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Codice Civile
(Delle persone e della famiglia)
 Articoli riportati: 
Disposizioni sulla legge in generale (31 articoli) 
Riforma del sistema italiano di Diritto Internazionale Privato (legge 31/5/1995 n.218) 
Libro primo: delle persone e della famiglia (art.1-455) 
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 INDICE LEGGI

 

 
Codice Civile 
Disposizioni sulla legge in generale
Capo I 
Delle fonti del diritto 
Art. 1  Indicazione delle fonti 
Sono fonti del diritto: 
le leggi; 
i regolamenti; 
(abrogato) le norme corporative; 
gli usi. 
Art. 2 Leggi 
La formazione delle leggi e l'emanazione degli atti del Governo aventi forza di legge sono disciplinate da leggi di carattere costituzionale. (Costit. 70 e seguenti, 87 e seguenti). 
Art. 3 Regolamenti 
Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale. 
Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari. 
Art. 4 Limiti della disciplina regolamentari 
I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi. 
I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell'Art. 3 non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. 
Art. 5 Norme corporative (abrogato) 
Sono norme corporative le ordinanze corporative, gli accordi economici collettivi, i contratti collettivi di lavoro e le sentenze della magistratura del lavoro nelle controversie collettive. 
Art. 6 Formazione ed efficacia delle norme corporative (abrogato) 
La formazione e l'efficacia delle norme corporative sono disciplinate nel Codice Civile (2063 - 2081) e in leggi particolari. 
Art. 7 Limiti della disciplina corporativa (abrogato) 
Le norme corporative non possono derogare alle disposizioni imperative delle leggi e dei regolamenti. 
Art. 8 Usi 
Nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia solo in quanto sono da essi richiamati. 
(2° comma abrogato). Le norme corporative prevalgono sugli usi, anche se richiamati dalle leggi e dai regolamenti, salvo che in esse sia diversamente disposto. 
Art. 9 Raccolte di usi 
Gli usi pubblicati nelle raccolte ufficiali degli enti e degli organi a ciò autorizzati si presumono esistenti fino a prova contraria. 
Capo II 
Dell'applicazione della legge in generale 
Art. 10 Inizio dell'obbligatorietà delle leggi e dei regolamenti 
Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto. 
(2° comma abrogato) Le norme corporative divengono obbligatorie nel giorno successivo a quello della pubblicazione, salvo che in esse sia altrimenti disposto. 
Art. 11 Efficacia della legge nel tempo 
La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo (Costit. 25). 
(2° comma abrogato) I contratti collettivi di lavoro possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione. 
Art. 12 Interpretazione della legge 
Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. 
Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i princìpi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. 
Art. 13 Esclusione dell'applicazione analogica delle norme corporative (abrogato) 
Le norme corporative non possono essere applicate a casi simili o a materie analoghe a quelli da esse contemplati. 
Art. 14 Applicazione delle leggi penali ed eccezionali 
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati (Costit. 25; Cod. Pen. 2). 
Art. 15 Abrogazione delle leggi 
Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore. 
Art. 16 Trattamento dello straniero 
Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. 
Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere (2505). 
Nota: Gli artt. da 17 a 31 del presente Capo sono stati abrogati dall'Art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218, sul sistema italiano di diritto internazionale privato, in vigore dal 2 settembre 1995. 
Art. 17 Legge regolatrice dello stato e della capacità delle persone e dei rapporti di famiglia (abrogato) 
Lo stato e la capacità delle persone e i rapporti di famiglia sono regolati dalla legge dello Stato al quale esse appartengono. 
Tuttavia uno straniero, se compie nella Repubblica un atto per il quale sia incapace secondo la sua legge nazionale, è considerato capace se per tale atto secondo la legge italiana sia capace il cittadino, salvo che si tratti di rapporti di famiglia, di successioni per causa di morte, di donazioni, ovvero di atti di disposizioni di immobili situati all'estero. 
Art. 18 Legge regolatrice dei rapporti personali tra coniugi (abrogato) 
I rapporti personali tra coniugi di diversa cittadinanza sono regolati dall'ultima legge nazionale che sia stata loro comune durante il matrimonio o, in mancanza di essa, da0lla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio. 
Art. 19 Legge regolatrice dei rapporti patrimoniali tra coniugi (abrogato) 
I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione del matrimonio. 
Il cambiamento di cittadinanza dei coniugi non influisce sui rapporti patrimoniali, salve le convenzioni tra i coniugi in base alla nuova legge nazionale comune. 
Art. 20 Legge regolatrice dei rapporti tra genitori e figli (abrogato) 
I rapporti tra genitori e figli sono regolati dalla legge nazionale del padre, ovvero da quella della madre se soltanto la maternità è accertata o se soltanto la madre ha   legittimato il figlio. 
I rapporti tra adottante e adottato sono regolati dalla legge nazionale dell'adottante al tempo dell'adozione. 
Art. 21 Legge regolatrice della tutela (abrogato) 
La tutela e gli altri istituti di protezione degli incapaci sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace. 
Art. 22 Legge regolatrice del possesso, della proprietà e degli altri diritti sulle cose (abrogato) 
Il possesso, la proprietà e gli altri diritti sulle cose mobili e immobili sono regolati dalla legge del luogo nel quale le cose si trovano. 
Art. 23 Legge regolatrice delle successioni per causa di morte (abrogato) 
Le successioni per causa di morte sono regolate, ovunque siano i beni, dalla legge dello Stato al quale apparteneva, al momento della morte, la persona della cui eredita si tratta. 
Art. 24 Legge regolatrice delle donazioni (abrogato) 
Le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante. 
Art. 25 Legge regolatrice delle obbligazioni (abrogato) 
Le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate dalla legge nazionale dei contraenti, se è comune; altrimenti da quella del luogo nel quale il contratto è stato conchiuso. E' salva in ogni caso la diversa volontà delle parti. 
Le obbligazioni non contrattuali sono regolate dalla legge del luogo ove e avvenuto il fatto dal quale esse derivano. 
Art. 26 Legge regolatrice della forma degli atti (abrogato) 
La forma degli atti tra vivi e degli atti di ultima volontà è regolata dalla legge del luogo nel quale l'atto è compiuto o da quella che regola la sostanza dell'atto, ovvero dalla legge nazionale del disponente o da quella dei contraenti, se è comune. 
Le forme di pubblicità degli atti di costituzione, di trasmissione e di estinzione dei diritti sulle cose sono regolate dalla legge del luogo in cui le cose stesse si trovano. 
Art. 27 Legge regolatrice del processo (abrogato) 
La competenza e la forma del processo sono regolate dalla legge del luogo in cui il processo si svolge. 
Art. 28 Efficacia delle leggi penali e di polizia (abrogato) 
Le leggi penali e quelle di polizia e sicurezza pubblica obbligano tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato. 
Art. 29 Apolidi (abrogato) 
Se una persona non ha cittadinanza, si applica la legge del luogo dove risiede in tutti i   casi nei quali, secondo le disposizioni che precedono, dovrebbe applicarsi la legge nazionale. 
Art. 30 Rinvio ad altra legge (abrogato) 
Quando, ai termini degli articoli precedenti, si deve applicare una legge straniera, si applicano le disposizioni della legge stessa senza tener conto del rinvio da essa fattoad altra legge. 
Art. 31 Limiti derivanti dall'ordine pubblico e dal buon costume (abrogato) 
Nonostante le disposizioni degli articoli precedenti, in nessun caso le leggi e gli atti di uno Stato estero, gli ordinamenti e gli atti di qualunque istituzione o ente, o le private disposizioni e convenzioni possono aver effetto nel territorio dello Stato, quando siano contrari all'ordine pubblico o al buon costume. 
Riforma del sistema italiano di Diritto Internazionale Privato 
Legge 31 maggio 1995, n. 218

Titolo I 
Disposizioni generali 
Art. 1 Oggetto della legge 
La presente legge determina l'ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per l'individuazione del diritto applicabile e disciplina l'efficacia delle sentenze e degli atti stranieri. 
Art. 2 Convenzioni internazionali 
Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia. 
Nell'interpretazione di tali convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza della loro applicazione uniforme. 
Titolo II 
Giurisdizione italiana 
Art. 3 Ambito della giurisdizione 
La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'Art. 77 Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 
La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la L. 21 giugno 1971, n. 804, e successive modificazioni in vigore per l'Italia, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio. 
Art. 4 Accettazione e deroga della giurisdizione 
Quando non vi sia giurisdizione in base all'Art. 3, essa nondimeno sussiste se le parti l'abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo. 
La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga e provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili. 
La deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o comunque non possono conoscere della causa. 
Art. 5 Azioni reali relative ad immobili siti all'estero 
La giurisdizione italiana non sussiste rispetto ad azioni reali aventi ad oggetto beni immobili situati all'estero. 
Art. 6 Questioni preliminari 
Il giudice italiano conosce, incidentalmente, le questioni che non rientrano nella giurisdizione italiana e la cui soluzione è necessaria per decidere sulla domanda proposta. 
Art. 7 Pendenza di un processo straniero 
Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto nell'ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad istanza della parte interessata. 
La pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la legge dello Stato in cui il processo si svolge. 
Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano. 
Art. 8 Momento determinante della giurisdizione 
Per la determinazione della giurisdizione italiana si applica l'Art. 5 Cod. Proc. Civ. Tuttavia la giurisdizione sussiste se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del processo. 
Art. 9 Giurisdizione volontaria 
In materia di giurisdizione volontaria, la giurisdizione sussiste, oltre che nei casi specificamente contemplati dalla presente legge e in quelli in cui è prevista la competenza per territorio di un giudice italiano quando il provvedimento richiesto concerne un cittadino italiano o una persona residente in Italia o quando esso riguarda situazioni o rapporti ai quali è applicabile la legge italiana. 
Art. 10 Materia cautelare 
In materia cautelare, la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essere eseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito. 
Art. 11 Rilevabilità del difetto di giurisdizione 
Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudice d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto e contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'Art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale. 
Art. 12 Legge regolatrice del processo 
Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana. 
Titolo III 
Diritto applicabile 
Capo I 
Disposizioni generali 
Art. 13 Rinvio 
Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un altro Stato: 
se il diritto di tale Stato accetta il rinvio; 
se si tratta di rinvio alla legge italiana. 
L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa: 
nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate; 
riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti; 
in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo. 
Nei casi di cui agli artt. 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione. 
Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione. 
Art. 14 Conoscenza della legge straniera applicabile 
L'accertamento della legge straniera e compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate. 
Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. 
Art. 15 Interpretazione e applicazione della legge straniera 
La legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo. 
Art. 16 Ordine pubblico 
La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. 
In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana. 
Art. 17 Norme di applicazione necessaria 
E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera. 
Art. 18 Ordinamenti plurilegislativi 
Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordinamento. 
Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie presenta il collegamento più stretto. 
Art. 19 Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze 
Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apolide o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio, o in mancanza, la legge dello Stato di residenza. 
Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale. 
Capo II 
Capacità e diritti delle persone fisiche 
Art. 20 Capacità giuridica delle persone fisiche 
La capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Le condizioni speciali di capacità, prescritte dalla legge regolatrice di un rapporto, sono disciplinate dalla stessa legge. 
Art. 21 Commorienza 
Quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, il momento della morte si accerta in base alla legge regolatrice del rapporto rispetto al quale l'accertamento rileva. 
Art. 22 Scomparsa, assenza e morte presunta 
I presupposti e gli effetti della scomparsa, dell'assenza e della morte presunta di una persona sono regolati dalla sua ultima legge nazionale. 
Sussiste la giurisdizione italiana per le materie di cui al comma 1: 
se l'ultima legge nazionale della persona era quella italiana; 
se l'ultima residenza della persona era in Italia; 
se l'accertamento della scomparsa, dell'assenza o della morte presunta può produrre effetti giuridici nell'ordinamento italiano. 
Art. 23 Capacità di agire delle persone fisiche 
La capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la legge regolatrice di un atto prescrive condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge. 
In relazione a contratti tra persone che si trovano nello stesso Stato, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui il contratto è concluso può invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale solo se l'altra parte contraente, al momento della conclusione del contratto, era a conoscenza di tale incapacità o l'ha ignorata per sua colpa. 
In relazione agli atti unilaterali, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui l'atto è compiuto può invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale soltanto se ciò non rechi pregiudizio a soggetti che senza loro colpa hanno fatto affidamento sulla capacità dell'autore dell'atto.0 Le limitazioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano agli atti relativi a rapporti di famiglia e di successione per causa di morte, ne agli atti relativi a diritti reali su immobili situati in uno Stato diverso da quello in cui l'atto è compiuto. 
Art. 24 Diritti della personalità 
L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto. 
Le conseguenze della violazione dei diritti di cui al comma 1 sono regolate dalla legge applicabile alla responsabilità per fatti illeciti. 
Capo III 
Persone giuridiche 
Art. 25 Società ed altri enti 
Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti. 
In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente: 
a natura giuridica; 
la denominazione o ragione sociale; 
la costituzione, la trasformazione e l'estinzione; 
la capacità; 
la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi; 
la rappresentanza dell'ente; 
le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità; 
la responsabilità per le obbligazioni dell'ente; 
le conseguenze delle violazioni della legge o dell'atto costitutivo. 
I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati. 
Capo IV 
Rapporti di famiglia 
Art. 26 Promessa di matrimonio 
La promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi o, in mancanza, dalla legge italiana. 
Art. 27 Condizioni per contrarre matrimonio 
La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia. 
Art. 28 Forma del matrimonio 
Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento. 
Art. 29 Rapporti personali tra coniugi 
I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune. 
I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. 
Art. 30 Rapporti patrimoniali tra coniugi 
I rapporti patrimoniali tra coniugi sono regolati dalla legge applicabile ai loro rapporti personali. I coniugi possono tuttavia convenire per iscritto che i loro rapporti patrimoniali sono regolati dalla legge dello Stato di cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede. 
L'accordo dei coniugi sul diritto applicabile è valido se è considerato tale dalla legge scelta o da quella del luogo in cui l'accordo è stato stipulato. 
Il regime dei rapporti patrimoniali fra coniugi regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi solo se questi ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano ignorato per loro colpa. Relativamente ai diritti reali su beni immobili, l'opponibilità è limitata ai casi in cui siano state rispettate le forme di pubblicità prescritte dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. 
Art. 31 Separazione personale e scioglimento del matrimonio 
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. 
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana. 
Art. 32 Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio 
In materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall'Art. 3, anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio e stato celebrato in Italia. 
Art. 33 Filiazione 
Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. 
E' legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e cittadino al momento della nascita del figlio. 
La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge. 
Art. 34 Legittimazione 
La legittimazione per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento. 
Negli altri casi, la legittimazione è regolata dalla legge dello Stato di cui e cittadino, al momento della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene legittimato. Per la legittimazione destinata ad avere effetto dopo la morte del genitore legittimante, si tiene conto della sua cittadinanza al momento della morte. 
Art. 35 Riconoscimento di figlio naturale 
Le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene. 
La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale. 
La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso e fatto o da quella che ne disciplina la sostanza. 
Art. 36 Rapporti tra genitori e figli 
I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio. 
Art. 37 Giurisdizione in materia di filiazione 
In materia di filiazione e di rapporti personali fra genitori e figli la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti rispettivamente da gli artt. 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in Italia. 
Capo V 
Adozione 
Art. 38 Adozione 
I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione. Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio legittimo. 
