; 

        c) articolo 3: «Omessa denuncia»; 

        d) articolo 4: «Comunicazioni al Governatore della Banca d’Italia»; 

        e) articolo 6: «Attenuante speciale in caso di collaborazione»; 

        f) articolo 7: «Disposizioni processuali»; 

        g) articolo 8: «Nuclei di polizia interforze»; 

        h) articolo 18: «Entrata in vigore». 

Art. 21. 

    1. Nell’articolo 58-ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, le parole: «Le disposizioni del comma» sono sostituite dalle seguenti: «I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma». 

Art. 22. 

    1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) nel comma 2 dell’articolo 13, dopo la parola: «regolano» sono aggiunte le seguenti: «, nonchè ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni»; 

        b) nel comma 1 dell’articolo 24, dopo le parole: «n. 801,» sono inserite le seguenti: «per quelli relativi ai procedimenti previsti dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni.». 

Art. 23. 

    1. I commi da 3 a 6 dell’articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sono abrogati. 

Art. 24. 

    1. All’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: 

        a) nel comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni indicate nel periodo precedente si applicano anche in caso di condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale.»; 

        b) dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti: 

    «4-bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno. 

    4-ter. Con separati decreti, il Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati, stabilisce anche la quota dei beni sequestrati e confiscati a norma del presente decreto da destinarsi per l’attuazione delle speciali misure di protezione previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, e per le elargizioni previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Nei decreti il Ministro stabilisce anche che, a favore delle vittime, possa essere costituito un Fondo di solidarietà per le ipotesi in cui la persona offesa non abbia potuto ottenere in tutto o in parte le restituzioni o il risarcimento dei danni conseguenti al reato. 

    4-quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 4-ter entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il regolamento può comunque essere adottato». 

Art. 25. 

    1. Le disposizioni di cui ai Capi II, II-bis e II-ter, fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 16-quinquies, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, si applicano anche alle persone che hanno già manifestato la volontà di collaborare prima della data di entrata in vigore della presente legge. 

    2. Nei confronti delle persone di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si procede alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione ai sensi dell’articolo 16-quater del citato decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, introdotto dall’articolo 14 della presente legge. 

     3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche se le condotte di collaborazione sono state tenute relativamente a delitti diversi da quelli commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale ovvero previsti dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, ma rientranti fra quelli indicati nell’articolo 380 del medesimo codice.