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Archivio della Categoria 'Servizi pubblici'

Test d’ingresso all’università italiana

Venerdì 11 Aprile 2014

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Lo scandalo di Bari di questi giorni dimostra come sia fallace il sistema di ammissione alle facoltà, soprattutto di medicina. La legge che ha introdotto il cosiddetto numero chiuso risale al 1999, governo D’Alema, quando, con il n.264, si approvò la normativa di soli quattro articoli che stabiliva il perché occorresse un metodo per scegliere chi si potesse iscriversi al primo anno delle nostre università. E i criteri che avevano portato a tutto ciò, dichiarati nella stessa legge, riguardavano il numero di aule, i docenti, i laboratori e altre simili situazioni organizzative. Non si parla di lavoro, di necessità per la società di avere un certo numero di laureati o di altro di questo genere. Dunque la ragione era solamente tecnica, non politica.

Basta una semplice riflessione per dimostrare come la strada sia del tutto fuori logica, quella stessa che si sbandiera nei test: sarebbe come se non si mettessero in galera i delinquenti perché non ci sono le carceri dove ospitarli. Oppure si lasciassero morire i malati perché negli ospedali non c’è posto dove curarli.

Chiedo scusa, forse ho sbagliato ragionamento ed esempi. Mi sto accorgendo, mentre scrivo, che è davvero questa la logica della nostra attuale civiltà. In effetti molti deliquenti sono liberi e molti malati muoiono mentre cercano un medico. Dunque niente di strano se anche agli studenti non sia consentito di studiare, mentre si dice che l’Italia sia agli ultimi posti in Europa per numero di laureati. Infatti, l’Europa. Proprio da una sua direttiva partì la faccenda del test d’ingresso, specie per medicina. Stravaganza quando, invece, ci si lamenta di come siano pochi i medici che curano in altre parti del mondo. Quasi che fosse anche pecluso di andare a lavorare dove si desidera.

Ma andiamo un attimo di nuovo sulle motivazioni della legge n.264. Forse non si sa che esiste la rete? Quella chiamata internet? La telematica? Se si conosce questo nuovo modo di seguire una lezione, allora è anche possibile stabilire che chi supera il test, pensato da menti non del tutto equilibrate, possa seguire in aula e gli altri, liberamente, dai monitor dei propri pc, almeno per il primo anno. Poi a scorrere se gli esami non vengono superati.

Sarebbe follia? Molto minore di quella che stabilisce come si debbano scegliere gli studenti in 100 minuti di stress emotivo. Del resto è lo stesso Stato che dichiara, quest’anno non ancora, contraddizione nella contraddizione, chi sia “maturo”. Allora di che cosa si è maturi? Di presentarsi al test? Non di iscriversi a una facoltà che piace? Ci si chiede a che serve far studiare fino a diciotto anni, se non diciannove, i nostri ragazzi per poi abbandonarli come stracci vecchi al loro destino, perché questo significa consentire a un solo studente su sette di potersi iscrivere, per esempio, a medicina. Gli altri sei a zappare? Potrebbe essere un’idea ma non fategli studiare greco e latino, per carità di Dio e nemmeno tanti anni seduti ad appiattirsi il sedere per nulla.
La conclusione, per non farla lunga? Semplicemente che i test d’ingresso per il numero chiuso alle università italiane sia abolito, ci penseranno gli esami stessi successivi a stabilire chi sia adatto ad arrivare alla laurea.

Il mio primo anno di architettura eravamo una folla dentro un’aula che sembrava un cinema, qualche migliaio di persone che vociavano e non sentivano il professore che spiegava. Poi poche decine, fino a quando, con il professor Bonelli (Storia dell’architettura), a valle Giulia, a Roma, ci ritrovammo in due soli alunni, chiamiamoli così. La luce era spenta per permettere di poter vedere le proiezioni di immagini di chiese antiche sparse per tutta l’Europa. Si stuzzicava il sonno, la situazione era adatta a schiacciare un pisolino. A un certo punto un rumore sordo, la sedia con il pianale automatico si ribaltò sullo schienale e il ragazzo che era due o tre file davanti a me cadde. Morto, parve, invece addormentato. Piano piano si rialzò e se ne sgusciò via dalla sala senza farsi notare da Bonelli che si era appena distratto e aveva continuato la lezione. Così rimasi solo io a seguire. Poi ci fu l’esame. Risultato? Mi bocciò. Poi cambiai professore, mi sono laureato, sono diventato anche esperto di archeologia dei popoli italici.
L’Europa non deve insegnarci nulla con le sue direttive. Noi abbiamo una diversa civiltà, la nostra storia è umanistica e tutta la scienza che ne sia derivata è partita da quella struttura mentale di base. Altrove non hanno avuto Roma, il nostro medioevo, il Rinascimento, un essere come Leonardo da Vinci, nemmeno il nostro Mediterraneo con le sue più antiche civiltà. L’Egitto, per cui non ancora ci sono spiegazioni sulle costruzioni delle piramidi nel terzo millennio a.C. quando non esisteva il ferro. Oppure le sculture grece del quinto secolo avanti Cristo, le mura ciclopiche delle città sannitiche ancor prima di Roma, lingue da scoprire, l’osco.