E' in ogni caso salva l'applicazione della legge nazionale dell'adottando maggiorenne per la disciplina dei consensi che essa eventualmente richieda. 
Art. 39 Rapporti fra adottato e famiglia adottiva 
I rapporti personali e patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. 
Art. 40 Giurisdizione in materia di adozione 
I giudici italiani hanno giurisdizione in materia di adozione allorché: 
gli adottanti o uno di essi o l'adottando sono cittadini italiani ovvero stranieri residenti in Italia; 
l'adottando è un minore in stato di abbandono in Italia. 
In materia di rapporti personali o patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi i giudici italiani hanno giurisdizione, oltre che nelle ipotesi previste dall'Art. 3, ogni qualvolta l'adozione si è costituita in base al diritto italiano. 
Art. 41 Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione 
I provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64, 65 e 66. 
Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori. 
Capo VI 
Protezione degli incapaci e obblighi alimentari 
Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori 
La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742. 
Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti. 
Art. 43 Protezione dei maggiori d'età 
I presupposti e gli effetti delle misure di protezione degli incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura, sono regolati dalla legge nazionale dell'incapace. Tuttavia, per proteggere in via provvisoria e urgente la persona o i beni dell'incapace, il giudice italiano può adottare le misure previste dalla legge italiana. 
Art. 44 Giurisdizione in materia di protezione dei maggiori d'età 
La giurisdizione italiana in materia di misure di protezione degli incapaci maggiori di età sussiste, oltre che nei casi previsti dagli artt. 3 e 9, anche quando esse si rendono necessarie per proteggere, in via provvisoria e urgente, la persona o i beni dell'incapace che si trovino in Italia. 
Quando in base all'Art. 66 nell'ordinamento italiano si producono gli effetti di un provvedimento straniero in materia di capacità di uno straniero, la giurisdizione italiana sussiste per pronunciare i provvedimenti modificativi o integrativi eventualmente necessari. 
Art. 45 Obbligazioni alimentari nella famiglia 
Le obbligazioni alimentari nella famiglia sono in ogni caso regolate dalla Convenzione dell'Aja del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 745. 
Capo VII 
Successioni 
Art. 46 Successione per causa di morte 
La successione per causa di morte è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta, al momento della morte. 
Il soggetto della cui eredità si tratta può sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l'intera successione alla legge dello Stato in cui risiede. La scelta non ha effetto se al momento della morte il dichiarante non risiedeva più in tale Stato. Nell'ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta non pregiudica i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte della persona della cui successione si tratta. 
La divisione ereditaria è regolata dalla legge applicabile alla successione, salvo che i condividenti, d'accordo fra loro, abbiano designato la legge del luogo d'apertura della successione o del luogo ove si trovano uno o più beni ereditari. 
Art. 47 Capacità di testare 
La capacità di disporre per testamento, di modificarlo o di revocarlo è regolata dalla legge nazionale del disponente al momento del testamento, della modifica o della revoca. 
Art. 48 Forma del testamento 
Il testamento è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza. 
Art. 49 Successione dello Stato 
Quando la legge applicabile alla successione, in mancanza di successibili, non attribuisce la successione allo Stato, i beni ereditari esistenti in Italia sono devoluti allo Stato italiano. 
Art. 50 Giurisdizione in materia successoria 
In materia successoria la giurisdizione italiana sussiste: 
se il defunto era cittadino italiano al momento della morte; 
se la successione si è aperta in Italia; 
se la parte dei beni ereditari di maggiore consistenza economica è situata in Italia; 
se il convenuto è domiciliato o residente in Italia o ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili situati all'estero; 
se la domanda concerne beni situati in Italia. 
Capo VIII 
Diritti reali 
Art. 51 Possesso e diritti reali 
Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. 
La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto. 
Art. 52 Diritti reali su beni in transito 
I diritti reali su beni in transito sono regolati dalla legge del luogo di destinazione. 
Art. 53 Usucapione di beni mobili 
L'usucapione di beni mobili e regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al compimento del termine prescritto. 
Art. 54 Diritti su beni immateriali 
I diritti su beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato di utilizzazione. 
Art. 55 Pubblicità degli atti relativi ai diritti reali 
La pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti reali è regolata dalla legge dello Stato in cui il bene si trova al momento dell'atto. 
Capo IX 
Donazioni 
Art. 56 Donazioni 
Le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante al momento della donazione. 
Il donante può, con dichiarazione espressa contestuale alla donazione, sottoporre la donazione stessa alla legge dello Stato in cui egli risiede. 
La donazione è valida, quanto alla forma, se è considerata tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato nel quale l'atto è compiuto. 
Capo X 
Obbligazioni contrattuali 
Art. 57 Obbligazioni contrattuali 
Le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali resa esecutiva con la L. 18 dicembre 1984, n. 975, senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali, in quanto applicabili. 
Capo XI 
Obbligazioni non contrattuali 
Art. 58 Promessa unilaterale 
La promessa unilaterale è regolata dalla legge dello Stato in cui viene manifestata. 
Art. 59 Titoli di credito 
La cambiale, il vaglia cambiario e l'assegno sono in ogni caso regolati dalle disposizioni contenute nelle Convenzioni di Ginevra del 7 giugno 1930, sui conflitti di legge in materia di cambiale e di vaglia cambiario, di cui al R.D.L. 25 agosto 1932, n. 1130, convertito dalla L. 22 dicembre 1932, n. 1946, c del 19 marzo 1931, sui conflitti di legge in materia di assegni bancari, di cui al R.D.L. 24 agosto 1933, n. 1077, convertito dalla L. 4 gennaio 1934, n.61. 
Tali disposizioni si applicano anche alle obbligazioni assunte fuori dei territori degli Stati contraenti o allorché esse designino la legge di uno Stato non contraente. 
Gli altri titoli di credito sono regolati dalla legge dello Stato il cui titolo è stato emesso. Tuttavia le obbligazioni diverse da quella principale sono regolate dalla legge dello Stato in cui ciascuna è stata assunta. 
Art. 60 Rappresentanza volontaria 
La rappresentanza volontaria è regolata dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la propria sede d'affari sempre che egli agisca a titolo professionale e che tale sede sia conosciuta o conoscibile dal terzo. In assenza di tali condizioni si applica la legge dello Stato in cui il rappresentante esercita in via principale i suoi poteri nel caso concreto. 
L'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza è valido, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui e posto in essere. 
Art. 61 Obbligazioni nascenti dalla legge 
La gestione di affari altrui, l'arricchimento senza causa, il pagamento dell'indebito e le altre obbligazioni legali, non diversamente regolate dalla presente legge, sono sottoposti alla legge dello Stato in cui si è verificato il fatto da cui deriva l'obbligazione. 
Art. 62 Responsabilità per fatto illecito 
La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento. Tuttavia il danneggiato può chiedere l'applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno. 
Qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato. 
Art. 63 Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto 
La responsabilità per danno da prodotto è regolata, a scelta del danneggiato, dalla legge dello Stato in cui si trova il domicilio o l'amministrazione del produttore, oppure da quella dello Stato in cui il prodotto è stato acquistato, a meno che il produttore provi che il prodotto vi è stato immesso in commercio senza il suo consenso. 
Titolo IV 
Efficacia di sentenze e atti stranieri 
Art. 64 Riconoscimento di sentenze straniere 
La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando: 
il giudice che l'ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell'ordinamento italiano; 
l'atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa; 
le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge; 
essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata; 
essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato; 
non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero; 
le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico. 
Art. 65 Riconoscimento di provvedimenti stranieri 
Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all'esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all'ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa. 
Art. 66 Riconoscimento di provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria 
I provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione sono riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, sempre che siano rispettate le condizioni di cui all'Art. 65, in quanto applicabili, quando sono pronunziati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle disposizioni della presente legge, o producono effetti nell'ordinamento di quello Stato ancorché emanati da autorità di altro Stato, ovvero sono pronunciati da un'autorità che sia competente in base a criteri corrispondenti a quelli propri dell'ordinamento italiano. 
Art. 67 Attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento 
In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, ovvero quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere alla Corte d'Appello del luogo di attuazione l'accertamento dei requisiti del riconoscimento. 
La sentenza straniera o il provvedimento straniero di volontaria giurisdizione, unitamente al provvedimento che accoglie la domanda di cui al comma 1, costituiscono titolo per l'attuazione e l'esecuzione forzata. 
Se la contestazione ha luogo nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al giudizio. 
Art. 68 Attuazione ed esecuzione di atti pubblici ricevuti all'estero 
Le norme di cui all'Art. 67 si applicano anche rispetto all'attuazione e all'esecuzione forzata in Italia di atti pubblici ricevuti in uno Stato estero e ivi muniti di forza esecutiva. 
Art. 69 Assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri 
Le sentenze e i provvedimenti di giudici stranieri riguardanti esami di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti, interrogatori o altri mezzi di prova da assumersi nella Repubblica sono resi esecutivi con decreto della Corte d'Appello del luogo in cui si deve procedere a tali atti. 
Se l'assunzione dei mezzi di prova è chiesta dalla parte interessata, l'istanza è proposta alla Corte mediante ricorso, al quale deve essere unita copia autentica della sentenza o del provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti. Se l'assunzione è domandata dallo stesso giudice, la richiesta deve essere trasmessa in via diplomatica. 
La Corte delibera in camera di consiglio e, qualora autorizzi l'assunzione, rimette gli atti al giudice competente. 
Può disporsi l'assunzione di mezzi di prova o l'espletamento di altri atti istruttori non previsti dall'ordinamento italiano sempreché essi non contrastino con i princìpi dell'ordinamento stesso. 
L'assunzione o l'espletamento richiesti sono disciplinati dalla legge italiana. Tuttavia si osservano le forme espressamente richieste dal l'autorità giudiziaria straniera in quanto compatibili con i principi dell'ordinamento italiano. 
Art. 70 Esecuzione richiesta in via diplomatica 
Se la richiesta per l'assunzione di mezzi di prova di atti di istruzione è fatta in via diplomatica e la parte interessata non ha costituito un procuratore che ne promuova l'assunzione, i provvedimenti necessari per questa sono pronunciati d'ufficio dal giudice procedente e le notificazioni sono fatte a cura del cancelliere. 
Art. 71 Notificazione di atti di autorità straniere 
La notificazione di citazioni a comparire davanti ad autorità straniere o di altri atti provenienti da uno Stato estero è autorizzata dal pubblico ministero presso il tribunale nella cui giurisdizione la notificazione si deve eseguire. 
La notificazione richiesta in via diplomatica è eseguita, a cura del pubblico ministero, da un ufficiale giudiziario da lui richiesto. 
La notificazione avviene secondo le modalità previste dalla legge italiana. Tuttavia si osservano le modalità richieste dall'autorità straniera in quanto compatibili con i princìpi dell'ordinamento italiano. In ogni caso l'atto può essere consegnato, da chi procede alla notificazione, al destinatario che lo accetti volontariamente. 
Titolo V 
Disposizioni transitorie 
Art. 72 Disposizioni transitorie 
La presente legge si applica in tutti i giudizi iniziati dopo la data della sua entrata in vigore, fatta salva l'applicabilità alle situazioni esaurite prima di tale data delle previgenti norme di diritto internazionale privato. 
I giudizi pendenti sono decisi dal giudice italiano se i fatti e le norme che determinano la giurisdizione sopravvengono nel corso del processo. 
Art. 73 
Abrogazione di norme incompatibili 
Sono abrogati gli articoli dal 17 al 31 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al Codice Civile, nonché gli artt. 2505 e 2509 Cod. Civ. e gli artt. 2, 3, 4 e 37, secondo comma, e quelli dal 796 all'805 Cod. Proc. Civ. 
Art. 74 
Entrata in vigore 
La presente legge entra in vigore novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 

Codice Civile 
Libro primo 
Delle persone e della famiglia
Titolo I 
Delle persone fisiche 
Art. 1 Capacità giuridica 
La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. 
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita (462, 687, 715, 784). 
(3° comma abrogato). 
Art. 2 Maggiore età. Capacità di agire 
La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore eta si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa. 
Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro. 
Art. 3 (abrogato) 
Art. 4 Commorienza 
Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona a un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, tutte si considerano morte nello stesso momento. 
Art. 5 Atti di disposizione del proprio corpo 
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume (1418). 
Art. 6 Diritto al nome 
Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. 
Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. 
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati. 
Art. 7 Tutela del diritto al nome 
La persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni (2563). 
L'autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali. 
Art. 8 Tutela del nome per ragioni familiari 
Nel caso previsto dall'articolo precedente, l'azione può essere promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni familiari degne d'essere protette. 
Art. 9 Tutela dello pseudonimo 
Lo pseudonimo, usato da una persona in modo che abbia acquistato l'importanza del nome, può essere tutelato ai sensi dell'art. 7. 
Art. 10 Abuso dell'immagine altrui 
Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione e dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni. 
Titolo II 
dellepersone giuridiche 
Capo I 
Disposizioni generali 
Art. 11 Persone giuridiche pubbliche 
Le Province e i Comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche, godono dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico (824 e seguenti). 
Art. 12 Persone giuridiche private 
Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento concesso con decreto del Presidente della Repubblica. 
Per determinate categorie di enti che esercitano la loro attività nell'ambito della Provincia, il Governo può delegare ai prefetti la facoltà di riconoscerli con loro decreto (att. 1, 2). 
Art. 13 Società 
Le società sono regolate dalle disposizioni contenute nel libro V (2247 e seguenti). 
Capo II 
Delle associazioni e delle fondazioni 
Art. 14 Atto costitutivo 
Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico (1350, 2643). 
La fondazione può essere disposta anche con testamento (600). 
Art. 15 Revoca dell'atto costitutivo della fondazione 
L'atto di fondazione può essere revocato dal fondatore fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento, ovvero il fondatore non abbia fatto iniziare l'attività dell'opera da lui disposta. 
La facoltà di revoca non si trasmette agli eredi. 
Art. 16 Atto costitutivo e statuto. Modificazioni 
L'atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell'ente, l'indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le norme sull'ordinamento e sulla amministrazione. Devono anche determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro ammissione; e, quando trattasi di fondazioni, i criteri e le modalità di erogazione delle rendite. 
L'atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative alla estinzione dell'ente e alla devoluzione del patrimonio, e, per le fondazioni, anche quelle relative alla loro trasformazione (28). 
Le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto devono essere approvate dall'autorità governativa nelle forme indicate nell'art. 12 (att. 4). 
Art. 17 Acquisto di immobili e accettazione di donazioni, eredità e legati 
La persona giuridica non può acquistare beni immobili, né accettare donazioni o eredita, né conseguire legati senza l'autorizzazione governativa (473, 782; att. 5-7). 
Senza questa autorizzazione, l'acquisto e l'accettazione non hanno effetto. 
Art. 18 Responsabilità degli amministratori 
Gli amministratori sono responsabili verso l'ente secondo le norme del mandato (1710 e seguenti). E' però esente da responsabilità quello degli amministratori il quale non abbia partecipato all'atto che ha causato il danno, salvo il caso in cui, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, egli non abbia fatto constare del proprio dissenso (2392). 
Art. 19 Limitazioni del potere di rappresentanza 
Le limitazioni del potere di rappresentanza, che non risultano dal registro indicato nell'art. 33, non possono essere opposte ai terzi, salvo che si provi che essi ne erano a conoscenza (1353, 2298, 2384). 
