Archeologia
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La datazione con la tecnica delle termoluminescenza (TL)
 

La termoluminescenza in archeologia

Che cos'è

Oltre al metodo con radiocarbonio, peraltro riservato ai materiali organici, ossia composti del carbonio, (come il legno, le ossa, i tessuti), esiste un altro metodo per datare i reperti provenienti da scavi archeologici: la termoluminescenza.
Si basa sul fatto che i cristalli del materiale, quindi minerali, (per esempio le ceramiche, le argille cotte, i laterizi), assorbono radiazioni nel tempo e queste radiazioni possono essere misurate dal momento in cui esse sono state azzerate con la cottura a circa cinquecento gradi. Perciò tutte le terrecotte, ma anche selci che abbiano subito un riscaldamento, possono essere datate con un'approssimazione del 10% sulla precisa età, in un ambito temporale che va da 300 a 10'000 anni.
In pratica le radiazioni, attraversando certi materiali, provocano l'intrappolamento degli elettroni che poi si possono misurare per stabilire la dose di radiazione assorbita. E così risalire all'età. La tecnica, naturalmente utilizzata in laboratorio dove il reperto deve essere esaminato, consiste nel riscaldamento dei cristalli presenti nella massa. A tal punto si misura la luce emessa dagli elettroni intrappolati che, a causa del riscaldamento, vengono liberati. Questo significa che una volta misurata la termoluminescanza non sarà possibile ripetere l'esperimento sullo stesso campione dove la radiazione, ormai si è azzerata.
La radiazione assorbita dal reperto è originata sia dalle minuscole parti di materiale radioattivo presente in esso che dal terreno circostante. Come pure dai raggi cosmici. A tal proposito deve esserci una sufficiente conoscenza della località di provenienza del reperto per evitare distorsioni nella datazione. Il fondo radioattivo ambientale e le condizioni climatiche della giacitura del campione da analizzare, difatti, vanno tenute nella giusta considerazione durante le misurazioni in laboratorio.

I laboratori in Italia e i costi

Da ricerche sulla rete si nota come in Italia esistano pochi laboratori che facciano questo tipo di misurazione su campioni di materiali. Uno di tali laboratori, al quale ci siamo rivolti, prevede un minimo di cinque reperti da esaminare con un costo che è di circa 200 euro per campione. Quindi chiedono almeno mille euro. I costi, dunque, sono dello stesso ordine di grandezza dell'esame al radiocarbonio per il quale si chiede, in altri laboratori, una somma di circa cinquecento euro per ogni analisi.
Tuttavia si presume che tali costi debbano scendere e ciò non è solamente auspicabile, quanto necessario per datare, con una certa precisione scientifica, tutto ciò che si porta alla luce dagli scavi archeologici. Diversamente si procederà, come quasi sempre avviene, a datare in base all'esperienza degli archeologi che sono molto precisi al riguardo in quanto si riferiscono a ciò che già si conosce della singola zona o del determinato territorio.

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