Archeologia
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I semi fossili dei Sanniti
 

Come far germogliare i reperti di piante antiche

I semi fossili ritrovati negli scavi arheologici

Abbiamo la fortuna di avere i reperti fossili di legumi e farro dell'antica Pentria. Difatti, oltre che negli scavi portati avanti dall'università di Roma a Oratino, nei pressi di Campobasso, sono stati ritrovati prodotti agricoli anche a monte Vairano, non molto distante, da parte del professor Gianfranco De Benedittis dell'università del Molise. Il farro, in particolare, dentro un fabbricato che doveva servire come scorta per l'alimentazione dei soldati o, forse, per di tutta la popolazione, se è vero quanto si dice, a proposito delle condizioni scociali dell'epoca, in questa nostra poagina.
Chi ama la ricerca non può tirarsi indietro dallo sperimentare la possibilità di far germogliare i ceci, le fave o le cicerchie, o qualcosa di simile, che i Sanniti mangiavano ben oltre due millenni fa. Sarebbe battuto di nuovo il record della palma di cui si parla di seguito. Ma il motivo principale è anche un altro: coltivare ciò che anche i nostri antichi progenitori mangiavano, altro che agricoltura trangenica! E come non essere d'accordo se quell'antico popolo è vissuto secoli, se non millenni, sui monti degli Appennini centro-meridionali? E' pure vero che ci allargò nella Campania e fino al mare, in cerca di territori maggiormente coltivabili e più fertili, ma questo non elimina il fatto che per intere civiltà abitarono sulle vette, come dimostrano le mura megalitiche rimasteci. Anche per questo la storia del Sannio è da riscrivere. E soltanto inserendo dei tassello certi si può farlo.
Ne parleremo ancora su queste stesse nostre pagine.

La ricerca finora nel mondo

Ecco alcuni esempi di semi germogliati di secoli addietro. Dall'agenzia Ansa arriva la prima notizia nel 2005:

"TEL AVIV - Dopo duemila di anni di letargo il seme di una palma da dattero molto diffusa in Palestina all' epoca dei romani, poi estintasi, è tornato a germogliare in un laboratorio del Neghev dopo essere stato stimolato da scienziati israeliani.
La rara piantina - chiamata affettuosamente 'Matusalemme', in omaggio al personaggio biblico vissuto mille anni - ha raggiunto l'altezza di 30 centimetri. Ancora non è noto se darà mai frutti, né se resisterà all'impatto con l'ambiente biologico del XXI secolo.
Ma l'interesse internazionale è stato immediato: anche perché le sue foglie potrebbero racchiudere doti terapeutiche, ben note del resto agli scienziati di quel tempo. I datteri e le foglie della palma della Giudea erano utilizzati per curare infezioni, per combattere la malaria e tumori, per accrescere la longevità, per rendere più levigata la pelle, e anche come afrodisiaco. Una prima foglia della piantina è già stata inviata in un laboratorio, per approfonditi esami del Dna.
FORTEZZA MASSADA, 73 D.C. - La vicenda del seme è legata al celebre assedio della fortezza di re Erode a Massada (a strapiombo sul mar Morto) da parte dei legionari di Flavio Silva, nel 73 d.C. Entro le mura si erano rifugiati centinaia di ribelli ebrei (Sicarii), guidati da un religioso di nome Eleazar. Preferendo la morte alla schiavitù, compirono infine un suicidio di massa.
Testimone di quegli eventi, lo storico di origine ebraica Giuseppe Flavio nota che nella fortezza c'erano magazzini colmi di quantità di grano ''sufficienti ad anni di assedio'', nonché ampi serbatoi di acqua fresca, di vino, e di olio. Grazie al clima asciutto del deserto ''il livello di preservazione di questi prodotti è perfetto'', nota sbalordito nel libro 'Le guerre degli ebrei'. Nel lato settentrionale della fortezza - spiega lo storico - c'erano una dozzina di lunghi magazzini. Là si trovavano, fra le altre provviste, grandi quantità di datteri.
SEMI IN LABORATORIO - Per 30 anni - spiega il quotidiano Yediot Ahronot - alcuni noccioli di datteri, assieme con semi diversi recuperati da archeologi fra i resti di Massada, hanno giaciuto nell' università Bar Ilan (Tel Aviv), assieme con gli altri reperti archeologici dell'epoca. Nessuno aveva pensato che potessero essere di interesse particolare.
A guardarli con nuovo interesse è stata la ricercatrice Sarah Sallon, una studiosa di medicina naturale interessata alla composizione di antichi medicinali in Medio Oriente e in Estremo Oriente. ''Le medicine del passato - ha detto alla stampa - potrebbero rivelarsi le medicine del futuro''.
In questo spirito ha esaminato il Dna dei semi di Massada. Poi ha compiuto un esperimento che sembrava una 'missione impossibile': risvegliare quei semi, vecchi di 1940-2040 anni.
Nel villaggio agricolo di Ketora (Neghev orientale) sono state create in laboratorio le condizioni necessarie e a gennaio l'operazione è iniziata. Dei semi sottoposti al test, solo uno ha germogliato. Abbastanza per scatenare l'entusiasmo degli scienziati che sperano si tratti di una pianta femminile, in grado cioè di produrre frutti. Nel migliore dei casi, avvertono gli scienziati, i primi datteri della Giudea - già degustati dai legionari romani - potranno essere assaporati fra 30 anni.
14/06/2005 17:28
"

Quest'altra notizia è prelevata dal sito daily.wired.it e parla di qualcosa ancora più straordinario. Il record della palma da datteri di cui sopra è stato superato di gran lunga. La notizia apparve nel febbraio 2012:

"I semi di Silene stenophylla rinvenuti nel sottosuolo della tundra siberiana hanno infatti conservato intatto il dna racchiuso al loro interno: una finestra spalancata sulla storia evolutiva delle specie vegetali. E pensare che il record di antichità era detenuto da una palma di soli duemila anni. Una bella soddisfazione per il gruppo di ricercatori coordinati dal geoecologo David Gilichinsky, che ha pubblicato uno studio sulle pagine di Pnas.
Come racconta il New York Times, è un fatto abbastanza comune che gli scienziati si imbattano in semi antichi e siano presi dal desiderio di farli germinare. La curiosità di vedere come si sviluppa una pianta dal codice genetico vecchio di decine di migliaia di anni trasmette sempre una certa emozione.
È un po' come trovare un vecchio film abbandonato negli scaffali di un archivio e guardarlo per la prima volta dopo tanto tempo. Con l'unica differenza di poter conoscere l'età precisa dei semi attraverso una etichetta particolare, quella fornita dalla datazione con i radioisotopi del carbonio. Sono vecchi di 32mila anni, millennio più, millennio meno. Insomma, coetanei dei mammut e rinoceronti lanosi che popolavano la regione siberiana durante l'ultima glaciazione."

Dunque è possibile provare a rigenerare le piante dei Sanniti.  Con l'aiuto di qualche istituto di ricerca o della stessa università bisogna tentare l'esperimento, in fondo anche a Pompei sono stati fatti germogliare le viti dell'antica Roma e i vitigni producono ogni anno uva e vino di qualità. All'interno degli stessi scavi archeologici. Sono disposti in filari accanto all'arena, e pare, a guardarli, muti e rigogliosi, di rivivere il tempo di quell'antica epoca.
Un'operazione non soltanto poetica, quanto culturale e scientifica, per determinare anche la qualità alimentare, il gusto, se possibile, le caratteristiche tutte dei legumi e del farro di queste aspre montagne della Pentria.
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