Si potrebbe continuare all’infinito, in Italia esiste la stragrande maggioranza del patrimonio artistico e storico mondiale. Gli studenti italiani devono essere lasciati liberi di andare avanti, magari sarebbe da riformare la scuola, partendo dai professori. Qui, ora, tutto al contrario: si chiudono le porte delle università per migliorarle. Una sciocchezza che segue la stessa logica perversa delle domande ai quiz, quasi che fosse la famosa patente di jettatore che molti studenti del liceo sapranno e non chi, dall’Inghilterra, ha preparato le domande d’ingresso.

L’algoritmo Panda

Giovedì 20 Ottobre 2011

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Con l’entrata in vigore del nuovo algoritmo di Google si contano diverse vittime del nuovo modo di presentare le ricerche sul web. Panda, da agosto 2011, ha modificato la scala dei valori dei siti. In particolare si dice che abbia penalizzato tutti quelli che hanno, al loro interno, argomenti duplicati. Che significa? Che chi copia non è degno di essere premiato nei risultati di ricerca del motore di Google. E la cosa detta così, potrebbe apparire giusta. Ma bisogna fare alcune considerazioni che gli americani, in genere, non sono abituati a valutare.

Prima di tutto il servizio di Google, la cui fortuna dipende dai siti, (se non ci fossero, non avrebbe senso nemmeno il motore di ricerca più famoso al mondo), è un comodato d’uso per chi fa ricerca nella rete e per chi pubblica un sito. Dunque non si paga nulla per avere e per dare informazioni. Ma il mezzo non ha il diritto di far crescere, secondo le sue leggi, un apparato che dà anche lavoro a chissà quanta gente e poi modificare le stesse leggi. Quando? Solo dopo che ha acquistato potere. Ecco.

Ossia, le modifiche, se servono a un migliore utilizzo della rete, ben vengano, ma non con la rapidità di una mannaia che scende senza ritegno su chi capita nei pressi. E mi spiego anche meglio. E’ giusto far perdere posti di lavoro a siti che vedono crollare le visite, e quindi la pubblicità che è l’unica, o quasi, fonte di sostentamento degli stessi, nel giro di un giorno solo? Dal momento che è entrato in funzione il famigerato Panda? E quale sarebbe questo diritto? Che il motore di ricerca di Google è di proprietà privata? E allora che non usasse i siti del mondo. Invece ciò che serve a lui va bene, il resto sono affari degli altri!

Il problema, a questo punto, riveste un carattere di natura politica. Come Bill Gates non può avere in mano i destini del pianeta ugualmente il colosso Google non può esercitare il suo dominio persino nel decidere chi debba salire e chi scendere nei risultati di ricerca del proprio motore. Quando si raggiungono altissime vette bisogna rendere conto alla comunità. Il monopolio è una pessima cosa.
Si diceva comodato d’uso. Ma esso è reciproco che anche Google usa, gratuitamente, i siti pubblicati.

Insomma, il miglioramento dei risultati di ricerca non può essere controllato come se si trattasse di un gioco. Nè si possono penalizzare siti che abbiano copiato in modo assoluto. Le leggi, per esempio, dovrebbero essere soltanto pubblicate dagli apparati dello Stato? Nessuno dovrebbe copiare, con il copia e incolla, che non ha nulla di strano in questo caso, le normative e inserirle nel proprio sito? E se non è un servizio, a esempio un sito che tratta di alimentazione, pubblicare leggi sull’argomento, tutte riunite per il vantaggio di chi le cerca che cos’è?

Chiedere a Google che ha studiato un algoritmo misterioso, come spesso gli succede. E basta controllare con una parola qualsiasi sul suo motore per verificare che non è affatto vero che i primi risultati siano i migliori.

