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Il manoscritto: l'organizzazione del racconto

L'organizzazione del racconto
Un'idea almeno bisogna averla chiara in testa, come una tesi da dimostrare. Giacché molti autori famosi dicono che loro stessi non sanno come andranno a finire le storie che cominciano a raccontare. Però sarebbe assurdo scrivere parole vuote, o periodi senza alcun concatenamento con il fine che ci prefiggiamo. Una volta che si comincia, si andrà spediti se abbiamo chiara in mente la nostra linea guida. E non ci si scoraggi dopo poche pagine giacché l'ispirazione viene raccontando, un po' come l'appetto che arriva mangiando. Sempre che si abbia del talento. Ma se esso non c'è, non bisogna nemmeno vergognarsene, come non si deve vergognare chi è muto o sordo. Del resto nessuno si sognerebbe di voler far cantare per forza a chi non ha il dono della parola.
La storia che si vuole raccontare, ci riferiamo al romanzo, deve iniziare con la descrizione di un momento da cui partire, o da un ambiente in cui vivono i personaggi, o da un fatto che determina tutto il resto del racconto. L'organizzazione delle concatenazioni deve essere pensata tante volte prima di scrivere. Nel senso che gli autori digeriscono prima di tutto quanto da loro immaginato. Non nei particolari, quelli vengono dopo, ma nell'insieme, nel filo conduttore. Che non ci siano contraddizioni. Per lo stile si dirà a parte che anche quello è importantissimo per chi scrive e per chi legge.
Che succede una volta partiti? Che anche dopo aver stilato uno solo dei circa venti o più capitoli del libro potrebbe venirci in mente che non abbiamo tanto da dire. Succede qualche volta. Ma non si disperi che, se si continua allegramente, vorrà significare che ci sono idee e si hanno cose da raccontare. Diversamente, se ogni tanto si corregge, se si torna indietro, se si modificano personaggi che noi stessi riconosciamo, significa pure che la storia non è ancora matura. Ci sarà tempo per lasciarla lievitare da sola, senza bisogno di scrivere nulla. I pensieri di chi ha voglia e talento per scrivere crescono da soli dentro la mente. Vengono fuori quando sono troppo compressi e c'è pericolo che si dimentichino.
Il cuore della storia deve essere articolato con fatti, descrizioni, personaggi, situazioni differenti. Senza indugiare troppo su ciò che non abbia un significato nell'economia del racconto, ma anche con la dovuta dovizia di particolari che potrebbero essere importanti per capire il tutto.
Poi il finale, che sia il più possibile inimmaginabile, non che deve contenere astrusità, quanto diverso da come il lettore possa aspettarsi. Insomma non banale. Solo allora ci sarà la festa dell'immaginazione e la soddisfazione dell'autore.
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