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Passero solitario
 
Paragone tra il passero e il poeta: la solitudine di entrambi. La bellezza di questo componimento, tra i più famosi del Leopardi, è la purezza dei versi, la delicatezza delle immagini evocate dalle frasi, la ricerca dei verbi, la composizione delle parti. Espressività grandissima.
 
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 Passero solitario 

D'in su la vetta della torre antica, 
Passero solitario, alla campagna 
Cantando vai finché non more il giorno; 
Ed erra l'armonia per questa valle. 
Primavera dintorno 
Brilla nell'aria, e per li campi esulta, 
Sì ch'a mirarla intenerisce il core. 
Odi greggi belar, muggire armenti; 
Gli altri augelli contenti, a gara insieme 
Per lo libero ciel fan mille giri, 
Pur festeggiando il lor tempo migliore: 
Tu pensoso in disparte il tutto miri; 
Non compagni, non voli, 
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi; 
Canti, e così trapassi 
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore. 
Oimè, quanto somiglia 
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, 
Della novella età dolce famiglia, 
E te german di giovinezza, amore, 
Sospiro acerbo de' provetti giorni, 
Non curo, io non so come; anzi da loro 
Quasi fuggo lontano; 
Quasi romito, e strano 
Al mio loco natio, 
Passo del viver mio la primavera. 
Questo giorno ch'omai cede alla sera, 
Festeggiar si costuma al nostro borgo. 
Odi per lo sereno un suon di squilla, 
Odi spesso un tonar di ferree canne, 
Che rimbomba lontan di villa in villa. 
Tutta vestita a festa 
La gioventù del loco 
Lascia le case, e per le vie si spande; 
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra. 
Io solitario in questa 
Rimota parte alla campagna uscendo, 
Ogni diletto e gioco 
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo 
Steso nell'aria aprica 
Mi fere il Sol che tra lontani monti, 
Dopo il giorno sereno, 
Cadendo si dilegua, e par che dica 
Che la beata gioventù vien meno. 
Tu, solingo augellin, venuto a sera 
Del viver che daranno a te le stelle, 
Certo del tuo costume 
Non ti dorrai; che di natura è frutto 
Ogni vostra vaghezza. 
A me, se di vecchiezza 
La detestata soglia 
Evitar non impetro, 
Quando muti questi occhi all'altrui core, 
E lor fia vòto il mondo, e il dì futuro 
Del dì presente più noioso e tetro, 
Che parrà di tal voglia? 
Che di quest'anni miei? che di me stesso? 
Ahi pentirommi, e spesso, 
Ma sconsolato, volgerommi indietro. 

(Giacomo Leopardi 19° secolo)