E, ammesso che così fosse, basterebbe chiudere la maggior parte dei siti, che sarebbero più che sufficienti solo poche migliaia al mondo. Non è così?

Le scarpe rotte della regina Elisabetta

Giovedì 16 Settembre 2010

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Qualche giorno fa la tv, non ricoredo se di Stato o privata, ha mostrato la regina Elisabetta seduta e con le scarpe che mostravano il fondo consumato. A detta del giornalista, difatti, c’era un foro che mal si addiceva a una persona di quel rango. Mi sono ricordato, (si fa per dire), che ho passato una vita a vendere scarpe e anche ad aggiustarle, oltre che a consumarle con i miei piedi. Così ho dato uno sguardo ai mocassini di pecary che indosso tutte le primavere e gli autunni da almeno vent’anni a questa parte, fatti di viaggi per le strade del mio paese. Certo consumate in una porzione centrale della suola destra, (e prontamente riparate), ma non nere, come il cronista sostena che fosse il foro della regina. Ossia le scarpe hanno un’intersuola che divide il battistrada dal plantare interno. E non voglio credere che una regina abbia scarpe di qualità tanto inferiore da esserne sprovviste. perciò la suola non è mai nera, tutt’al più del colore della pelle dell’animale.

Insomma quella macchia scura sotto la scarpa di Elisabetta d’Inghilterra non era altro che una zona colorata, non un buco dovuto al consumo del materiale (le calze erano trasparenti e non nere). Inoltre questa vecchietta, che così bisogna chiamarla, come poteva consumare un paio di scarpe se io, che non ancora mi reputo vecchio e non lo ero vent’anni fa, non sono riuscito a provocare un foro di uguali dimensioni? Che la suola di colei fosse meno robusta rispetto alla mia? Non ci credo.

Mio zio, prima di provocare un simile buco, tenne le scarpe ai piedi per cinquant’anni, e lui sì che camminava come la regina: poco e piano.

Questo per evitare che si rida dove non esiste e si getti fango dove non è mertitato. Che chi vuol far ridere ha altre strade, se ne è capace.

Viva la regina!

omicidio colposo

Martedì 27 Maggio 2008

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E’ alquanto strano che, almeno all’inizio, l’omicidio di due ragazzi su un motorino da parte di un giovane senza patente sia stato definito come ‘volontario’ e quello del rom nelle marche, ubriaco, di quattro ragazzi, sia invece  classificato come ‘omicidio colposo’. In questo caso la pena è molto inferiore. Ma se non si elimina questa distorsione negli incidenti stradali non ci sarà mai pace.

Il ‘colposo’ può essere in caso di incidente involontario, quando si mettono in atto tutte le procedure per evitare di fare del male a qualcuno. Ma non quando si beve fino a diventare incosciente. Perchè nel momento che si inizia a bere si capisce che ci si sta ubriacando. Dunque ci si mette nella condizione della scarsa coscienza delle cose. E questo come lo vogliamo chiamare? Non è una volontà?

Non lo sarebbe se fosse un’altra persona a farci bere per forza, ma se lo decidiamo in pare che non ci siano dubbi. In cado di incidente con il morto, allora, omicidio volontario. Oppure che i parlamentari trovino un’altra forma di reato perchè non è accettabile che sia messo alla stregua di un incidente capitato per caso.

Indirizzo email

Lunedì 14 Aprile 2008

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Una delle travi che intralciano lo sviluppo e la serietà di internet, perché anche se non pare esso ancora è relegato a qualche cosa da guardare con sospetto, è l’anonimato dell’indirizzo email. Anche coloro che assegnano gratuitamente un tale indirizzo dovrebbero avere i dati esatti del titolare, mediante un sistema che è da studiare, ma non solo con l’attestazione via rete.

Così non esisterebbero tanto facilmente le truffe, i virus, gli sciacalli che si nascondono dietro quel dito della email che poi potrebbe essere scoperto dalla Polizia Postale. Ma proprio questo bisognerebbe evitare: di ricorrere agli organi inquirenti. Allora internet acquisterebbe la verità che ancora non ha: troppa fantasia, irrealtà, stupidità di un mezzo che potrebbe ricoluzionare la nostra società, ma ancora non lo fa.

Il ragazzo suicidatosi per i punti sulla patente

Lunedì 3 Dicembre 2007

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La notizia di oggi riguarda un ragazzo piemontese che è stato trovato positivo ad un controllo della Polizia Stradale ad un controllo alcolico. Il giovane, tornato a casa e temendo di perdere il posto di lavoro, si è suicidato.

