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Figure retoriche: l'apostrofe

Apostrofe
Il termine, dal greco antico, significa letteralmente volgere indietro.
Ecco la definizione che leggiamo sul vocabolario della lingua italiana:

"Figura retorica che consiste nel rivolgere improvvisamente e vivamente il discorso a persona anche non presente."

Ossia un modo per esprimere un'invocazione ad effetto, una preghiera, un'esclamazione, per manifestare dolore o indignazione o simili sentimenti. Utilizzata nell'antica Roma nei discorsi dell'oratore per essere maggiormente incisivo nel corso della causa, anche rivolgendosi a un uditore non reale.

"Mia dolce terra natale, se tu potessi ascoltare queste mie parole e leggere questi miei pensieri! Che soluzione prenderesti al mio posto?"

E' chiaro come sia una figura retorica adatta a chi deve convincere o cercare di essere convincente. Perciò direttamente derivata dall'arte oratoria romana. Poco usata nella narrativa odierna, se non in poesie che sono, notoriamente, molto più adatte a invocazioni di tal genere.
Per questa ragione si consiglia di non adoperarla nella narrativa, se non si vuole apparire incapaci di esprimersi senza chiamare, appunto, in causa chi non c'è o non esiste.
Qualora desiderassi verificare che cosa sono le figure retoriche e come si possano utilizzare nella narrativa, in un esempio di romanzo che ti aiuti nella stesura del tuo, vai a questa pagina. Se, invece, già hai un manoscritto e ti occorre un'operazione di correzione o di editing, o qualunque altro tipo di consiglio per pubblicarlo, visita questi nostri servizi.

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