Art. 20 Convocazione dell'assemblea delle associazioni 
L'assemblea delle associazioni deve essere convocata dagli amministratori una volta l'anno per l'approvazione del bilancio. 
L'assemblea deve essere inoltre convocata quando se ne ravvisa la necessità o quando ne è fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati. In quest'ultimo caso, se gli amministratori non vi provvedono, la convocazione può essere ordinata dal Presidente del tribunale (att. 8). 
Art. 21 Deliberazioni dell'assemblea 
Le deliberazioni dell'assemblea sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda convocazione la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli intervenuti. Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e in quelle che riguardano la loro responsabilità gli amministratori non hanno voto. 
Per modificare l'atto costitutivo o lo statuto, se in essi non è altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti. 
Per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati (11). 
Art. 22 Azioni di responsabilità contro gli amministratori 
Le azioni di responsabilità contro gli amministratori delle associazioni per fatti da loro compiuti sono deliberate dall'assemblea e sono esercitate dai nuovi amministratori o dai liquidatori (2941). 
Art. 23 Annullamento e sospensione delle deliberazioni 
Le deliberazioni dell'assemblea contrarie alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell'ente, di qualunque associato o del pubblico ministero. 
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377). 
Il Presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell'associazione, può sospendere, su istanza di colui che l'ha proposto l'impugnazione, l'esecuzione della deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori (att. 10). 
L'esecuzione delle deliberazioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume può essere sospesa anche dall'autorità governativa (att. 9). 
Art. 24 Recesso ed esclusione degli associati 
La qualità di associato non è trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o dallo statuto. 
L'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata per iscritto agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell'anno in corso, purché sia fatta almeno tre mesi prima. 
L'esclusione d'un associato non può essere deliberata dall'assemblea che per gravi motivi; l'associato può ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione. 
Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato di appartenere all'associazione, non possono ripetere i contributi versati, né hanno alcun diritto sul patrimonio dell'associazione. 
Art. 25 Controllo sull'amministrazione delle fondazioni 
L'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello scopo della fondazione o della legge. 
L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima (1445, 2377). 
Le azioni contro gli amministratori per fatti riguardanti la loro responsabilità devono essere autorizzate dall'autorità governativa e sono esercitate dal commissario straordinario, dai liquidatori o dai nuovi amministratori. 
Art. 26 Coordinamento di attività e unificazione di amministrazione 
L'autorità governativa può disporre il coordinamento della attività di più fondazioni ovvero l'unificazione della loro amministrazione, rispettando, per quanto è possibile, la volontà del fondatore. 
Art. 27 Estinzione della persona giuridica 
Oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto, la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile. 
Le associazioni si estinguono inoltre quando tutti gli associati sono venuti a mancare. 
L'estinzione è dichiarata dall'autorità governativa, su istanza di qualunque interessato o anche d'ufficio (att. 10). 
Art. 28 Trasformazione delle fondazioni 
Quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il patrimonio e divenuto insufficiente, l'autorità governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione, può provvedere alla sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore. 
La trasformazione non e ammessa quando i fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di fondazione come causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone. 
Le disposizioni del primo comma di questo articolo e dell'art. 26 non si applicano alle fondazioni destinate a vantaggio soltanto di una o più famiglie determinate (att. 10). 
Art. 29 Divieto di nuove operazioni 
Gli amministratori non possono compiere nuove operazioni, appena è stato loro comunicato il provvedimento che dichiara l'estinzione della persona giuridica o il provvedimento con cui l'autorità, a norma di legge, ha ordinato lo scioglimento dell'associazione, o appena è stata adottata dall'assemblea la deliberazione di scioglimento dell'associazione medesima. Qualora trasgrediscano a questo divieto, assumono responsabilità personale e solidale (1292). 
Art. 30 Liquidazione 
Dichiarata l'estinzione della persona giuridica o disposto lo scioglimento dell'associazione, si procede alla liquidazione del patrimonio secondo le norme di attuazione del codice (att. 11-21). 
Art. 31 Devoluzione dei beni 
I beni della persona giuridica, che restano dopo esaurita la liquidazione, sono devoluti in conformità dell'atto costitutivo o dello statuto. 
Qualora questi non dispongano, se trattasi di fondazione, provvede l'autorità governativa, attribuendo i beni ad altri enti che hanno fini analoghi, se trattasi di associazione, si osservano le deliberazioni dell'assemblea che ha stabilito lo scioglimento e, quando anche queste mancano, provvede nello stesso modo l'autorità governativa. 
I creditori che durante la liquidazione non hanno fatto valere il loro credito possono chiedere il pagamento a coloro ai quali i beni sono stati devoluti, entro l'anno della chiusura della liquidazione, in proporzione e nei limiti di ciò che hanno ricevuto (2964 e seguenti). 
Art. 32 Devoluzione dei beni con destinazione particolare 
Nel caso di trasformazione o di scioglimento di un ente, al quale sono stati donati o lasciati beni con destinazione a scopo diverso da quello proprio dell'ente, l'autorità governativa devolve tali beni, con lo stesso onere, ad altre persone giuridiche, che hanno fini analoghi. 
Art. 33 Registrazione delle persone giuridiche 
In ogni provincia e istituito un pubblico registro delle persone giuridiche (att. 22 e seguenti). 
Nel registro devono indicarsi la data dell'atto costitutivo, quella del decreto di riconoscimento, la denominazione, lo scopo, il patrimonio, la durata, qualora sia stata determinata, la sede della persona giuridica e il cognome e il nome degli amministratori con la menzione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza. 
La registrazione può essere disposta anche d'ufficio. 
Gli amministratori di un'associazione o di una fondazione non registrata, benché riconosciuta, rispondono personalmente e solidalmente, insieme con la persona giuridica, delle obbligazioni assunte (1292). 
Art. 34 Registrazione di atti 
Nel registro devono iscriversi anche le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, dopo che sono state approvate dall'autorità governativa, il trasferimento della sede e l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione degli amministratori con indicazione di quelli ai quali spetta la rappresentanza, le deliberazioni di scioglimento, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento o dichiarano l'estinzione, il cognome e il nome dei liquidatori. 
Se l'iscrizione non ha avuto luogo, i fatti indicati non possono essere opposti ai terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza. 
Art. 35 Disposizione penale 
Gli amministratori e i liquidatori che non richiedono le iscrizioni prescritte dagli artt. 33 e 34, nel termine e secondo le modalità stabiliti dalle norme di attuazione del codice (att. 25 e seguenti) sono puniti con l'ammenda da L. 20.000 a L. 1.000.000. 
Capo III 
Delle associazioni non riconosciute e dei comitati 
Art. 36 Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute 
L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati. 
Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, e conferita la presidenza o la direzione (Cod. Proc. Civ. 75, 78). 
Art. 37 Fondo comune 
I contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finche questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretendere la quota in caso di recesso. 
Art. 38 Obbligazioni 
Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione (Cod. Proc. Civ. 19). 
Art. 39 Comitati 
I comitati di soccorso o di beneficienza e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili sono regolati dalle disposizioni seguenti, salvo quanto e stabilito nelle leggi speciali. 
Art. 40 Responsabilità degli organizzatori 
Gli organizzatori e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente e solidalmente della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunziato. 
Art. 41 Responsabilità dei componenti. Rappresentanza in giudizio 
Qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica (12), i suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte. I sottoscrittori sono tenuti soltanto a effettuare le oblazioni promesse. 
Il comitato può stare in giudizio nella persona del Presidente (Cod. Proc. Civ. 75). 
Art. 42 Diversa destinazione dei fondi 
Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia più attuabile, o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di fondi, l'autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione. 
Titolo III 
Del domicilio e della residenza 
Art. 43 Domicilio e residenza 
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (Cod. Proc. Civ. 139). 
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. 
Art. 44 Trasferimento della residenza e del domicilio 
Il trasferimento della residenza non può essere opposto ai terzi di buona fede, se non è stato denunciato nei modi prescritti dalla legge (att. 31). 
Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una diversa dichiarazione nell'atto in cui e stato denunciato il trasferimento della residenza. 
Art. 45 Domicilio dei coniugi del minore e dell'interdetto 
Ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede principale dei propri affari o interessi. 
Il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio è stato annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il quale convive. 
L'interdetto ha il domicilio del tutore (343). 
Art. 46 Sede delle persone giuridiche 
Quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui e stabilita la loro sede (Cod. Proc. Civ. 141, 145). 
Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell'art. 16 o la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche questa ultima (33). 
Art. 47 Elezione di domicilio 
Si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari. 
Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto (1350). 
Titolo IV 
Dell'assenza edella dichiarazione di morte presunta 
Capo I 
Dell'assenza 
Art. 48 Curatore dello scomparso 
Quando una persona non è più comparsa nel luogo del suo ultimo domicilio o dell'ultima sua residenza (43) e non se ne hanno più notizie, il tribunale dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza su istanza degli interessati o dei presunti successori legittimi, o del pubblico ministero, può nominare un curatore che rappresenti, la persona in giudizio o nella formazione degli inventari e dei conti e nelle liquidazioni o divisioni in cui sia interessata, e può dare gli altri provvedimenti necessari alla conservazione del patrimonio dello scomparso (Cod. Proc. Civ. 721). 
Se vi è un legale rappresentante, non si fa luogo alla nomina del curatore. Se vi è un procuratore, il tribunale provvede soltanto per gli atti che il medesimo non può fare. 
Art. 49 Dichiarazione di assenza 
Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia, i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente, secondo l'articolo precedente, che ne sia dichiarata l'assenza (Cod. Proc. Civ. 722 e seguenti). 
Art. 50 Immissione nel possesso temporaneo dei beni 
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara l'assenza, il tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero, ordina l'apertura degli atti di ultima volontà dell'assente, se vi sono. 
Coloro che sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente fosse morto nel giorno a cui risale l'ultima notizia di lui, o i loro rispettivi eredi (479) possono domandare l'immissione nel possesso temporaneo dei beni. 
I legatari, i donatari e tutti quelli ai quali spetterebbero diritti dipendenti dalla morte dell'assente possono domandare di essere ammessi all'esercizio temporaneo di questi diritti. 
Coloro che per effetto della morte dell'assente sarebbero liberati da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati dall'adempimento di esse salvo che si tratti delle obbligazioni alimentari previste dall'art. 434. 
Per ottenere l'immissione nel possesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea delle obbligazioni si deve dare cauzione nella somma determinata dal tribunale, se taluno non sia in grado di darla il tribunale può stabilire altre cautele, avuto riguardo alla qualità delle persone e alla loro parentela con l'assente. 
Art. 51 Assegno alimentare a favore del coniuge dell'assente 
Il coniuge dell'assente, oltre ciò che gli spetta per effetto del regime patrimoniale dei coniugi e per titolo di successione, può ottenere dal tribunale, in caso di bisogno, un assegno alimentare da determinarsi secondo le condizioni della famiglia e l'entità del patrimonio dell'assente. 
Art. 52 Effetti della immissione nel possesso temporaneo 
L'immissione nel possesso temporaneo dei beni deve essere preceduto dalla formazione dell'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). 
Essa attribuisce a coloro che l'ottengono e ai loro successori l'amministrazione dei beni dell'assente, la rappresentanza di lui in giudizio e il godimento delle rendite dei beni nei limiti stabiliti nell'articolo seguente. 
Art. 53 Godimento dei beni 
Gli ascendenti, i discendenti e il coniuge immessi nel possesso temporaneo dei beni ritengono a loro profitto la totalità delle rendite. Gli altri devono riservare all'assente il terzo delle rendite. 
Art. 54 Limiti alla disponibilità dei beni 
Coloro che hanno ottenuto l'immissione nel possesso temporaneo dei beni non possono alienarli, ipotecarli o sottoporli a pegno, se non per necessità o utilità evidente riconosciuta dal tribunale. 
Il tribunale nell'autorizzare questi atti dispone circa l'uso e l'impiego delle somme ricavate. 
Art. 55 Immissione di altri nel possesso temporaneo 
Se durante il possesso temporaneo taluno prova di avere avuto, al giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, un diritto prevalente o eguale a quello del possessore, può escludere questo dal possesso o farvisi associare; ma non ha diritto ai frutti (820, 1148) se non dal giorno della domanda giudiziale. 
Art. 56 Ritorno dell'assente o prova della sua esistenza 
Se durante il possesso temporaneo l'assente ritorna o è provata l'esistenza di lui, cessano gli effetti della dichiarazione di assenza, salva, se occorre, l'adozione di provvedimenti per la conservazione del patrimonio a norma dell'art. 48. 
I possessori temporanei dei beni devono restituirli; ma fino al giorno della loro costituzione in mora (1219) continuano a godere i vantaggi attribuiti dagli artt. 52 e 53, e gli atti compiuti ai sensi dell'art. 54 restano irrevocabili. 
Se l'assenza e stata volontaria e non è giustificata, l'assente perde il diritto di farsi restituire le rendite riservategli dalla norma dell'art. 53. 
Art. 57 Prova della morte dell'assente 
Se durante il possesso temporaneo è provata la morte dell'assente, la successione si apre a vantaggio di coloro che al momento della morte erano i suoi eredi o legatari. 
Si applica anche in questo caso la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente. 
Capo II 
Della dichiarazione di morte presunta 
Art. 58 Dichiarazione di morte presunta dell'assente 
Quando sono trascorsi dieci anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia dell'assente, il tribunale competente secondo l'art. 48, su istanza del pubblico ministero o di taluna delle persone indicate nei capoversi dell'art. 50, può con sentenza dichiarare presunta la morte dell'assente nel giorno a cui risale l'ultima notizia. 
In nessun caso la sentenza può essere pronunziata se non sono trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore età dell'assente. 
Può essere dichiarata la morte presunta anche se sia mancata la dichiarazione di assenza. 
Art. 59 Termine per la rinnovazione dell'istanza 
L'istanza, quando è stata rigettata, non può essere riproposta prima che siano decorsi almeno due anni. 
Art. 60 Altri casi di dichiarazione di morte presunta 
Oltre che nel caso indicato nell'art. 58, può essere dichiarata la morte presunta nei casi seguenti: 
quando alcuno è scomparso in operazioni belliche alle quali ha preso parte, sia nei corpi armati, sia al seguito di essi, o alle quali si è comunque trovato presente, senza che si abbiano più notizie di lui, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono cessate le ostilità; 
quando alcuno e stato fatto prigioniero dal nemico, o da questo internato o comunque trasportato in paese straniero, e sono trascorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace, o, in mancanza di questo, tre anni dalla fine dell'anno in cui sono cessate le ostilità, senza che si siano avute notizie di lui dopo l'entrata in vigore del trattato di pace ovvero dopo la cessazione delle ostilità; 
quando alcuno e scomparso per un infortunio e non si hanno più notizie di lui, dopo due anni dal giorno dell'infortunio o, se il giorno non e conosciuto, dopo due anni dalla fine del mese o, se neppure il mese è conosciuto, dalla fine dell'anno in cui l'infortunio e avvenuto. 
Art. 61 Data della morte presunta 
Nei casi previsti dai nn. 1 e 3 dell'articolo precedente, la sentenza determina il giorno e possibilmente l'ora a cui risale la scomparsa nell'operazione bellica o nell'infortunio, e nel caso indicato dal n. 2 il giorno a cui risale l'ultima notizia. 
