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Figure retoriche: l'aferesi

Aferesi
Il termine deriva dal greco antico e significa letteralmente sottrazione.
Si tratta della caduta di un suono o di un gruppo di suoni all'inizio della parola. Ossia come essa si è formata nel tempo derivando da una lingua del passato. Ma l'aferesi può anche essere considerata una vera e propria figura retorica che abbia l'obiettivo di rendere diverso, più rapido nella lettura e più espressivo nella forma, un determinato termine.
L'uso dell'aferesi, pertanto, è frequente nella poesia, meno nella narrativa dove si preferisce sempre un linguaggio che non abbia di questi accorgimenti per aumentare l'interesse fonetico o musicale della frase.
Ecco un esempio di aferesi:

"Molti erano i verni che passavano nel silenzio dei monti, tra i fruscii dei boschi e i venti dei prati."

In questo caso, seppure il testo sia in prosa, è evidente l'intento lirico dello scrittore e perciò l'aferesi può essere tollerata, dove verni sta per inverni.
Diversamente avrebbe un risultato opposto e il racconto procederebbe come se fosse scritto in altre epoche o per altri scopi che non la pura narrazione dei fatti.
Per altri versi si è ottenuta, ed è un'aferesi, anche la parola stamattina al posto di questa nattina, oppure i termini dialettali dove si perde l'iniziale, per esempio di alcune parole come  'ndò, per indicare dove oppure Antonio, oppure 'sto per questo.
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