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Scrivere: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda


I dialetti
Il romanzo è scritto per una buona parte in dialetto romanesco. Si può dire, rifacendoci a una persistente frase del libro, che esso sia più in vernacolo che in italiano. E l'autore gioca con le parole, le assonanze e le metatesi. Cambia le iniziali dialettali, le elimina del tutto, spesso, le raddoppia anche dove non appare lecito, le inventa contagiando tutte tali operazioni anche nell'italiano, facendolo diventare un altro tipo di dialetto: quello che parla la gente e che si modifica nel tempo. Gli dona le stesse caratteristiche della lingua parlata, quasi priva di regole, oppure libera da esse per trasformarsi in una maniera schietta e più precisa dei pensieri da esprimere. Il dialetto, aldilà delle imprecisioni di cui si dirà oltre, specie per il caso del molisano, diventa il protagonista di questo libro, come se non fosse più importante lo svolgimento delle azioni ma esse stesse motivo di espressione di altro. Come il progetto di una costruzione per un architetto può essere unicamente espediente per creare un'opera d'arte che ponga in secondo piano la funzione. Gadda, in questa operazione, è un maestro grandioso e unico. Per lui, dunque, il dialetto è superiore, una lingua degna di rispetto e pregna di senso ben più che le parole del linguaggio codificato e scritto. Il dialetto stesso diventa lingua scritta.
Per il molisano del dottor Ingravallo, commissario della squadra mobile, funzionario della sezione investigativa, c'è da fare qualche precisazione. E' verosimile che l'autore abbia frequentato, a Roma, persone provenienti dal Molise, probabilmente lui stesso è stato in questa regione, difatti cita Vinchiaturo, un piccolo comune in provincia di Campobasso. Tuttavia espressioni tipiche del dialetto napoletano, quali sono quelle del commissario Fumi, sono usate quasi identiche anche per Ingravallo. Per esempio "chillo"  da noi, (sono per caso molisano anche io), non sono tipiche: diciamo "quille" con la finale muta. Chille è il plurale che corrisponde all'italiano quelli. Inoltre "capa" è una parola di Napoli, quasi inesistente nel Molise dove si adopera, invece, "coccia" per l'italiano testa.
Fumi e Ingravallo, invece, sembrano provenire dalla stessa ipotetica zona, mentre il secondo è detto chiaramente come sia originario del Matese. Ma l'accomunare il molisano al napoletano è ricorrente anche negli studiosi del linguaggio, dimenticando che le contaminazioni sono molteplici, mutevoli e complesse, dovute non solamente alle condizioni di un periodo storico (per esempio il Regno delle due Sicilie). Il Molise ebbe, prima ancora, i Sanniti e l'osco da cui derivano molti vocaboli e anche una maniera di pronunciare alcune lettere del nostro alfabeto. Non  è nemmeno un caso che gli abruzzesi e i molisano si capiscono facilmente quando parlano, fra loro, nei rispettivi dialetti, molto meno se comunicano napoletani e molisani.
E' probabile che il Gadda sapesse benissimo che i termini usati nel suo testo non fossero del tutto precisi e nemmeno se ne doleva, considerando che non volle mai far rivedere le espressioni a chi fosse più romano di lui. Il libro, scritto a Firenze da un milanese di nascita, era pertanto il ricordo gradevole di un modo di comunicare allegro e, evidentemente, anche ironico e umoristico. Lo stesso spirito dell'autore che rivisse così gli anni, pure brevi della sua vita, trascorsi a Roma. E' vero che ci tornò in seguito e che la versione del romanzo è del 1957 dopo che lo stesso scritto era apparso a puntate nel 1946-47 su "Letteratura", però ormai l'impostazione era stata data, l'anima e la forma del linguaggio erano quelli di un tempo, seppure revisionati.
Si dice che Gadda avesse in mente un altro romanzo con una mistura di dialetti d'Italia, ancora più carico di tali tipi di espressività che non questo. Possiamo soltanto immaginare che cosa potesse venirne fuori, anche se, a osservare gli ultimi tre capitoli di Quer pasticciaccio si può dedurre come l'autore avesse modificato la sua carica energetica, diventata meno comica e più riflessiva. Certamente per l'età che cambia le persone e il modo di guardare e interpretare il mondo che ci circonda.
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