Qualora non possa determinarsi l'ora, la morte presunta si ha per avvenuta alla fine del giorno indicato. 
Art. 62 Condizioni e forme della dichiarazione di morte presunta 
La dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60 può essere domandata quando non si e potuto procedere agli accertamenti richiesti dalla legge per la compilazione dell'atto di morte. 
Questa dichiarazione è pronunziata con sentenza del tribunale su istanza del pubblico ministero o di alcuna delle persone indicate nei capoversi dell'art. 50. 
Il tribunale, qualora non ritenga di accogliere l'istanza di dichiarazione di morte presunta, può dichiarare l'assenza dello scomparso (49 e seguenti; Cod. Proc. Civ. 726). 
Art. 63 Effetti della dichiarazione di morte presunta dell'assente 
Divenuta eseguibile la sentenza indicata nell'art. 58, coloro che ottennero l'immissione nel possesso temporaneo dei beni dell'assente o i loro successori possono disporre liberamente dei beni. 
Coloro ai quali fu concesso l'esercizio temporaneo dei diritti o la liberazione temporanea dalle obbligazioni di cui all'art. 50 conseguono l'esercizio definitivo dei diritti o la liberazione definitiva dalle obbligazioni. 
Si estinguono inoltre le obbligazioni. alimentari indicate nel quarto comma dell'art. 50. 
In ogni caso cessano le cauzioni e le altre cautele che sono state imposte. 
Art. 64 Immissione nel possesso e inventario 
Se non v'e stata immissione nel possesso temporaneo dei beni, gli aventi diritto indicati nei capoversi dell'art. 50 o i loro successori conseguono il pieno esercizio dei diritti loro spettanti, quando è diventata eseguibile la sentenza menzionata nell'art. 58. 
Coloro che prendono possesso dei beni devono fare precedere l'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). 
Parimenti devono far precedere l'inventario dei beni coloro che succedono per effetto della dichiarazione di morte presunta nei casi indicati dall'art. 60. 
Art. 65 Nuovo matrimonio del coniuge 
Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara la morte presunta, il coniuge può contrarre nuovo matrimonio (68, 117). 
Art. 66 Prova dell'esistenza della persona di cui è stata dichiarata la morte presunta 
La persona di cui e stata dichiarata la morte presunta, se ritorna o ne è provata l'esistenza, ricupera i beni nello stato in cui si trovano e ha diritto di conseguire il prezzo di quelli alienati, quando esso sia tuttora dovuto, o i beni nei quali sia stato investito (73). 
Essa ha altresì diritto di pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art. 63. 
Se è provata la data della sua morte, il diritto previsto nel primo comma di questo articolo compete a coloro che a quella data sarebbero stati i suoi eredi o legatari. Questi possono inoltre pretendere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte ai sensi del secondo comma dell'art. 63 per il tempo anteriore alla data della morte. 
Sono salvi in ogni caso gli effetti delle prescrizioni e delle usucapioni (1158 e seguenti; 2934 e seguenti). 
Art. 67 Dichiarazione di esistenza o accertamento della morte 
La dichiarazione di esistenza della persona di cui e stata dichiarata la morte presunta e l'accertamento della morte possono essere sempre fatti, su richiesta del pubblico ministero o di qualunque interessato, in contraddittorio di tutti coloro che furono parti nel giudizio in cui fu dichiarata la morte presunta. 
Art. 68 Nullità del nuovo matrimonio 
Il matrimonio contratto a norma dell'art. 65 è nullo, qualora la persona della quale fu dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia accertata l'esistenza. 
Sono salvi gli effetti civili del matrimonio dichiarato nullo (128). 
La nullità non può essere pronunziata nel caso in cui è accertata la morte, anche se avvenuta in una data posteriore a quella del matrimonio (117). 
Capo III 
Delle ragioni eventuali che competono alla persona di cui si ignora l'esistenza o di cui è stata dichiarata la morte presunta 
Art. 69 Diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza 
Nessuno e ammesso a reclamare un diritto in nome della persona di cui si ignora l'esistenza, se non prova che la persona esisteva quando il diritto e nato. 
Art. 70 Successione alla quale sarebbe chiamata la persona di cui si ignora l'esistenza 
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui s'ignora l'esistenza, la successione e devoluta a coloro ai quali sarebbe spettata in mancanza della detta persona, salvo il diritto di rappresentazione (467 e seguenti). 
Coloro ai quali e devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti) e devono dare cauzione (1179; Cod. Proc. Civ. 50, 725). 
Art. 71 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui si ignora l'esistenza 
Le disposizioni degli articoli precedenti non pregiudicano la petizione di eredità (533 e seguenti) né gli altri diritti spettanti alla persona di cui s'ignora l'esistenza o ai suoi eredi o aventi causa, salvi gli effetti della prescrizione (2934 e seguenti) o dell'usucapione (1158 e seguenti). 
La restituzione dei frutti non è dovuta se non dal giorno della costituzione in mora (821, 1219). 
Art. 72 Successione a cui sarebbe chiamata la persona della quale è stata dichiarata la morte presunta 
Quando s'apre una successione alla quale sarebbe chiamata in tutto o in parte una persona di cui è stata dichiarata la morte presunta (58 e seguenti), coloro ai quali, in sua mancanza, e devoluta la successione devono innanzi tutto procedere all'inventario dei beni (Cod. Proc. Civ. 769). 
Art. 73 Estinzione dei diritti spettanti alla persona di cui è stata dichiarata la morte presunta 
Se la persona di cui è stata dichiarata la morte presunta ritorna o ne è provata l'esistenza al momento dell'apertura della successione, essa o i suoi eredi o aventi causa possono esercitare la petizione di eredita (533 e seguenti) e far valere ogni altro diritto, ma non possono recuperare i beni se non nello stato in cui si trovano, e non possono ripetere che il prezzo di quelli alienati, quando è ancora dovuto, o i beni nei quali esso e stato investito, salvi gli effetti della prescrizione o dell'usucapione (1158 e seguenti; 2934 e seguenti). 
Si applica la disposizione del secondo comma dell'art. 71. 
Titolo V 
Della parentela e dell'affinità 
Art. 74 Parentela 
La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite. 
Art. 75 Linee della parentela 
Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra. 
Art. 76 Computo dei gradi 
Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite. 
Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite. 
Art. 77 Limite della parentela 
La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado (572), salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. 
Art. 78 Affinità 
L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. 
Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro coniuge. 
L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati (434). Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'art. 87, n. 4. 
Titolo VI 
Del matrimonio 
Capo I 
Della promessa di matrimonio 
Art. 79 Effetti 
La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo ne ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento. 
Art. 80 Restituzione dei doni 
Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto (785, 2694). 
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'e avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti. 
Art. 81 Risarcimento dei danni 
La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti (2056). 
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro. 
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio (2964 e seguenti). 
Capo II 
Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico e del matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello stato 
Art. 82 Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico 
Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e regolato in conformità del Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia. 
Art. 83 Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato 
Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio. 
Capo III 
Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile 
Sezione I 
Delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio 
Art. 84 Età 
I minori di età non possono contrarre matrimonio. 
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto sedici anni. 
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore. 
Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione. 
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio. 
Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo. 
Art. 85 Interdizione per infermità di mente 
Non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente (116, 117, 119, 414 e seguenti). 
Se l'istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può richiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio; in tal caso la celebrazione non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). 
Art. 86 Libertà di stato 
Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente (65, 116, 117, 124, c.p. 556). 
Art. 87 Parentela, affinità, adozione e affiliazione 
Non possono contrarre matrimonio fra loro: 
gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali; 
i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini; 
lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 
gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili; 
gli affini in linea collaterale in secondo grado; 
l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti; 
i figli adottivi della stessa persona; 
l'adottato e i figli dell'adottante; 
l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato. 
divieti contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione. 
I divieti contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale. 
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai nn. 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal n. 4 quando l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo. 
Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero. 
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84. 
Art. 88 Delitto 
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra (116, 117). 
Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura, si sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento. 
Art. 89 Divieto temporaneo di nuove nozze 
Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. b) ed f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi. 
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie, nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. 
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84 e del comma quinto dell'art. 87. 
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata. 
Art. 90 Assenza del minore 
Con il decreto di cui all'art. 84 il tribunale o la corte di appello nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali. 
Art. 91 Diversità di razza o di nazionalità (abrogato) 
Art. 92 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis) 
Sezione II 
Delle formalità preliminari del matrimonio 
Art. 93 Pubblicazione 
La celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile. 
La pubblicazione consiste nell'affissione alla porta della casa comunale di un atto dove si indica il nome, il cognome, la professione, il luogo di nascita e la residenza degli sposi, se essi siano maggiori o minori di età, nonché il luogo dove intendono celebrare il matrimonio. L'atto deve anche indicare il nome del padre e il nome e il cognome della madre degli sposi, salvi i casi in cui la legge vieta questa menzione (115, 138). 
Art. 94 Luogo della pubblicazione 
La pubblicazione deve essere richiesta all'ufficiale dello stato civile del comune dove uno degli sposi ha la residenza ed è fatta nei comuni di residenza degli sposi. 
Se la residenza non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi anche nel comune della precedente residenza. 
L'ufficiale dello stato civile cui si domanda la pubblicazione provvede a chiederla agli ufficiali degli altri comuni nei quali la pubblicazione deve farsi. Essi devono trasmettere all'ufficiale dello stato civile richiedente il certificato dell'eseguita pubblicazione. 
Art. 95 Durata della pubblicazione 
L'atto di pubblicazione resta affisso alla porta della casa comunale almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive (100, 115, 138). 
Art. 96 Richiesta della pubblicazione 
La richiesta della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o da persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico (81, 135). 
Art. 97 Documenti per la pubblicazione 
Chi richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato civile un estratto per riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli sposi, nonché ogni altro documento necessario a provare la libertà degli sposi. 
Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare all'ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la richiesta di pubblicazione, sotto la propria personale responsabilità, che gli sposi non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono il matrimonio a norma dell'art. 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso la lettura chiara e completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con ammonizione delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci. 
La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e sottoscritta dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso. Si applicano le disposizioni degli artt. 20, 24 e 26 della L. 4 gennaio 1968, n. 15. 
In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale di stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto integrale di nascita, l'assenza di impedimento di parentela o di affinità a termini e per gli effetti di cui all'art. 87. 
Qualora i richiedenti non presentino i documenti necessari, l'ufficiale di stato civile provvede su loro domanda a richiederli. 
(l) Articolo cosi modificato dalla L. 19 maggio 1971, n. 423 e successivamente dalla L. 19 maggio 1975, n. 151. 
Art. 98 Rifiuto della pubblicazione 
L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto (112,138). 
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti). 
Art. 99 Termine per la celebrazione del matrimonio 
Il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo compiuta la pubblicazione. 
Se il matrimonio non è celebrato nei centottanta giorni successivi, la pubblicazione si considera come non avvenuta. 
Art. 100 Riduzione del termine e omissione della pubblicazione 
Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può ridurre, per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso la riduzione del termine è dichiarata nella pubblicazione. 
Può anche autorizzare, con le stesse modalità, per cause gravissime, l'omissione della pubblicazione, quando venga presentato un atto di notorietà con il quale quattro persone, ancorché parenti degli sposi, dichiarano con giuramento, davanti al pretore del mandamento di uno degli sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente il nome e cognome, la professione e la residenza dei medesimi e dei loro genitori, e assicurano sulla loro coscienza che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli artt. 85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio. 
Il pretore deve far precedere all'atto di notorietà la lettura di detti articoli e ammonire i dichiaranti sull'importanza della loro attestazione e sulla gravità delle possibili conseguenze. 
Quando è stata autorizzata la omissione della pubblicazione, gli sposi, per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio, devono presentare all'ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di autorizzazione, gli atti previsti dall'art. 97. 
Art. 101 Matrimonio in imminente pericolo di vita 
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione del matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso al matrimonio, se questo è richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa (86, 87). 
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il modo con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita (Cod. Nav. 204, 834). 
Sezione III 
Delle opposizioni al matrimonio 
Art. 102 Persone che possono fare opposizione 
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro il terzo grado (76) possono fare opposizione al matrimonio dei loro parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione. 
Se uno degli sposi è soggetto a tutela (343 e seguenti) o a cura (390 e seguenti), il diritto di fare opposizione compete anche al tutore o al curatore. 
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole contrarre un altro matrimonio. 
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il diritto di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto (149), ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo (117 e seguenti), a colui col quale il matrimonio era stato contratto e ai parenti di lui. 
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o se gli consta l'infermità di mente di uno degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'età, non possa essere promossa l'interdizione (414 e seguenti). 
Art. 103 Atto di opposizione 
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e contenere l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale 
L'atto deve essere notificato nella forma della citazione (Cod. Proc. Civ. 137, 163) agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del comune nel quale il matrimonio deve essere celebrato. 
Art. 104 Effetti dell'opposizione 
L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalla legge, sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con sentenza passata in giudicato sia rimossa l'opposizione. 
Se l'opposizione è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente o il pubblico ministero, può essere condannato al risarcimento dei danni. 
Art. 105 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis) 
Sezione IV 
Della celebrazione del matrimonio 
Art. 106 Luogo della celebrazione 
Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale (110) davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione (94, 109). 
Art. 107 Forma della celebrazione 
Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio. 
L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione. 
Art. 108 Inapponibilità di termini e condizioni 
La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta ne a termine ne a condizione (1353). 
Se le parti aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale dello stato civile non può procedere alla celebrazione del matrimonio. Se ciò nonostante il matrimonio è celebrato, il termine e la condizione si hanno per non apposti (138). 
Art. 109 Celebrazione in un comune diverso 
Quando vi è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio in un comune diverso da quello indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello stato civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma dell'art. 99, richiede per iscritto l'ufficiale del luogo dove il matrimonio si deve celebrare. 
La richiesta è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso inserita. Nel giorno successivo alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale davanti al quale esso fu celebrato invia, per la trascrizione, copia autentica dell'atto all'ufficiale da cui fu fatta la richiesta. 
Art. 110 Celebrazione fuori della casa comunale 
Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di recarsi alla casa comunale, l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui si trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro testimoni, procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'art. 107. 
Art. 111 Celebrazione per procura 
I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio per procura. 
La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno degli sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. 
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre. 
La procura deve essere fatta per atto pubblico (2699); i militari e le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali ad essi consentite. 
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata. 
La coabitazione, anche temporanea dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall'altro coniuge al momento della celebrazione. 
Art. 112 Rifiuto della celebrazione 
L'ufficiale dello stato civile non può rifiutare la celebrazione del matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge. 
Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi (98,138). 
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti). 
Art. 113 Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale dello stato civile 
Si considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il matrimonio che sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza avere la qualità di ufficiale dello stato civile, ne esercitava pubblicamente le funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione, abbiano saputo che la detta persona non aveva tale qualità. 
Art. 114 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali (omissis) 
Sezione V 
Del matrimonio dei cittadini in paese straniero e degli stranieri nello Stato 
Art. 115 Matrimonio del cittadino all'estero 
Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite (84 e seguenti). 
La pubblicazione deve anche farsi nello Stato a norma degli artt. 93, 94 e 95. Se il cittadino non risiede nello Stato, la pubblicazione si fa nel comune dell'ultimo domicilio (43). 
Art. 116 Matrimonio dello straniero nello Stato 
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio. 
Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli artt. 85, 86, 87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89. 
Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre far fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice (93 e seguenti). 
Sezione VI 
Della nullità del matrimonio 
Art. 117 Matrimonio contratto con violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88 
Il matrimonio contratto con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può essere impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale (125,127). 
Il matrimonio contratto con violazione dell'art. 84 può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero. La relativa azione di annullamento può essere proposta personalmente dal minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età. La domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni caso sia accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale. 
Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere impugnato finché dura l'assenza. 
Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del quarto comma dell'art. 87, il matrimonio non può essere impugnato dopo un anno dalla celebrazione. 
La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche nel caso di nullità del matrimonio previsto dall'art. 68. 
Art. 118 (abrogato) 
Art. 119 Interdizione 
Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche dalla persona che era interdetta. 
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi è stata coabitazione per un anno. 
Art. 120 Incapacità di intendere o di volere 
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio. 
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle facoltà mentali. 
Art. 121 (abrogato) 
Art. 122 Violenza ed errore 
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo. 
Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge. 
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se l'avesse esattamente conosciute e purché l'errore riguardi: 
l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale; 
l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile; 
la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale; 
la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile; 
lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'art. 233, se la gravidanza è stata portata a termine. 
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l'errore. 
Art. 123 Simulazione 
Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso discendenti. 
L'azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima. 
Art. 124 Vincolo di precedente matrimonio 
Il coniuge può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro coniuge; se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale questione deve essere preventivamente giudicata (86, 117). 
Art. 125 Azione del pubblico ministero 
L'azione di nullità non può essere promossa dal pubblico ministero dopo la morte di uno dei coniugi. 
Art. 126 Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio 
Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio, il Tribunale può, su istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea durante il giudizio; può ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o uno di essi sono minori o interdetti. 
Art. 127 Intrasmissibilità dell'azione 
L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore. 
Art. 128 Matrimonio putativo 
Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi. 
Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità. 
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli. 
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto. 
Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito. 
Art. 129 Diritti dei coniugi in buona fede 
Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il giudice può disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze. 
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, si applica l'art. 155. 
Art. 129 bis Responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo 
Il coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio, è tenuto a corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia annullato, una congrua indennità, anche in mancanza di prova del danno sofferto. L'indennità deve comunque comprendere una somma corrispondente al mantenimento per tre anni. E' tenuto altresì a prestare gli alimenti al coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati. 
Il terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è annullato, l'indennità prevista nel comma precedente. 
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel determinare la nullità del matrimonio è solidalmente responsabile con lo stesso per il pagamento dell'indennità. 
Sezione VII 
Delle prove della celebrazione del matrimonio 
Art. 130 Atto di celebrazione del matrimonio 
Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile. 
Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione. 
Art. 131 Possesso di stato 
Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del matrimonio, sana ogni difetto di forma. 
Art. 132 Mancanza dell'atto di celebrazione 
Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile l'esistenza del matrimonio può essere provata a norma dell'art. 452. 
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale o per un caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non è stato inserito nei registri a ciò destinati, la prova dell'esistenza del matrimonio è ammessa, sempre che risulti in modo non dubbio un conforme possesso di stato. 
Art. 133 Prova della celebrazione risultante da sentenza penale 
Se la prova della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza penale, l'iscrizione della sentenza nel registro dello stato civile assicura al matrimonio, dal giorno della sua celebrazione, tutti gli effetti riguardo tanto ai coniugi quanto ai figli. 
Sezione VIII 
Disposizioni penali 
Art. 134 Omissione di pubblicazione 
Sono puniti con l'ammenda da L. 80.000 a L. 400.000 gli sposi e l'ufficiale dello stato civile che hanno celebrato matrimonio senza che la celebrazione sia stata preceduta dalla prescritta pubblicazione (93 e seguenti). 
Art. 135 Pubblicazione senza richiesta o senza documenti 
E' punito con l'ammenda da L. 40.000 a L. 200.000 l'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla pubblicazione di un matrimonio senza la richiesta di cui all'art. 96 o quando manca alcuno dei documenti prescritti dal primo comma dell'art. 97. 
Art. 136 Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile 
L'ufficiale dello stato civile che procede alla celebrazione del matrimonio, quando vi osta qualche impedimento o divieto di cui egli ha notizia, è punito con l'ammenda da L. 100.000 a L. 600.000. 
Art. 137 Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza dei testimoni 
E' punito con l'ammenda da L. 60.000 a L. 400.000 l'ufficiale dello stato civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era competente (106). 
La stessa pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei testimoni. 
Art. 138 Altre infrazioni 
E' punito con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale dello stato civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli artt. 93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra infrazione per cui non sia stabilita una pena speciale in questa sezione. 
Art. 139 Cause di nullità note a uno dei coniugi 
Il coniuge il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa di nullità del matrimonio, l'abbia lasciata ignorare all'altro, è punito, se il matrimonio è annullato, con l'ammenda da L. 200.000 a L. 1.000.000. 
Art. 140 Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze 
La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'art. 89, l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con l'ammenda da L. 100.000 a L. 200.000. 
Art. 141 Competenza 
I reati previsti nei precedenti articoli sono di competenza del tribunale. 
NOTA Le contravvenzioni indicate negli articoli precedenti sono diventati illeciti amministrativi. Vedere Leggi Speciali. 
Art. 142 Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni 
Le disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti ivi contemplati non costituiscono reato più grave. 
Capo IV 
Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio 
Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi 
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. 
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione (Cod. Pen. 570). 
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. 
Art. 143 bis Cognome della moglie 
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze. 
Art. 143 ter (abrogato) 
Art. 144 Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia 
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. 
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato. 
Art. 145 Intervento del giudice 
In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l'intervento del giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una soluzione concordata. 
Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerne la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non impugnabile, la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze dell'unità e della vita della famiglia. 
Art. 146 Allontanamento dalla residenza familiare 
Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'art. 143 è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi (Cod. Pen. 570) senza giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi. 
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare. 
Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli artt. 143, terzo comma, e 147. 
Art. 147 Doveri verso i figli 
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. 
Art. 148 Concorso negli oneri 
I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. 
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole. 
Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo (Cod. Proc. Civ. 474), ma le parti ed il terzo debitore, possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. 
L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili. 
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento. 
Capo V 
Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi 
Art. 149 Scioglimento del matrimonio 
Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge. 
Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi dell'art. 82 o dell'art. 83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge. 
Art. 150 Separazione personale 
E' ammessa la separazione personale dei coniugi. 
La separazione può essere giudiziale o consensuale. 
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi. 
Art. 151 Separazione giudiziale 
La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole. 
Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio. 
Art. 152-153 (abrogati) 
Art. 154 Riconciliazione 
La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta. 
Art. 155 Provvedimenti riguardo ai figli 
Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. 
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi. 
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. 
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli. 
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale. 
In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nella impossibilità, in un istituto di educazione (Cod. Proc. Civ. 710). 
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice. 
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo. 
NOTA Il quarto comma dell’art.155 è stato dichiarato in parte illegittimo dalla Corte Costituzionale (Sent. 454 del 19-27 luglio 1989). 
Art. 156 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi 
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. 
L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato. 
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433 e seguenti. 
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall'art. 155. 
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'art. 2818. 
In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto. 
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti. 
Art. 156 bis Cognome della moglie 
Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle grave pregiudizio. 
Art. 157 Cessazione degli effetti della separazione 
I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con un'espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione. 
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione. 
Art. 158 Separazione consensuale 
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice (Cod. Proc. Civ. 710-711) 
Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione. 
Capo VI 
Del regime patrimoniale della famiglia 
Sezione I 
Disposizioni generali 
Art. 159 Del regime patrimoniale legale tra i coniugi 
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione stipulata a norma dell'art. 162, è costituito dalla comunione dei beni regolata dalla sezione III del presente capo. 
Art. 160 Diritti inderogabili 
Gli sposi non possono derogare, né ai diritti né ai doveri provvisti dalla legge per effetto del matrimonio. 
Art. 161 Riferimento generico a leggi o agli usi 
Gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti. 
Art. 162 Forma delle convenzioni matrimoniali 
Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullità. 
La scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata nell'atto di celebrazione del matrimonio. 
Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, ferme restando le disposizioni dell'art. 194. 
Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a margine dell'atto di matrimonio non risultano annotati la data del contratto, il notaio rogante e le generalità dei contraenti, ovvero la scelta di cui al secondo comma. 
Art. 163 Modifica delle convenzioni 
Le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico non è stipulato col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni medesime, o dei loro eredi. 
Se uno dei coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla modifica delle convenzioni, questa produce i suoi effetti se le altre parti esprimono anche successivamente il loro consenso, salva l'omologazione del giudice. L'omologazione può essere chiesta da tutte le persone che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni o dai loro eredi. 
Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto del matrimonio. 
L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione delle convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma degli artt. 2643 e seguenti. 
Art. 164 Simulazione delle convenzioni matrimoniali 
E' consentita ai terzi la prova della simulazione delle convenzioni matrimoniali (1417). 
Le controdichiarazioni scritte possono aver effetto nei confronti di coloro tra i quali sono intervenute, solo se fatte con la presenza ed il simultaneo consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni matrimoniali. 
Art. 165 Capacità del minore 
Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'art. 90. 
Art. 166 Capacità dell'inabilitato 
Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di matrimonio dall'inabilitato (415) o da colui contro il quale è stato promosso giudizio di inabilitazione, è necessaria l'assistenza del curatore già nominato. Se questi non è stato ancora nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale. 
Art. 166-bis Divieto di costituzione di dote 
E' nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in dote. 
Sezione II 
Del fondo patrimoniale 
Art. 167 Costituzione del fondo patrimoniale 
Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia. 
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi. L'accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore. 
La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio. 
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo. 
Art. 168 Impiego ed amministrazione del fondoLa proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione. 
I frutti (820) dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati per i bisogni della famiglia. 
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all'amministrazione della comunione legale. 
Art. 169 Alienazione dei beni del fondo 
Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità o di utilità evidente. 
Art. 170 Esecuzione sui beni e sui frutti 
L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. 
Art. 171 Cessazione del fondo 
La destinazione del fondo termina a seguito dell'annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. 
Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell'ultimo figlio. In tale caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del fondo. 
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo. 
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale. 
Art. 172-176 (abrogati) 
Sezione III 
Della comunione legale 
Art. 177 Oggetto della comunione 
Costituiscono oggetto della comunione: 
gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; 
i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; 
i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati; 
le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. 
Qualora. si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi. 
Art. 178 Beni destinati all'esercizio di impresa 
I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa. 
Art. 179 Beni personali 
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge: 
i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento; 
i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione; 
i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; 
i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione; 
i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa; 
i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto (2647). 
L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'art. 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lett. c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge. 
Art. 180 Amministrazione dei beni della comunione 
L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi. 
Il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi. 
Art. 181 Rifiuto di consenso 
Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lett. d) dell'art. 177 fa parte della comunione. 
Art. 182 Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi 
In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro, in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico (2699) o da scrittura privata autenticata (2703), può compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è richiesto, a norma del l'art. 180, il consenso di entrambi i coniugi. 
Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari all'attività dell'impresa. 
Art. 183 Esclusione dall'amministrazione 
Se uno dei coniugi è minore o non può amministrare ovvero se ha male amministrato, l'altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo dall'amministrazione. 
Il coniuge privato dell'amministrazione può chiedere al giudice di esservi reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno determinato l'esclusione. 
La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e permane sino a quando non sia cessato lo stato di interdizione. 
Art. 184 Atti compiuti senza il necessario consenso 
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'art. 2683. 
L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno (2964) dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso. 
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostruire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione. 
Art. 185 Amministrazione dei beni personali del coniuge 
All'amministrazione dei beni che non rientrano nella comunione o nel fondo patrimoniale si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell'art. 217. 
Art. 186 Obblighi gravanti sui beni della comunione 
I beni della comunione rispondono: 
di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto; 
di tutti i carichi dell'amministrazione; 
delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia; 
di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi. 
Art. 187 Obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio 
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio. 
Art. 188 Obbligazioni derivanti da donazioni o successioni 
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non rispondono delle obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione. 
Art. 189 Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi 
I beni della comunione fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi sui beni personali delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio, da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell'altro. 
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato. Ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori della comunione. 
Art. 190 Responsabilità sussidiaria dei beni personali 
I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti. 
Art. 191 Scioglimento della comunione 
La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta, di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi. 
Nel caso di azienda di cui alla lett. d) dell'art. 177, lo scioglimento della comunione può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma prevista dall'art. 162. 
Art. 192 Rimborsi e restituzioni 
Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'art. 186. 
E' tenuto altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'art. 189, a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia. 
Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune. 
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente. 
Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si applica il quarto comma. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili. 
Art. 193 Separazione giudiziale dei beni 
La separazione giudiziale dei beni può essere pronunziata in caso di interdizione (417) o di inabilitazione (414) di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della comunione. 
Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze o capacità di lavoro. 
La separazione può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante. 
La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui è stata proposta la domanda ed ha l'effetto di instaurare il regime di separazione dei beni regolato nella sezione V del presente capo, salvi i diritti dei terzi. 
La sentenza è annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale delle convenzioni matrimoniali (2653). 
Art. 194 Divisione dei beni della comunione 
La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti eguali l'attivo e il passivo. 
Il giudice, in relazione alle necessità della prole e all'affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l'usufrutto su una parte dei beni spettanti all'altro coniuge. 
Art. 195 Prelevamento dei beni mobili 
Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione. In mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano parte della comunione. 
Art. 196 Ripetizione del valore in caso di mancanza delle cose da prelevare 
Se non si trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno diritto di prelevare a norma dell'articolo precedente essi possono ripeterne il valore, provandone l'ammontare anche per notorietà, salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge. 
Art. 197 Limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi 
Il prelevamento autorizzato dagli articoli precedenti non può farsi, a pregiudizio dei terzi, qualora la proprietà individuale dei beni non risulti da atto avente data certa (2702, 2704). E' fatto salvo al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della comunione spettanti all'altro coniuge nonché sugli altri beni di lui. 
Art. 198-209 (abrogati) 
Sezione IV 
Della comunione convenzionale 
Art. 210 Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni 
I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'art. 162, modificare il regime della comunione legale dei beni purché i patti non siano in contrasto con le disposizioni dell'art. 161. 
I beni indicati alle lett. c), d) ed e), dell'art. 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale. 
Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale. 
Art. 211 Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio 
I beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei beni di proprietà del coniuge stesso prima del matrimonio che, in base a convenzione stipulata a norma dell'art. 162, sono entrati a far parte della comunione dei beni. 
Art. 212-214 (abrogati) 
Sezione V 
Del regime di separazione dei beni 
Art. 215 
I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. 
Art. 216 (abrogato) 
Art. 217 Amministrazione e godimento dei beni 
Ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui è titolare esclusivo. 
Se ad uno dei coniugi è stata conferita la procura ad amministrare i beni dell'altro con l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli è tenuto verso l'altro coniuge secondo le regole del mandato (1710, 1718). 
Se uno dei coniugi ha amministrato i beni dell'altro con procura senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli ed i suoi eredi, a richiesta dell'altro coniuge o allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i frutti esistenti e non rispondono per quelli consumati. 
Se uno dei coniugi, nonostante l'opposizione dell'altro, amministra i beni di questo o comunque compie atti relativi a detti beni risponde dei danni e della mancata percezione dei frutti. 
