Bisogna intendere per presunzione due aspetti differenti che possono essere presenti nella scrittura. Il primo di essi riguarda il ritenere che l'autore sappia tutto di ciò che si scrive, sia la genesi degli eventi che le storie che possono portare a una reazione. Quasi che la cultura dello scrittore fosse la medesima di chi, invece, legge. Sappiamo che non è così.
Il secondo concerne lo stesso modo di porsi dell'autore, quasi che egli avesse, invece, la verità in tasca, come si suol dire. E anche questo è falso, a meno che non ci si ritenga talmente stupidi di credersi un dio.
Dunque due errori da evitare.
Rispetto al primo potrebbe essere sufficiente rielaborare qualche parte del racconto in maniera che esso sia più palese e sciolto, senza punti con deduzioni non condivisibili. Ciò si può ottenere, direttamente da parte dell'autore, con una o due riletture del manoscritto. Oppure con l'intervento di amici che sappiano interpretare le zone d'ombra al riguardo. In genere non occorre che ci sia l'opera di correzione da parte di un professionista.
Diverso è il caso della presunzione insita nel carattere dello stesso scrittore e, quindi, trasportata come bagaglio delle proprie convinzioni direttamente nel testo. Qui siamo di fronte a un errore più difficile da eliminare perché spesso occorre riscrivere intere parti, specie se vi è un ragionamento basato su false considerazioni di partenza. Cioè mediante lo scambio di personali opinioni con la verità riconosciuta da tutti.
Per eliminare questi fastidiosi atteggiamenti mentali, rovinosi per il lettore, ammesso che una casa editrice non se ne accorga prima della pubblicazione del libro, occorre un editing strutturale, che rivisiti periodi e pagine, che proponga modi differenti di raccontare e inviti l'autore ad accettare le nuove proposte. Non è facile, difatti, che egli si avveda dei suoi modi poco adatti a chi deve comunicare, invece, con serenità, pace, umiltà.
Nessuno si fiderebbe di chi parli con frasi di cui soltanto lui ne abbia la logica. E non per periodo oscuro, di cui si tratta altrove, quanto per ciò che normalmente si chiama, appunto, presunzione.
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