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Figure retoriche: l'ossimoro

Ossimoro
Il termine, formato da due parole, deriva dal greco antico e significa, letteralmente, acuto ottuso.
Dal solito vocabolario della lingua italiana, lo Zingarelli, abbiamo prelevato questa definizione della figura retorica:

"Procedimento retorico che consiste nel riunire due termini contraddittori."

I suddetti termini sono in totale antitesi tra loro per dare effetto all'espressione, come si può constatare dall'esempio che segue:

"Ernestina era alla finestra e guardava la piazza piena di gente che si era raccolta per la manifestazione. C'era un gradevole rumore che saliva fino a lei."

Il rumore è, per sua caratteristica, non gradevole. Qui troviamo anche l'ironia e, quindi, due figure retoriche in una.
In quest'altra frase c'è un modo ormai entrato nel dire comune:

"Vivere con Daniela era diventato uno zucchero amaro che ogni giorno serviva a ripetere ciò che era accaduto il giorno prima."

La contraddizione serve, in questo caso, a dimostrare come ci sia amore e odio, non diversamente dalle parole di Catullo odi et amo.
L'ossimoro è utilizzato indistintamente sia nella poesia che nella narrativa. Poco opportuno nella saggistica se non quando si vogliano esprimere giudizi particolari.
In un romanzo, come con altre forme retoriche, anche con questa l’autore sceglie di far partecipare il lettore all’interpretazione di un determinato momento del racconto.
Qualora desiderassi verificare che cosa sono le figure retoriche e come si possano utilizzare nella narrativa, in un esempio di romanzo che ti aiuti nella stesura del tuo, vai a questa pagina. Se, invece, già hai un manoscritto e ti occorre un'operazione di correzione o di editing, o qualunque altro tipo di consiglio per pubblicarlo, visita questi nostri servizi.

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