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Chiare, fresche e dolci acque
 
La dolcezza, non solo come tema o espressività della composizione, è dichiarata apertamente (vedi le tre volte in cui viene usato l'aggettivo dolce, o il suo avverbio), nei versi. Ma, come in altre poesie, il Petrarca non può fare a meno di affrontare il dolore e la solitudine del suo essere. In questo caso, con la solita grande maestria, unisce il tempo passato, il presente e il futuro in squisite visualizzazioni da sogno, visualizzate come da un terzo in volo. Le tantissime parole brevi appaiono dei tocchi di colore ed i doppi aggettivi, quando non tripli, fermano il pensiero e l'attenzione sull'immagine evocata.
 
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 Chiare, fresche e dolci acque  

Chiare fresche e dolci acque  
ove le belle membra 
pose colei che sola a me par donna;  
gentil ramo, ove piacque, 
(con sospir mi rimembra)  
a lei di fare al bel fianco colonna;  
erba e fior che la gonna  
leggiadra ricoverse con l'angelico seno;  
aere sacro sereno  
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:  
date udienza insieme  
a le dolenti mie parole estreme.  

S'egli è pur mio destino,  
e 'l cielo in ciò s'adopra,  
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,  
qualche grazia il meschino  
corpo fra voi ricopra,  
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;  
la morte fia men cruda  
se questa spene porto  
a quel dubbioso passo,  
ché lo spirito lasso  
non poria mai più riposato porto  
né in più tranquilla fossa  
fuggir la carne travagliata e l'ossa.  

Tempo verrà ancor forse  
ch'a l'usato soggiorno  
torni la fera bella e mansueta,  
e là 'v'ella mi scorse 
nel benedetto giorno,  
volga la vista disiosa e lieta,  
cercandomi; ed o pietà!  
già terra infra le pietre  
vedendo, Amor l'inspiri  
in guisa che sospiri  
sì dolcemente che mercé m'impetre,  
e faccia forza al cielo 
asciugandosi gli occhi col bel velo.  

Da' be' rami scendea, 
(dolce ne la memoria)  
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo; 
ed ella si sedea  
umile in tanta gloria,  
coverta già de l'amoroso nembo;  
qual fior cadea sul lembo,  
qual su le treccie bionde, 
ch'oro forbito e perle  
eran quel dì a vederle;  
qual si posava in terra e qual su l'onde, 
qual con un vago errore 
girando perea dir: "Qui regna Amore".  

Quante volte diss'io  
allor pien di spavento:  
"Costei per fermo nacque in paradiso!".  
Così carco d'oblio 
il divin portamento  
e 'l volto e le parole e'l dolce riso  
m'aveano, e sì diviso  
da l'imagine vera,  
ch'i' dicea sospirando:  
"Qui come venn'io o quando?"  
credendo esser in ciel, non là dov'era.  
Da indi in qua mi piace  
quest'erba sì ch'altrove non ho pace. 
 

(Francesco Petrarca 14° secolo)