Art. 218 Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge 
Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte le obbligazioni dell'usufruttuario (1001). 
Art. 219 Prova della proprietà dei beni 
Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la proprietà esclusiva di un bene. 
I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi. 
Art. 220-230 (abrogati) 
Sezione VI 
Dell'impresa familiare 
Art. 230-bis Impresa familiare 
Salvo che configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità alla qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi. 
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo. 
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. 
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice. 
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell'art. 732. 
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura (2140) sono regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme. 
Titolo VII 
Della filiazione 
Capo I 
Dello Stato di figlio legittimo 
Sezione I 
Dello stato di figlio legittimo 
Art. 231 Paternità del marito 
Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio. 
Art. 232 Presunzione di concepimento durante il matrimonio 
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio. 
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente. 
Art. 233 Nascita del figlio prima dei centottanta giorni 
Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità. 
Art. 234 Nascita del figlio dopo i trecento giorni 
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio. 
Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente. 
In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo. 
Art. 235 Disconoscimento di paternità 
L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti: 
se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita; 
se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare; 
se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibile con quello del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità. 
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità. 
L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre. 
Sezione II 
Delle prove della filiazione legittima 
Art. 236 Atto di nascita e possesso di stato 
La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile. 
Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio legittimo. 
Art. 237 Fatti costitutivi del possesso di stato 
Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazioni e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere. 
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti: 
che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere; 
che il padre l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa; 
che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali; 
che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia. 
Art. 238 Atto di nascita conforme al possesso di stato 
Salvo quanto disposto dagli artt. 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all'atto stesso. 
Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita. 
Art. 239 Supposizione di parto o sostituzione di neonato 
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato (Cod. Pen. 566 e seguenti), ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso, dando la prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell'art. 241. 
Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette. 
Art. 240 Mancanza dell'atto di matrimonio 
La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio (130), qualora la stessa legittimità sia provata da un possesso di stato (237) che non sia in opposizione con l'atto di nascita. 
Art. 241 Prova con testimoni 
Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il figlio fu iscritto sotto falsi nomi (Cod. Pen. 495) o come nato da genitori ignoti, la prova della filiazione può darsi col mezzo di testimoni. 
Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto (242), ovvero quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare l'ammissione della prova. 
Art. 242 Principio di prova per iscritto 
Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia. 
Art. 243 Prova contraria 
La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando risulta provata la maternità. 
Sezione III 
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità 
Art. 244 Termini dell'azione di disconoscimento 
L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio. 
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare (144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia. 
L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento. 
L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore. 
NOTA Il secondo comma è stato dichiarato in parte illegittimo dalla Corte Costit. (sentenza 134 del 2 maggio 1985). 
Art. 245 Sospensione del termine 
Se la parte interessata a promuovere l'azione di disconoscimento della paternità si trova in stato di interdizione per infermità di mente (414), la decorrenza del termine indicato nell'articolo precedente è sospesa, nei suoi confronti, sino a che dura lo stato di interdizione. L'azione può tuttavia essere promossa dal tutore. 
Art. 246 Trasmissibilità dell'azione 
Se il titolare dell'azione di disconoscimento della paternità muore senza averla promossa, ma prima che ne sia decorso il termine, sono ammessi ad esercitarla in sua vece: 
nel caso di morte del presunto padre o della madre, i discendenti e gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo; 
nel caso di morte del figlio, il coniuge o i discendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. 
Art. 247 Legittimazione passiva 
Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti (Cod. Proc. Civ. 102) necessari nel giudizio di disconoscimento. 
Se una delle parti è minore o interdetta, l'azione è proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso. 
Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato, l'azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudice. 
Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti l'azione si propone nei confronti delle persone indicate nell'articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice. 
Art. 248 Legittimazione all'azione di contestazione della legittimità. Imprescrittibilità 
L'azione per contestare la legittimità spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse. 
L'azione è imprescrittibile. 
Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo precedente. 
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori (Cod. Proc. Civ. 70, 102, 715). 
Art. 249 Reclamo della legittimità 
L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori, e, in loro mancanza, contro i loro eredi (att. 121). 
L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio. 
Capo II 
Della filiazione naturale e della legittimazione 
Sezione I 
Della filiazione naturale 
§1 Del riconoscimento dei figli naturali 
Art. 250 Riconoscimento 
Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'art. 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente. 
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso. 
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. 
Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante. 
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età. 
Art. 251 Riconoscimento di figli incestuosi 
I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela (74) anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità (78) in linea retta, non possono essere riconosciuti (128, 278) dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui. 
Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. 
Art. 252 Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima 
Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale. 
L'eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore. 
Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima è subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio naturale. 
E' altresì richiesto il consenso dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. 
Art. 253 Inammissibilità del riconoscimento 
In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova. 
Art. 254 Forma del riconoscimento 
Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento (587), qualunque sia la forma di questo. 
La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico (2699) o in un testamento (587) importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo. 
Art. 255 Riconoscimento di un figlio premorto 
Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto in favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti. 
Art. 256 Irrevocabilità del riconoscimento 
Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato. 
Art. 257 Clausole limitatrici 
E' nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento. 
Art. 258 Effetti del riconoscimento 
Il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge. 
L'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto. 
Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con l'ammenda da lire ventimila a lire ottantamila. Le indicazioni stesse devono essere cancellate. 
Art. 259-260 (abrogati) 
Art. 261 Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento 
Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi. 
Art. 262 Cognome del figlio 
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre. 
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. 
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre. 
Art. 263 Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità 
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse. 
L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione (280 e seguenti). 
L'azione è imprescrittibile. 
Art. 264 Impugnazione da parte del riconosciuto 
Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato d'interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento. 
Tuttavia il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale (715). 
Art. 265 Impugnazione per violenza 
Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore del riconoscimento entro un anno (2964) dal giorno in cui la violenza è cessata. 
Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore (267). 
Art. 266 Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale 
Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva da interdizione giudiziale (414 e seguenti) dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca (267). 
Art. 267 Trasmissibilità dell'azione 
Nei casi indicati dagli artt. 265 e 266, se l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che sia scaduto il termine, l’azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi. 
Art. 268 Provvedimenti in pendenza del giudizio 
Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell'interesse del figlio. 
§ 2 Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale 
Art. 269 Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità 
La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. 
La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo. 
La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui ce fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre. 
La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale. 
Art. 270 Legittimazione attiva e termine 
L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio. 
Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali (258) riconosciuti, entro due anni dalla morte. 
L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti. 
Art. 271-272 (abrogati) 
Art. 273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto 
L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'art. 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale. 
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni. 
Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice. 
Art. 274 Ammissibilità dell'azione 
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata. 
Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso (Cod. Proc. Civ. 125, 737) di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio. 
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine dell'inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative. 
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio. 
Art. 275 (abrogato) 
Art. 276 Legittimazione passiva 
La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi (Cod. Proc. Civ. 102). 
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse. 
Art. 277 Effetti della sentenza 
La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento (258 e seguenti). 
Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui. 
Art. 278 Indagini sulla paternità o maternità 
Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'art. 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato. 
Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento (Cod. Pen. 519, 523 e seguenti). 
Art. 279 Responsabilità per il mantenimento e l'educazione 
In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, I'istruzione e l'educazione (580, 594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti. 
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'art. 274. 
L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà. 
Sezione II 
Della legittimazione dei figli naturali 
Art. 280 Legittimazione 
La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo. 
Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice. 
Art. 281 Divieto di legittimazione 
Non possono essere legittimati i figli che non possono essere riconosciuti (251). 
Art. 282 Legittimazione dei figli premorti 
La legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in favore dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti. 
Art. 283 Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio 
I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio. 
Art. 284 Legittimazione per provvedimento del giudice 
La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni: 
che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'art. 250; 
che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio; 
che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato; 
che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto. 
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di eta superiore ai sedici anni. 
Art. 285 Condizione per la legittimazione dopo la morte dei genitori 
Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel n. 2 dell'articolo precedente. 
In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti, e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti, del genitore entro il quarto grado. 
Art. 286 Legittimazione domandata dall'ascendente 
La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto (250, 277) può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare (att. 124). 
Art. 287 Legittimazione in base alla procura per il matrimonio 
Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura, quando concorrono le condizioni per la legittimazione per susseguente matrimonio la legittimazione dei figli naturali con provvedimento del giudice può essere domandata in base alla procura a contrarre il matrimonio, se questo non poté essere celebrato per la sopravvenuta morte del mandante. 
Quando i figli sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione è necessario che dalla procura risulti la volontà di riconoscerli o di legittimarli. 
Art. 288 Procedura 
La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza. 
Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) sulla domanda di legittimazione. 
Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla Corte d'appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. 
In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all'atto di nascita del figlio. 
Art. 289 Azioni esperibili dopo la legittimazione 
La legittimazione per provvedimento del giudice non impedisce l'azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel n. 1 dell'art. 284, negli artt. 285, 286 e 287, ferma restando la disposizione dell'art. 263. 
Se manca la condizione indicata nel n. 3 dell'art. 284 la contestazione può essere promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato l'assenso. 
Art. 290 Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento del giudice 
La legittimazione per provvedimento del giudice produce gli stessi effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, ma soltanto dalla data del provvedimento e nei confronti del genitore riguardo al quale la legittimazione è stata concessa. 
Se il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli effetti risalgono alla data della morte, purché la domanda di legittimazione non sia stata presentata dopo un anno da tale data. 
Titolo VIII 
Dell'adozione di persone maggiori di età 
Capo I 
Dell'adozione di persone maggiori di età e dei suoi effetti 
Art. 291 Condizioni 
L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati, che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono adottare. 
Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trent'anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente. 
Art. 292 Divieto di adozione per diversità di razza (abrogato) 
Art. 293 Divieto d'adozione di figli nati fuori del matrimonio 
I figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori. 
Art. 294 Pluralità di adottati o di adottanti 
E' ammessa l'adozione di più persone anche con atti successivi. 
Nessuno può essere adottato da più di una persona, salvo che i due adottanti siano marito e moglie. 
Art. 295 Adozione da parte del tutore 
Il tutore non può adottare la persona (414) della quale ha avuto la tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua amministrazione, sia stata fatta la consegna dei beni e siano state estinte le obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea garanzia per il loro adempimento (385 e seguenti). 
Art. 296 Consenso per l'adozione 
Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando (298, 311 e seguenti). 
Se l'adottando non ha compiuto la maggiore età il consenso è dato dal suo legale rappresentante. 
Art. 297 Assenso del coniuge o dei genitori 
Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori dell'adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se coniugati e non legalmente separati. 
Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga. ll rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei genitori esercenti la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante o dell'adottando. Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo. 
Art. 298 Decorrenza degli effetti dell'adozione 
L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto che la pronunzia. 
Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro consenso. 
Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso e prima dell'emanazione del decreto, si può procedere al compimento degli atti necessari per l'adozione. 
Gli eredi dell'adottante possono presentare alla corte memorie e osservazioni per opporsi all'adozione. 
Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante. 
Art. 299 Cognome dell'adottato 
L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. 
L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dei propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante. 
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome del marito. 
Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, I'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei. 
Art. 300 Diritti e doveri dell'adottato 
L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine (315 e seguenti), salve le eccezioni stabilite dalla legge. 
L'adozione non induce alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato né tra l'adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni stabilite dalla legge (87). 
Art. 301-303 (abrogati) 
Art. 304 Diritti di successione 
L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto di successione (567). 
I diritti dell'adottato nella successione dell'adottante sono regolati dalle norme contenute nel libro II (468, 536, 567). 
Art. 305 Revoca dell'adozione 
L'adozione si può revocare soltanto nei casi preveduti dagli articoli seguenti (att. 352, 127). 
Art. 306 Revoca per indegnità dell'adottato 
La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni. 
Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti. 
Art. 307 Revoca per indegnità dell'adottante 
Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunziata su domanda dell'adottato. 
Art. 308 (abrogato) 
Art. 309 Decorrenza degli effetti della revoca 
Gli effetti dell'adozione (298 e seguenti) cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca. 
Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante (463 e seguenti.). 
Art. 310 (abrogato) 
Capo II 
Delle forme dell'adozione di persone di maggiore età 
Art. 311 Manifestazione del consenso 
Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del legale rappresentante di questo, deve essere manifestato personalmente al presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante ha la residenza. 
L'assenso delle persone indicate negli artt. 296 e 297 può essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. 
Art. 312 Accertamenti del tribunale 
Il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica: 
se tutte le condizioni della legge sono state adempiute; 
se l'adozione conviene all'adottando. 
Art. 313 Provvedimento del tribunale 
Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con decreto motivato decidendo di far luogo o non far luogo all'adozione. 
L'adottante, il pubblico ministero, l’adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del tribunale con reclamo alla corte di appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. 
Art. 314 Pubblicità 
Il decreto che pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, è trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice dell'impugnazione, su apposito registro e comunicato all'ufficiale di stato civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato. 
Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in giudicato. 
L'autorità giudiziaria può inoltre ordinare la pubblicazione del decreto che pronunzia l'adozione o della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni. 
Titolo IX 
Della potestà dei genitori 
Art. 315 Doveri del figlio verso i genitori 
Il figlio (231 e seguenti) deve rispettare i genitori e deve contribuire in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa. 
Art. 316 Esercizio della potestà dei genitori 
Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o alla emancipazione (2, 390) 
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi (155, 317, 327, 343) i genitori. 
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. 
Se sussiste un incombente pericolo di grave pregiudizio per il figlio, il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili (322). 
Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio. 
Art. 317 Impedimento di uno dei genitori 
Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile ad uno dei genitori l'esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo dall'altro. 
La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, i figli vengono affidati ad uno di essi. L'esercizio della potestà è regolato, in tali casi, secondo quanto disposto nell'art. 155. 
Art. 317-bis Esercizio della potestà 
Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui. 
Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, I'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'art. 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore. 
Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore. 
Art. 318 Abbandono della casa del genitore 
Il figlio non può abbandonare la casa dei genitori o del genitore che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se ne allontani senza il permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice tutelare. 
Art. 319 (abrogato) 
Art. 320 Rappresentanza e amministrazione 
I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore (322). 
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell'art. 316. 
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali (1572) o compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare. 
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego. 
L'esercizio di una impresa commerciale (2195) non può essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Questi può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sulla istanza (2198). 
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all'altro genitore. 
Art. 321 Nomina di un curatore speciale 
In tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà 1155), non possono o non vogliono compiere uno o più atti di interesse del figlio, eccedente l'ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse, e sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti. 
Art. 322 Inosservanza delle disposizioni precedenti 
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa. 
Art. 323 Atti vietati ai genitori 
I genitori esercenti la potestà sui figli non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore. 
Gli atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente possono essere annullati (1422) su istanza del figlio o dei suoi eredi o aventi causa. 
I genitori esercenti la potestà non possono diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore (1261). 
Art. 324 Usufrutto legale 
I genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio. 
I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all'istruzione ed educazione dei figli. 
Non sono soggetti ad usufrutto legale: 
i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro; 
i beni lasciati o donati (587, 769) al figlio per intraprendere una carriera, un'arte o una professione; 
i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima (537); 
i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione, I'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui. 
Art. 325 Obblighi inerenti all'usufrutto legale 
Gravano sull'usufrutto legale gli obblighi propri dell'usufruttuario (1001). 
