Archeologia
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Il georadar, Ground Penetrating Radar (GPR)
 
Gli strumenti d'indagine

Come visualizzare che cosa esiste nel sottosuolo
Esistono vari metodi di ricerca non invasiva, ossai che tendono a non modificare la situazione esistente, per conoscere che cosa riservi il sottosuolo. Ciò vale per trovare eventuali tracciati di linee elettriche, di reti fognanti e idriche o del gas, ma anche per i reperti archeologici. E per tali evenienze esiste il georadar che, proprio perché consente in pochi passaggi in superficie di visualizzare una sezione del terreno in profondità, si è dimostrato uno strumento molto utile.
Esso è composto da una fonte di emissione di onde elettromagnetiche che si propagano nel materiale di cui è fatto il sottosuolo, un'antenna che invia impulsi. Tutto ciò è poggiato su un carrello con quattro ruote con le quali sia facile spostarsi lungo il percorso prestabilito. I migliori hanno un supporto per la guida, tipo passeggino per i bimbi, con il quale è possibile spingere l'attrezzatura. In cima ad esso è posizionato un monitor in grado di far controllare i segnali che il georadar capta nel suo cammino.  In altri casi è formato da un imbrago trasportante, senza carrello e ruote. Si tratta, comunque, di uno strumento che usa l'energia elettrica, occorre dunque una batteria, ma le operazioni che svolge sono interessantissime per l'archeologo o per chi abbia a cuore una ricerca di tipo archeologico.
I dati ottenuti devono essere elaborati da appositi software per ottenere, anche graficamente, una sezione di ciò che è stato indagato.
Uno strumentro del genere può costare, secondo le caratteristiche, da qualche migliaio di euro in su. In molti casi si può affittare: alcuni siti, nella rete, chiedono 500 euro per un mese, che è un tempo abbastanza sufficiente per fare prospezioni in un'area archeologica anche vasta.

Il funzionamento del georadar 
L'antenna a contatto con il suolo durante lo spostamento dello strumento emette segnali elettromagnetici ad alta frequenza, dell'ordine anche di 1000 Mhz. Si chiamano onde cortissime o ultracorte. E' noto che all'aumentare della frequenza, diminuisce la lunghezza d'onda. Tali segnali sono capaci di penetrare ostacoli fatti di vario materiale. Tutti riflettono una parte di queste onde ed esse, ricevute da un'altra antenna apposita dello stesso georadar, vengono archiviate come dati digitali da essere letti successivamente in laboratorio con l'ausilio di un computer. A quel punto, è possibile stabilire la profondità di tutto ciò che le onde abbiano incontrato nel loro viaggio di penetrazione nel terreno. Il funzionamento è simile a ciò che avviene nella propagazione delle onde sonore, per esempio, nell'aria. A ogni ostacolo incontrato, tornano indietro formando il noto fenomeno dell'eco da cui, misurando il tempo, si può conoscere la distanza.
Dunque si ottiene, con il georadar, una descrizione utilissima per poter iniziare gli scavi archeologici. Difatti solamente sapendo che cosa possa esistere nascosto sotto terra ci si può affidare a una ricerca che coinvolga la Soprintendenza, un istituto di ricerca come l'Università e una squadra di volontari di cui si è parlato altrove. Occorre soltanto una relazione tecnica e scientifica che sia la giustificazione per la concessione e cominciare a scavare per ritrovare il nostro passato.

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