Mi chiedo dove sia la giustizia a questo riguardo. Con alcuni amici siamo stati ad una cena fuori qualche giorno fa. Nessuno beveva vino temendo di essere fermati dalla Polizia e di perdere punti dalla patente. Credevo che scherzassero, ma si sono comportati veramente così: quasi non hanno toccato vino, se non mezzo bicchiere. Non dico che bisogna ubriacarsi o cose simili, proprio io che non uso vino a tavola, ma solo che mi sembra che stiamo andando controcorrente per certi versi. La logica ci vuole sempre ed anche nella giustizia, nei controlli, nelle leggi, nelle pene. Bisogna sempre sapere il fine di ogni azione.

Ebbene chi è che non sa la storia del rom ubriaco che è stato condannato a pochi anni di carcere, ma è già fuori agli arresti domiciliari nonostante abbia ucciso 4 poveri ragazzi che andavano sul motorino per loro conto? Allora come la mettiamo? Un assassino, anche se il suo reato è stato giudicato colposo resta sempre un assassino, è comodamente in libertà, anzi adesso fa anche della pubblicità (che bell’esempio di essere vivente!), ed un  ragazzo che può aver anche sbagliato per una sera (ammesso che fosse davvero urbriaco), ma che non ha ucciso nessuno deve pagare con la vita?

I pesi e le misure non sono uguali. Mi si potrà rispondere che chi si suicida è sempre un depresso che aspetta solo la causa scatenante. Ma se andiamo avanti con questi ragionamenti si perde di vista il problema. Questa non è libertà e ordine, ma confusione, contraddizione e disorganizzazione sociale, a tutti i livelli.

il televisore assassino

Giovedì 15 Novembre 2007

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Ancora un incidente dovuto alla caduta di un televisore su una bimba che è morta. E’ accaduto in questi giorni in Sicilia ed è la riprova che questi ‘elettrodomestici’ sono costruiti senza tener conto di una loro statica. Provate a prendere con le mani un tale apparecchio, almeno grande una ventina di pollici, e vedrete come sia sbilanciato completamente verso la parte dove è il vetro. Se lo aprite il retro è quasi vuoto ed è ampio solo per alloggiare il tubo catodico, nei televisori di questo tipo.

Occorrerebbe una legge che parlasse di bilanciamento statico dei tv di casa: non è possibile che basta una spinta nemmeno troppo forte per provocare la caduta pesante e pericolosa. Chi ci rimette? i bambini che sono piccoli e stanno quasi sempre al di sotto del mobile che porta la tv.

E’ consigliabile, per questo motivo, di abbandonare del tutto gli apparecchi a tubi catodici (RTC) e orientarsi verso quelli piatti che possono essere agganciate meglio alla parete e non solo poggiati in un equilibrio precario.

Nelle nostre case talora basterebbe poco per evitare guai che, quasi sempre, toccano i più deboli, i bambini e gli anziani: in cucina, nei bagni, nelle scale, a causa dei mobili e degli elettrodomestici non sempre sicuri.

l’omicidio di Bormio

Lunedì 15 Ottobre 2007

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Nel nostro ordinamento l’omicidio colposo (art. 589 c.p.), che si configura quando taluno cagiona per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Quando l’omicidio colposo è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (oltre che delle norme sulla prevenzione infortuni sul lavoro) la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

In ogni caso si tratta di modesta pena anche per il fatto che il codice penale prevede una diversa fattispecie di delitto quando l’omocidio è ‘intenzionale’.

Tutto ruota intorno a questa interpretazione. Mi voglio riferire all’omicidio del bambino di Bormio, ma anche a quello dell’ubriaco (e drogato) che ha investito un’auto uccidendo un’anziana signora e ferendone altre due.

I legali del minorenne motociclista dice che la stradina dove era in bici il piccolo investito è una strada ‘vicinale’ non vietata al traffico veicolare. Ma questo può bastare a far correre una moto in un viottolo (così lo chiamo viste le ridottissime dimensioni) a fari spenti al buio? e se, invece del bimbo con la mamma, ci fosse stata un’auto ferma in mezzo alla strada, chi sarebbe morto? probabilmente il motociclista stesso che non avrebbe potuto evitare l’impatto violento. Dunque la colpa e grave anche, come dice pure il codice, c’è tutta e non vi sarà mai giustizia se si continua a derubricare il reato in omicidio colposo, molto meno grave del volontario. Un simile comportamento è volontario e ben diverso dall’incidente causato da un evento non prevedibile.

