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Illecito arricchimento
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L'art.2041 del Codice Civile
Quando il contratto tra un professionista e la pubblica amministrazione non è corretto, ossia non ha la forma scritta di una convenzione, per cui non basta la sola delibera d'incarico, allora sorge il problema del pagamento degli onorari. Se l'ente riconosce il debito non sussistono problemi. Ma quando sorge un contenzioso e bisogna dimostrare, da parte del professionista, di aver lavorato in buona fede, allora è molto facile che si perda la causa per il pagamento della parcella.
La legge prevede, in questi casi, mediante l'art.2041 del c.c. che si possa ricorrere contro l'illecito o indebito arricchimento, (chiamato anche arricchimento senza causa), dell'altra parte. E ottenere un indennizzo che non sarà un compenso come previsto in tariffa professionale ma comunque un pagamento per il lavoro svolto.
L'articolo successivo (2042) dice che si può ricorrere in base a tale norma solo quando non sia possibile altra azione. Ossia vi è un carattere di sussidiarietà: che equivale a dire prima bisogna ottenere una risposta negativa di essere compensato secondo l'onorario e poi si può agire nel modo.
 
A quanto ammonta l'indennizzo
La giurisprudenza ha stabilito, una volta per tutte, che non è possibile indennizzare il lucro cessante, ossia quanto il professionista avrebbe guadagnato con il lavoro eseguito. Praticamente non può prendersi a paragone la parcella come avveniva per il passato. La Cassazione, nel 2008, a sezioni unite, ha dunque trattato l'argomento e l’indirizzo è stato consolidato con un’altra sentenza, sempre pronunciata a sezioni unite, del 27 gennaio 2009, che ha escluso l’applicabilità delle tariffe professionali vistate dal consiglio dell’ordine professionale quale parametro per determinare l’indennizzo dovuto.
L'indennizzo deve riguardare il tempo, le spese ed eventuali paghe ad aiutanti, ma non il guadagno oltre tutto ciò. Meno, allora, di un calcolo secondo tariffa.
Bene è però sottolineare che l’indennizzo previsto dall’art. 2041 c.c. è configurato dalla giurisprudenza quale debito di valore e non di valuta (Cass., 6 febbraio 1998 n. 1287). Da ciò si deduce che sono applicabili sulle somme da versare sia gli interessi anche la rivalutazione monetaria.
Naturalmente non bisogna attendere oltre i dieci anni per non vedere prescritto il credito e la possibilità di impostare una causa.
L'azione legale ha una sua validità se la pubblica amministrazione ha riconosciuto in qualche modo l'utilità del lavoro del professionista. Ossia se abbia almeno approvato il progetto, se si tratta di un tecnico, o i documenti presentati. Diversamente si resta all'asciutto.