Art. 326 Inalienabilità dell'usufrutto legale. Esecuzione sui frutti. 
L'usufrutto legale non può essere oggetto di alienazione, di pegno o di ipoteca né di esecuzione da parte dei creditori. 
L'esecuzione sui frutti dei beni del figlio da parte dei creditori dei genitori o di quello di essi che ne è titolare esclusivo non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. 
Art. 327 Usufrutto legale di uno solo dei genitori 
Il genitore che esercita in modo esclusivo la potestà è il solo titolare dell'usufrutto legale. 
Art. 328 Nuove nozze 
Il genitore che passa a nuove nozze conserva l'usufrutto legale, con l'obbligo tuttavia di accantonare in favore del figlio quanto risulti eccedente rispetto alle spese per il mantenimento, I'istruzione e l'educazione di quest'ultimo. 
Art. 329 Godimento dei beni dopo la cessazione dell'usufrutto legale 
Cessato l'usufrutto legale, se il genitore ha continuato a godere i beni del figlio convivente con esso senza procura ma senza opposizione, o anche con procura ma senza l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli o i suoi eredi non sono tenuti che a consegnare i frutti esistenti al tempo della domanda. 
Art. 330 Decadenza dalla potestà sui figli 
Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri (147; Cod. Pen. 570) ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. 
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare. 
Art. 331 (abrogato) 
Art. 332 Reintegrazione nella potestà 
Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, e escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio. 
Art. 333 Condotta del genitore pregiudizievole ai figli 
Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare. 
Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento. 
Art. 334 Rimozione dall'amministrazione 
Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale. 
L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione di entrambi i genitori. 
Art. 335 Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione 
Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale nell'esercizio dell'una o nel godimento dell'altro, quando sono cessati i motivi che hanno provocato il provvedimento (336; att. 382, 51). 
Art. 336 Procedimento 
I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti (77) o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. 
Il tribunale provvede in camera di consiglio (Cod. Proc. Civ. 737) assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento e richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. 
In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio. 
Art. 337 Vigilanza del giudice tutelare 
Il giudice tutelare deve vigilare sull'osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l'esercizio della potestà e per l'amministrazione dei beni. 
Art. 338-341 (abrogati) 
Art. 342 Nuove nozze del genitore non ariano (abrogato) 
Titolo X 
Della tutele e dell'emancipazione 
Capo I 
Della tutela dei minori 
Art. 343 Apertura della tutela 
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori, si apre la tutela presso la pretura del mandamento dove è la sede principale degli affari e interessi del minore (att. 129). 
Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro mandamento, la tutela può essere ivi trasferita con decreto del tribunale. 
Sezione I 
Del giudice tutelare 
Art. 344 Funzioni del giudice tutelare 
Presso ogni pretura il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge. 
Il giudice tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni (att. 43 e seguenti). 
Sezione II 
Del tutore e del protutore 
Art. 345 Denunzie al giudice tutelare 
L'ufficiale dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti, e il notaio, che, procede alla pubblicazione (620) di un testamento contenente la designazione di un tutore o di un protutore, devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni. 
Il cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali derivi l'apertura di una tutela. 
I parenti entro il terzo grado (76) devono denunziare al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta anche dalla persona designata quale tutore o protutore entro dieci giorni da quello in cui ha avuto notizia della designazione. 
Art. 346 Nomina del tutore e del protutore 
Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del protutore (348, 354, 360, 389). 
Art. 347 Tutela di più fratelli 
E' nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi tra minori soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un curatore speciale. 
Art. 348 Scelta del tutore 
Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori. La designazione può essere fatta per testamento (587-2), per atto pubblico o per scrittura privata autenticata (2699; 2703). 
Se manca la designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini (74, 78) del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti. 
Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che abbia raggiunto l'età di anni sedici. 
In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'art. 147. 
(5° comma abrogato). 
Art. 349 Giuramento del tutore 
Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza. 
Art. 350 Incapacità all'ufficio tutelare 
Non possono essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio (att. 129): 
coloro che non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio; 
coloro che sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale per ultimo ha esercitato la patria potestà; 
coloro che hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui; 
coloro che sono incorsi nella perdita della patria potestà o nella decadenza da essa, o sono stati rimossi da altra tutela; 
il fallito che non è stato cancellato dal registro dei falliti. 
Art. 351 Dispensa dall'ufficio tutelare 
Sono dispensati dall'ufficio di tutore: 
abrogato; 
il Presidente del Consiglio dei Ministri; 
i membri del Sacro Collegio; 
i Presidenti delle Assemblee legislative: 
i Ministri Segretari di Stato. 
Le persone indicate nei nn. 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice tutelare che non intendono valersi della dispensa. 
Art. 352 Dispensa su domanda 
Hanno diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o dal continuare l'esercizio della tutela (353): 
i grandi ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente; 
gli arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime; 
abrogato; 
i militari in attività di servizio; 
chi ha compiuto gli anni sessantacinque 
chi ha più di tre figli minori; 
chi esercita altra tutela; 
chi è impedito di esercitare la tutela da infermità permanente; 
chi ha missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per ragioni di pubblico servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela. 
Art. 353 Domanda di dispensa 
La domanda di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento, salvo che la causa di dispensa sia sopravvenuta. 
Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio fino a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona. 
Art. 354 Tutela affidata a enti di assistenza 
La tutela dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore o all'ospizio in cui questi e ricoverato (402). L'amministrazione dell'ente o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela (355-2) 
E' tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare un tutore al minore quando la natura o I'entità dei beni o altre circostanze lo richiedono. 
Art. 355 Protutore 
Sono applicabili al protutore le disposizioni stabilite per il tutore in questa sezione. 
Non si nomina il protutore nei casi contemplati nel primo comma dell'art. 354. 
Art. 356 Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore 
Chi fa una donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi è soggetto alla patria potestà, può nominargli un curatore speciale per l'amministrazione dei beni donati o lasciati. 
Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli artt. 374 e 375 per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione. 
Si applica in ogni caso al curatore speciale l'art. 384. 
Sezione III 
Dell'esercizio della tutela 
Art. 357 Funzioni del tutore 
Il tutore ha la cura della persona del minore (371), lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni (362 e seguenti). 
Art. 358 Doveri del minore 
Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore. Egli non può abbandonare la casa o I'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore. 
Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare. 
Art. 359 (abrogato) 
Art. 360 Funzioni del protutore 
Il protutore rappresenta il minore nei casi in cui l'interesse di questo è in opposizione con l'interesse del tutore (380). 
Se anche il protutore si trova in opposizione d'interessi col minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale. 
Il protutore è tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore è venuto a mancare o ha abbandonato l'ufficio. Frattanto egli ha cura della persona del minore, lo rappresenta e può fare tutti gli atti conservativi e gli atti urgenti di amministrazione. 
Art. 361 Provvedimenti urgenti 
Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico ministero, di un parente o di un affine del minore, i provvedimenti urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all'apposizione dei sigilli (Cod. Proc. Civ. 752 e seguenti), nonostante qualsiasi dispensa. 
Art. 362 Inventario 
Il tutore, nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della sua nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante qualsiasi dispensa (363 e seguenti; att. 46-1). 
L'inventario deve essere compiuto nel termine di trenta giorni, salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se le circostanze lo esigono (382). 
Art. 363 Formazione dell'inventario 
L'inventario si fa col ministero del cancelliere della pretura o di un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento del protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti preferibilmente fra i parenti o gli amici della famiglia. 
Il giudice può consentire che l'inventario sia fatto senza ministero di cancelliere o di notaio, se il valore presumibile del patrimonio non eccede quindicimila lire. 
L'inventario è depositato presso la pretura. 
Nel verbale di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la sincerità. 
Art. 364 Contenuto dell'inventario 
Nell'inventario si indicano gli immobili, i mobili, i crediti e i debiti e si descrivono le carte, note e scritture relative allo stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalità stabilite nel codice di procedura civile (Cod. Proc. Civ. 769 e seguenti). 
Art. 365 Inventario di aziende 
Se nel patrimonio del minore esistono aziende commerciali o agricole, si procede con le forme usate nel commercio o nell'economia agraria alla formazione dell'inventario dell'azienda, con l'assistenza e l'intervento delle persone indicate nell'art. 363. Questi particolari inventari sono pure depositati presso la pretura e il loro riepilogo e riportato nell'inventario generale. 
Art. 366 Beni amministrati da curatore speciale 
Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio del minore anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita a un curatore speciale (356). Se questi ha formato un inventario particolare di tali beni, deve rimetterne copia al tutore, il quale lo unirà all'inventario generale. 
Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei conti periodici della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia esonerato. 
Art. 367 Dichiarazione di debiti o crediti del tutore 
Il tutore, che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore, deve esattamente dichiararli prima della chiusura dell'inventario. Il cancelliere o il notaio hanno l'obbligo d'interpellarlo al riguardo. 
Nel caso d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio, il tutore è interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito. 
In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e della dichiarazione del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito (368). 
Art. 368 Omissione della dichiarazione 
Se il tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente interpellato non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto. 
Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia dichiarato fedelmente il proprio debito, può essere rimosso dalla tutela (384). 
Art. 369 Deposito di titoli e valori 
Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore e gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di credito (att. 251 e seguenti) designato dal giudice tutelare, salvo che questi disponga diversamente per la loro custodia. 
Non è tenuto a depositare le somme occorrenti per le spese urgenti di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di amministrazione (357). 
Art. 370 Amministrazione prima dell'inventario 
Prima che sia compiuto l'inventario, I'amministrazione del tutore deve limitarsi agli affari che non ammettono dilazione (361). 
Art. 371 Provvedimenti circa l'educazione e l'amministrazione 
Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, delibera: 
sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno, I'avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni; 
sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e l'istruzione del minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego del reddito eccedente; 
sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende commerciali, che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle relative modalità e cautele. 
Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve domandare l'autorizzazione del tribunale. In pendenza della deliberazione del tribunale il giudice tutelare può consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa (2198; att. 38-2). 
Art. 372 Investimento di capitali 
I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice tutelare, essere dal tutore investiti: 
in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato; 
nell'acquisto di beni immobili posti nello Stato; 
in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nello Stato, o in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a esercitare il credito fondiario; 
in depositi fruttiferi presso le casse postali o presso altre casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice, sentito il tutore e il protutore, può autorizzare il deposito presso altri istituti di credito (att. 251), ovvero, per motivi particolari, un investimento diverso da quelli sopra indicati (att. 45-1) 
Art. 373 Titoli al portatore 
Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al portatore, il tutore deve farli convertire in nominativi (1999), salvo che il giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia (att. 45-1). 
Art. 374 Autorizzazione del giudice tutelare 
Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare (377; att. 45-1): 
acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore, per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio (357); 
riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del suo patrimonio; 
accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o a condizioni; 
fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio (1572) o che in ogni caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età; 
promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto (1171 s.), di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi. 
Art. 375 Autorizzazione del tribunale 
Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale (Cod. Proc. Civ. 732): 
alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile deterioramento (376); 
costituire pegni o ipoteche; 
procedere a divisione o promuovere i relativi giudizi; 
fare compromessi e transazioni o accettare concordati. 
L'autorizzazione è data su parere del giudice tutelare. 
Art. 376 Vendita di beni 
Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale determina se debba farsi all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo (Cod. Proc. Civ. 734). 
Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non ha stabilito il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il giudice tutelare (att. 45-1) 
Art. 377 Atti compiuti senza l'osservanza delle norme dei precedenti articoli 
Gli atti compiuti senza osservare le norme dei precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). 
Art. 378 Atti vietati al tutore e al protutore 
Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore (1471, n. 3). 
Non possono prendere in locazione i beni del minore senza l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare. 
Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere annullati su istanza delle persone indicate nell'articolo precedente, ad eccezione del tutore e del protutore che li hanno compiuti (1425 e seguenti). 
Il tutore e il protutore non possono neppure diventare cessionari di alcuna ragione o credito (1261) verso il minore. 
Art. 379 Gratuità della tutela 
L'ufficio tutelare è gratuito. 
Il giudice tutelare tuttavia, considerando l'entità del patrimonio e le difficolta dell'amministrazione, può assegnare al tutore un'equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate. 
Art. 380 Contabilità dell'amministrazione 
Il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare (att. 46-1). 
Il giudice può sottoporre il conto annuale all'esame del protutore e di qualche prossimo parente o affine del minore. 
Art. 381 Cauzione 
Il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità del patrimonio, può imporre al tutore di prestare una cauzione, determinandone l'ammontare e le modalità (att. 131). 
Egli può anche liberare il tutore in tutto o in parte dalla cauzione che avesse prestata. 
Art. 382 Responsabilità del tutore e del protutore 
Il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli risponde verso il minore di ogni danno a lui cagionato violando i propri doveri. 
Nella stessa responsabilità incorre il protutore per ciò che riguarda i doveri del proprio ufficio. 
Sezione IV 
Della cessazione del tutore dall'ufficio 
Art. 383 Esonero dall'ufficio 
Il giudice tutelare può sempre esonerare il tutore dall'ufficio, qualora l'esercizio di esso sia al tutore soverchiamente gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo (att. 129-2). 
Art. 384 Rimozione e sospensione del tutore 
Il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente. 
Il giudice non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei casi che non ammettono dilazione (att. 129-2). 
Sezione V 
Del rendimento del conto finale 
Art. 385 Conto finale 
Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare. Questi può concedere una proroga (att. 46-1). 
Art. 386 Approvazione del conto 
Il giudice tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore o emancipato, ovvero, secondo le circostanze, il nuovo rappresentante legale a esaminare il conto e a presentare le loro osservazioni. 
Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto irregolarità o lacune lo approva; in caso contrario nega l'approvazione (att. 45-1). 
Qualora il conto non sia stato presentato o sia impugnata la decisione del giudice tutelare, provvede l'autorità giudiziaria nel contraddittorio degli interessati (att. 45-3). 
Art. 387 Prescrizione delle azioni relative alla tutela 
Le azioni del minore contro il tutore e quelle del tutore contro il minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal compimento della maggiore età o dalla morte del minore. Se il tutore ha cessato dall'ufficio e ha presentato il conto prima della maggiore età o della morte del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento col quale il giudice tutelare pronunzia sul conto stesso (386). 
Le disposizioni di quest'articolo non si applicano all'azione per il pagamento del residuo che risulta dal conto definitivo (2941-3). 
Art. 388 Divieto di convenzioni prima dell'approvazione del conto 
Nessuna convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore può aver luogo prima dell'approvazione del conto della tutela (596, 779). 
La convenzione può essere annullata su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa. 
Art. 389 Registro delle tutele 
Nel registro delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare, sono iscritti a cura del cancelliere l'apertura e la chiusura della tutela, la nomina, I'esonero e la rimozione del tutore e del protutore, le risultanze degli inventari e dei rendiconti e tutti i provvedimenti che portano modificazioni nello stato personale o patrimoniale del minore (att. 48 e seguenti). 
Dell'apertura e della chiusura della tutela il cancelliere dà comunicazione entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per l'annotazione in margine all'atto di nascita del minore. 
Capo II 
Dell'emancipazione 
Art. 390 Emancipazione di diritto 
Il minore è di diritto emancipato col matrimonio. 
Art. 391 (abrogato) 
Art. 392 Curatore dell'emancipato 
Curatore del minore sposato con persone maggiore di età è il coniuge. 
Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori. 
Se interviene l'annullamento per una causa diversa dall'età, o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei genitori, se idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona. Nel caso in cui il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì negli atti previsti nell'art. 165. 
Art. 393 Incapacità o rimozione del curatore 
Sono applicabili al curatore le disposizioni degli artt. 348 ultimo comma, 350 e 384 (att. 129-2). 
Art. 394 Capacità dell'emancipato 
L'emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione (397, 2942). 
Il minore emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto. 
Per gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore (395), è necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare (att. 45-1) Per gli atti indicati nell'art. 375 I'autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare. 
Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'art. 320 (396; att. 45-1). 
Art. 395 Rifiuto del consenso da parte del curatore 
Nel caso in cui il curatore rifiuta il suo consenso, il minore può ricorrere al giudice tutelare, il quale, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale per assistere il minore nel compimento dell'atto, salva, se occorre, I'autorizzazione del tribunale (att. 45-1). 
Art. 396 Inosservanza delle precedenti norme 
Gli atti compiuti senza osservare le norme stabilite nell'art. 394 possono essere annullati su istanza del minore o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). 
Sono applicabili al curatore le disposizioni dell'art. 378. 
Art. 397 Emancipato autorizzato all'esercizio di un'impresa commerciale 
Il minore emancipato può esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore (2198; att. 100). 
L'autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza del curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice tutelare e sentito il minore emancipato. 
Il minore emancipato, che è autorizzato all'esercizio di una impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa (394, 774; Cod. Proc. Civ. 75). 
Art. 398-399 (abrogati) 
Titolo XI 
Dell'affiliazione e dell'affidamento 
Art. 400 Norme regolatrici dell'assistenza dei minori 
L'assistenza dei minori è regolata, oltre che dalle leggi speciali, dalle norme del presente titolo (vedere anche Legge 4 maggio 1983, n. 184, riportata tra le Leggi Speciali). 
Art. 401 Limiti di applicazione delle norme 
Le disposizioni del presente titolo si applicano anche ai minori che sono figli di genitori non conosciuti, ovvero figli naturali riconosciuti dalla sola madre che si trovi nell'impossibilità di provvedere al loro allevamento. 
Le stesse disposizioni si applicano ai minori ricoverati in un istituto di pubblica assistenza o assistiti da questo per il mantenimento, l'educazione o la rieducazione, ovvero in istato di abbandono materiale o morale. 
Art. 402 Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza 
L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito (406, 412), secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro (343 e seguenti), fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della patria potestà o della tutela sia impedito. Resta salva la facoltà del giudice tutelare di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio, ovvero di nominare un tutore a norma dell'art. 354. 
Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della patria potestà, l'Istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio. 
Art. 403 Intervento della pubblica autorità a favore dei minori 
Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione. 
Art. 404-413 (abrogati) 
Titolo XII 
Dell'infermità di mente, dell'interdizione ed dell'inabilitazione 
Art. 414 Persone che devono essere interdette 
Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, devono essere interdetti (417 e seguenti). 
Art. 415 Persone che possono essere inabilitate 
Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere inabilitato (417 e seguenti, 429). 
Possono anche essere inabilitati coloro che, per prodigalità (776) o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. 
Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente, salva l'applicazione dell'art. 414 quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi. 
Art. 416 Interdizione e inabilitazione nell'ultimo anno di minore età 
Il minore non emancipato può essere interdetto o inabilitato nell'ultimo anno della sua minore età. L'interdizione o l'inabilitazione ha effetto dal giorno in cui il minore raggiunge l'età maggiore (421). 
Art. 417 Istanza d'interdizione o di inabilitazione 
L'interdizione o l'inabilitazione possono essere promosse dal coniuge, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero (85; Cod. Proc. Civ. 712). 
Se l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la patria potestà o ha per curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non può essere promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico ministero. 
Art. 418 Poteri dell'autorità giudiziaria 
Promosso il giudizio d'interdizione, può essere dichiarata anche d'ufficio l'inabilitazione per infermità di mente. 
Se nel corso del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza delle condizioni richieste per l'interdizione, il pubblico ministero fa istanza al tribunale di pronunziare l'interdizione, e il tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l'istruttoria necessaria (att. 40). 
Art. 419 Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori 
Non si può pronunziare l'interdizione o l'inabilitazione senza che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando (Cod. Proc. Civ. 713 e seguenti). 
Il giudice può in questo esame farsi assistere da un consulente tecnico. Può anche d'ufficio disporre i mezzi istruttori utili ai fini del giudizio, interrogare i parenti prossimi dell'interdicendo o inabilitando e assumere le necessarie informazioni. 
Dopo l'esame, qualora sia ritenuto opportuno, può essere nominato un tutore provvisorio all'interdicendo o un curatore provvisorio all'inabilitando (Cod. Proc. Civ. 714 e seguenti). 
Art. 420 Internamento definitivo in manicomio (abrogato) 
Art. 421 Decorrenza degli effetti dell'interdizione e dell'inabilitazione 
L'interdizione e l'inabilitazione producono i loro effetti dal giorno della pubblicazione della sentenza, salvo il caso previsto dall'art. 416 (776). 
Art. 422 Cessazione del tutore e del curatore provvisorio 
Nella sentenza che rigetta l'istanza d'interdizione o d'inabilitazione, può disporsi che il tutore o il curatore provvisorio, rimanga in ufficio fino a che la sentenza non sia passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). 
Art. 423 Pubblicità 
Il decreto di nomina del tutore o del curatore provvisorio e la sentenza d'interdizione o d'inabilitazione devono essere immediatamente annotati a cura del cancelliere nell'apposito registro e comunicati entro dieci giorni all'ufficiale dello stato civile per le annotazioni in margine all'atto di nascita (att. 42). 
Art. 424 Tutela dell'interdetto e curatela dell'inabilitato 
Le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati (343 e seguenti, 390 e seguenti). 
Le stesse disposizioni si applicano rispettivamente anche nei casi di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo e del curatore provvisorio dell'inabilitando a norma dell'art. 419. Per l'interdicendo non si nomina il protutore provvisorio. 
Nella scelta del tutore dell'interdetto e del curatore dell'inabilitato il giudice tutelare deve preferire il coniuge maggiore di età che non sia separato legalmente (150 e seguenti), il padre, la madre, un figlio maggiore di età o la persona eventualmente designata dal genitore superstite con testamento (587), atto pubblico o scrittura privata autenticata (2699, 2703). 
Art. 425 Esercizio dell'impresa commerciale da parte dell'inabilitato 
L'inabilitato può continuare l'esercizio dell'impresa commerciale soltanto se autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare (2198; att. 100). 
L'autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore (2203 e seguenti) 
Art. 426 Durata dell'ufficio 
Nessuno è tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o nella curatela dell'inabilitato oltre i dieci anni, ad eccezione del coniuge, degli ascendenti o dei discendenti. 
Art. 427 Atti compiuti dall'interdetto e dall'inabilitato 
Gli atti compiuti dall'interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore, dell'interdetto o dei suoi eredi o aventi causa (1425 e seguenti). Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall'interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza d'interdizione. 
Possono essere annullati su istanza dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione fatti dall'inabilitato, senza l'osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza di inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita l'inabilitazione (776). 
Per gli atti compiuti dall'interdetto prima della sentenza d'interdizione o prima della nomina del tutore provvisorio si applicano le disposizioni dell'articolo seguente. 
Art. 428 Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere 
Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore (1425 e seguenti). 
L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente (1425). 
L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto (2953). 
Resta salva ogni diversa disposizione di legge (120, 591, 775,1195; att. 130). 
Art. 429 Revoca dell'interdizione e dell'inabilitazione 
Quando cessa la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione, queste possono essere revocate su istanza del coniuge, dei parenti entro il quarto grado o degli affini entro il secondo grado, del tutore dell'interdetto, del curatore dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 720). 
Il giudice tutelare deve vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione o dell'inabilitazione continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne il pubblico ministero. 
Art. 430 Pubblicità 
Alla sentenza di rievoca dell'interdizione o dell'inabilitazione si applica l'art. 423. 
Art. 431 Decorrenza degli effetti della sentenza di revoca 
La sentenza che revoca l'interdizione o l'inabilitazione produce i suoi effetti appena passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). 
Tuttavia gli atti compiuti dopo la pubblicazione della sentenza di revoca non possono essere impugnati se non quando la revoca è esclusa con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324). 
Art. 432 Inabilitazione nel giudizio di revoca dell'interdizione 
L'autorità giudiziaria che pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca dell'interdizione, non crede che l'infermo abbia riacquistato la piena capacità, può revocare l'interdizione e dichiarare inabilitato l'infermo medesimo. 
Si applica anche in questo caso il primo comma dell'articolo precedente. 
Gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti dall'inabilitato dopo la pubblicazione della sentenza che revoca l'interdizione, possono essere impugnati solo quando la revoca è esclusa con sentenza passata in giudicato. 
Titolo XIII 
Degli alimenti 
Art. 433 Persone obbligate 
All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine: 
il coniuge; 
i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali; 
i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti; 
i generi e le nuore; 
il suocero e la suocera; 
i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali. 
Art. 434 Cessazione dell'obbligo tra affini 
L'obbligazione alimentare del suocero e della suocera e quella del genero e della nuora cessano: 
quando la persona che ha diritto agli alimenti è passata a nuove nozze; 
quando il coniuge, da cui deriva l'affinità, e i figli nati dalla sua unione con l'altro coniuge e i loro discendenti sono morti. 
Art. 435 (abrogato) 
Art. 436 Obbligo tra adottante e adottato 
L'adottante deve (301) gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori legittimi o naturali di lui. 
Art. 437 Obbligo del donatario 
Il donatario (769 e seguenti) è tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti di donazione fatta in riguardo di un matrimonio o di una donazione rimuneratoria (770. 785). 
Art. 438 Misura degli alimenti 
Gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in istato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. 
Essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando (660, 1881), avuto però riguardo alla sua posizione sociale. 
Il donatario non è tenuto oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio. 
Art. 439 Misura degli alimenti tra fratelli e sorelle 
Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario. 
Possono comprendere anche le spese per l'educazione e l'istruzione se si tratta di minore. 
Art. 440 Cessazione, riduzione e aumento 
Se dopo l'assegnazione degli alimenti mutano le condizioni economiche di chi li somministra o di chi li riceve, l'autorità giudiziaria provvede per la cessazione, la riduzione o l'aumento, secondo le circostanze. Gli alimenti possono pure essere ridotti per la condotta disordinata o riprovevole dell'alimentato. 
Se, dopo assegnati gli alimenti, consta che uno degli obbligati di grado anteriore è in condizione di poterli somministrare, l'autorità giudiziaria non può liberare l'obbligato di grado posteriore se non quando abbia imposto all'obbligato di grado anteriore di somministrare gli alimenti. 
Art. 441 Concorso di obbligati 
Se più persone sono obbligate nello stesso grado alla prestazione degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche. 
Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in condizioni di sopportare l'onere in tutto o in parte, l'obbligazione stessa è posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate in grado posteriore. 
Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l'autorità giudiziaria secondo le circostanze. 
Art. 442 Concorso di aventi diritto 
Quando o più persone hanno diritto agli alimenti nei confronti di un medesimo obbligato, e questi non è in grado di provvedere ai bisogni di ciascuna di esse, l'autorità giudiziaria dà i provvedimenti opportuni, tenendo conto della prossimità della parentela e dei rispettivi bisogni, e anche della possibilità che taluno degli aventi diritto abbia di conseguire gli alimenti da obbligati di grado ulteriore. 
Art. 443 Modo di somministrazione degli alimenti 
Chi deve somministrare gli alimenti ha la scelta di adempiere questa obbligazione o mediante un assegno alimentare corrisposto in periodi anticipati (2948), o accogliendo e mantenendo nella propria casa colui che vi ha diritto. 
L'autorità giudiziaria può però, secondo le circostanze, determinare il modo di somministrazione. 
In caso di urgente necessità, l'autorità giudiziaria può altresì porre temporaneamente l'obbligazione degli alimenti a carico di uno solo tra quelli che vi sono obbligati, salvo il regresso verso gli altri. 
Art. 444 Adempimento della prestazione alimentare 
L'assegno alimentare prestato secondo le modalità stabilite non può essere nuovamente richiesto, qualunque uso l'alimentando ne abbia fatto. 
Art. 445 Decorrenza degli alimenti 
Gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal giorno della costituzione in mora dell'obbligato (1219), quando questa costituzione sia entro sei mesi seguita dalla domanda giudiziale (2948). 
Art. 446 Assegno provvisorio 
Finché non sono determinati definitivamente il modo e la misura degli alimenti, il pretore o presi dente del tribunale può, sentita l'altra parte, ordinare un assegno in via provvisoria ponendolo, nel caso di concorso di più obbligati, a carico anche di uno solo di essi, salvo il regresso verso gli altri. 
Art. 447 Inammissibilità di cessione e di compensazione 
Il credito alimentare non può essere ceduto (1260, 2751). 
L'obbligo agli alimenti non può opporre all'altra parte la compensazione, neppure quando si tratta di prestazioni arretrate. 
Art. 448 Cessazione per morte dell'obbligato 
L'obbligo degli alimenti cessa con la morte dell'obbligato, anche se questi li ha somministrati in esecuzione di sentenza (50, 63). 
Titolo XIV 
Degli atti dello stato civile 
Art. 449 Registri dello stato civile 
I registri dello stato civile sono tenuti in ogni comune in conformità delle norme contenute nella legge sull'ordinamento dello stato civile. 
Art. 450 Pubblicità dei registri dello stato civile 
I registri dello stato civile sono pubblici. 
Gli ufficiali dello stato civile devono rilasciare gli estratti e i certificati che vengono loro domandati con le indicazioni dalla legge prescritte. 
Essi devono altresì compiere negli atti affidati alla loro custodia le indagini domandate dai privati. 
Art. 451 Forza probatoria degli atti 
Gli atti dello stato civile fanno prova, fino a querela di falso (2699; Cod. Proc. Civ. 221), di ciò che l'ufficiale pubblico attesta essere avvenuto alla sua presenza o da lui compiuto. 
Le dichiarazioni dei comparenti fanno fede a prova contraria (2697). 
Le indicazioni estranee all'atto non hanno alcun valore. 
Art. 452 Mancanza, distruzione o smarrimento di registri 
Se non si sono tenuti i registri o sono andati distrutti o smarriti o se, per qualunque altra causa, manca in tutto o in parte la registrazione dell'atto, la prova della nascita o della morte può essere data con ogni mezzo. 
In caso di mancanza, di distruzione totale o parziale, di alterazione o di occultamento accaduti per dolo del richiedente, questi non è ammesso alla prova consentita nel comma precedente. 
Art. 453 Annotazioni 
Nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non e ordinata dall'autorità giudiziaria. 
Art. 454 Rettificazioni 
La rettificazione degli atti dello stato civile si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324), con la quale si ordina all'ufficiale dello stato civile di rettificare un atto esistente nei registri o di ricevere un atto omesso, o di rinnovare un atto smarrito o distrutto. 
Le sentenze devono essere trascritte nei registri. 
Art. 455 Efficacia della sentenza di rettificazione 
La sentenza di rettificazione non può essere opposta a quelli che non concorsero a domandare la rettificazione, ovvero non furono parti in giudizio o non vi furono regolarmente chiamati.