Sarebbe come se in una zona sismica non si costruisse seguendo le normative tecniche adeguate ed il terremoto, poi, causerebbe delle vittime. Si potrebbe mai sostenere che un dato progettista di quelle case crollate non ha responsabilità diretta? e quei morti non sarebbero sulla sua coscienza? o anche qui il fato, la casualità sarebbe la ragione dei morti?

Per l’omicidio volontario il nostro codice penale prevede la pena da 21 anni all’ergastolo. La differenza è notevole, ma non come quella tra il guidare a fari spenti in una stradina vicinale ed il guidare a fari spenti in una pista ciclabile.

Il rom assassino

Lunedì 8 Ottobre 2007

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Il rom che ha ucciso quattro ragazzi nelle Marche, mentre viaggiava su un furgone in condizioni di ubriachezza, è stato condannato a 6 anni agli arresti domiciliari. Non mi interessa parlare del Codice Penale e di ciò che prevede in questi casi, ma del fatto che sia stato considerato il reato di omicidio colposo.

Mi viene in mente la storia di un collega architetto che non ricevette una lira da una progettazione di alcuni villini perchè le altezze avrebbero superato quelle ammesse dal Programma di Fabbricazione del comune. Il giudice parlò di colpa e, quindi, nessuna parcella, anzi il tecnico dovette pagare tutte le spese legali. Certo si trattava di una causa civile e, nel caso del rom, di un procedimento penale. Ma il parallelo si può tracciare con facilità: il tecnico, che pure aveva  progettato come le altre case esistenti nella zona, fu condannato perchè avrebbe dovuto sapere …., il rom non avrebbe dovuto sapere che bevendo e riducendosi ad uno straccio poteva combinare guai agli altri. Sarebbe come se un ubriaco uccidesse con una pistola e venisse considerato non del tutto punibile. Perchè questo significa in soldoni ‘omicidio colposo’, aldilà dell’aggettivo che dovrebbe signifcare il contrario. Il diritto in Italia, patria della filosofia di questa disciplina fin dall’antichità, è tutto ’storto’, come mi dice spesso un amico avvocato.

Farebbe più effetto sui giudici se il rom uccideva con una rivoltella o un fucile da caccia? l’autocarro, guidato in stato di ubriachezza è uguale, non cambia niente, diventa uno strumento di morte.

La colpa del rom è stata mentre beveva un bicchiere dopo l’altro, più che mentre guidava ed è per questo che la sua condanna appare, anche a me, completamente ridicola. Come se il fatto che fosse ubriaco lo potesse scagionare in qualche modo. Non credo che sia stata applicata correttamente la legge penale e, qualora lo fosse stata, allora la nostra civiltà è alquanto imprecisa e da riscrivere nelle sue regole.

Solidarietà ai ragazzi morti, ai loro familiari, ai loro amici che hanno perso i compagni più importanti della loro vita: quelli della adolescenza che nessuno ti potrà mai sostituire.

l’eredità di Pavarotti

Mercoledì 19 Settembre 2007

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L’eredità del maestro Pavarotti pare che non sia la sua voce e la sua capacità di infondere espressività musicale alle parole, ma i suoi beni materiali, il conto in banca, i diritti d’autore, la sua società di amministrazione di palazzi e immobili vari.

Anche il suo inserviente, o come lo si debba chiamare, ha avuto una cospicua eredità in danaro. Mi chiedo perchè Pavarotti abbia dovuto guadagnare tanto. Per far litigare gli eredi? per far arricchire chi non c’entra nulla con la sua fortuna? e poi quale sarebbe stata la sua fortuna, quella di accumulare soldi fino a dimenticarne l’ammontare?

Lui è nell’aldilà, solo con la sua anima ed il vile denaro non gli serve più e forse non gli è servito, anzi certamente non gli è servito, nemmeno in vita.

Non sarebbe stato meglio che avesse messo in pedi una organizzazione per sfamare tanti bambini nel mondo, come pure ha fatto in parte con i suoi proventi? meglio sarebbe stato se avesse vissuto modestamente ed avesse donato tutto o quasi a chi ne aveva bisogno. Probabilmente Iddio gli aveva donato tanta virtù per metterlo alla prova: la sua voce in realtà non era sua, ma patrimonio di tutti. Credo che Pavarotti sarebbe stato ricordato molto più a lungo e non per le controversie tra figlie e seconda moglie.


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