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Il Cinque Maggio
 
Poesia monumentale nella storia della letteratura italiana, come l'argomento trattato: Napoleone. I versi brevi e rapidi nella loro lettura sono aderenti alla vita di colui che tenne in mano i destini dell'Europa. Le parole sembrano stampate come frasi sacre nel tempo, nel presente, ma anche nel futuro di quell'evento.
 
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 Il Cinque Maggio 

Ei fu. Siccome immobile, 
dato il mortal sospiro, 
stette la spoglia immemore 
orba di tanto spiro, 
così percossa, attonita  
la terra al nunzio sta, 
muta pensando all'ultima 
ora dell'uom fatale; 
né sa quando una simile 
orma di pie' mortale  
la sua cruenta polvere 
a calpestar verrà. 
Lui folgorante in solio 
vide il mio genio e tacque; 
quando, con vece assidua,  
cadde, risorse e giacque, 
di mille voci al sònito 
mista la sua non ha: 
vergin di servo encomio 
e di codardo oltraggio,  
sorge or commosso al sùbito 
sparir di tanto raggio; 
e scioglie all'urna un cantico 
che forse non morrà. 
Dall'Alpi alle Piramidi,  
dal Manzanarre al Reno, 
di quel securo il fulmine 
tenea dietro al baleno; 
scoppiò da Scilla al Tanai, 
dall'uno all'altro mar.  
Fu vera gloria? Ai posteri 
l'ardua sentenza: nui 
chiniam la fronte al Massimo 
Fattor, che volle in lui 
del creator suo spirito  
più vasta orma stampar. 
La procellosa e trepida 
gioia d'un gran disegno, 
l'ansia d'un cor che indocile 
serve, pensando al regno;  
e il giunge, e tiene un premio 
ch'era follia sperar; 
tutto ei provò: la gloria 
maggior dopo il periglio, 
la fuga e la vittoria,  
la reggia e il tristo esiglio; 
due volte nella polvere, 
due volte sull'altar. 
Ei si nomò: due secoli, 
l'un contro l'altro armato,  
sommessi a lui si volsero, 
come aspettando il fato; 
ei fe' silenzio, ed arbitro 
s'assise in mezzo a lor. 
E sparve, e i dì nell'ozio  
chiuse in sì breve sponda, 
segno d'immensa invidia 
e di pietà profonda, 
d'inestinguibil odio 
e d'indomato amor.  
Come sul capo al naufrago 
l'onda s'avvolve e pesa, 
l'onda su cui del misero, 
alta pur dianzi e tesa, 
scorrea la vista a scernere  
prode remote invan; 
tal su quell'alma il cumulo 
delle memorie scese. 
Oh quante volte ai posteri 
narrar se stesso imprese,  
e sull'eterne pagine 
cadde la stanca man! 
Oh quante volte, al tacito 
morir d'un giorno inerte, 
chinati i rai fulminei,  
le braccia al sen conserte, 
stette, e dei dì che furono 
l'assalse il sovvenir! 
E ripensò le mobili 
tende, e i percossi valli,  
e il lampo de' manipoli, 
e l'onda dei cavalli, 
e il concitato imperio 
e il celere ubbidir. 
Ahi! forse a tanto strazio  
cadde lo spirto anelo, 
e disperò; ma valida 
venne una man dal cielo, 
e in più spirabil aere 
pietosa il trasportò;  
e l'avviò, pei floridi 
sentier della speranza, 
ai campi eterni, al premio 
che i desideri avanza, 
dov'è silenzio e tenebre  
la gloria che passò. 
Bella Immortal! benefica 
Fede ai trionfi avvezza! 
Scrivi ancor questo, allegrati; 
ché più superba altezza  
al disonor del Gòlgota 
giammai non si chinò. 
Tu dalle stanche ceneri 
sperdi ogni ria parola: 
il Dio che atterra e suscita,  
che affanna e che consola, 
sulla deserta coltrice 
accanto a lui posò. 

(Alessandro Manzoni 19° secolo)