Archeologia
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L'area archeologica delle Caselle di Civitanova del Sannio, nel Molise
 

Le Caselle

La scoperta

L'avvocato Gianluigi Ciamarra, negli anni novanta, come altri giorni, stava passeggiando nel bosco a 1200 metri. Cercava funghi, lui amante della natura, del paesaggio e dell'archeologia. Perciò aveva occhi che vedevano ciò che nei secoli nessuno, molto probabilmente, aveva notato. Tra gli alberi, in mezzo a spuntoni di roccia, in alto rispetto al viottolo c'erano resti di una cinta muraria con massi di grosse proporzioni. Un colpo al cuore di chi ha sensibilità per queste cose.
L'annuncio fu dato anche dalla televisione nazionale: testimonianze dei Sanniti nel territorio montano del comune di Civitanova del Sannio, nel Molise.

un tratto delle mura megalitiche dell'area archeologica di Caselle

L'altezza di questo muro è di circa 2 metri.

Di che si tratta

I reperti sono tratti lunghi qualche decina di metri, poco oltre se ne vedono ancora, più brevi ma sempre a cingere un terrazzamento tra rocce e, ora, dentro un fitto bosco, ben poco accessibile se è vero che, dentro quell'area, si riesce difficilmente a trovare una strada per scendere a valle. Il fatto è che il sistema ha un lato, quello a nord, completamente chiuso da rocce alte decine di metri e a strapiombo, e sugli altri fronti i massi poggiati dall'uomo, a secco, pesanti anche una decina di quintali. La verità è che internamente ne sono stati visti un paio grandi più di due metri cubi ciascuno e, quindi, del peso che si aggira sulle quattro o cinque tonnellate per ognuno di essi. 
Rimandiamo a un'altra pagina di questa sezione lo studio della tecnologia di quel tempo, perché si tratta di resti archeologici dell'epoca sannita, quindi di molti secoli prima di Cristo. Anche per una più approfondita discussione sulla datazione si rimanda a un'altra specifica pagina.
Qui si vuole rimarcare come i ruderi delle Caselle siano stati costruiti con una modalità diversa da quella, per esempio, delle Civitelle di Frosolone, sempre nel Molise. 
In primo luogo i due siti distano, in linea d'aria, pochi chilometri, seguendo una strada pedonale occorre più di un'ora di cammino. Ma importante è che si potessero, tra loro, vedere se solo chi abitava le Caselle fosse salito sulle rocce poco distanti con un panorama amplissimo tutto intorno. Dunque i due siti erano, in qualche modo, collegati. Poi la grandezza di questo sito: di gran lunga meno esteso di quello delle Civitelle. E che significa?
Non doveva essere una zona per abitazioni, piuttosto un luogo di vedetta, una sorta di fortezza che dovesse servire per tenere sotto controllo la valle che giunge a nord a vedere Capracotta, altra zona dove sono stati rinvenuti reperti di epoca sannita, e poi la valle del Trigno a est. Quella che, unica dalle Civitelle, non potesse essere scoperta perché troppo in basso e, naturalmente, a forma di gola.
La Caselle erano un avamposto. Lo denuncia l'ampiezza dell'area, circa mezzo ettaro, e la inaccessibilità di quanto circondato dalle mura. Una sola cinta e non due o tre o quattro come in altri luoghi sanniti di montagna.

un altro tratto di muro della cinta di Caselle

Un altro tratto di muro di cinta, di fianco al precedente.

La tecnologia della costruzione

I massi, di forma non squadrata, erroneamente definiti poligonali, come altrove si dice in questo stesso sito, sono stati posti in opera a secco, come venivano trovati in natura. Essi bloccano i passaggi tra una roccia e un'altra. Alcuni sono rotolati a valle, come appare evidente e come si deduce dall'attuale altezza delle mura: poco oltre i due metri. Mentre dovevano essere almeno il triplo in origine a giudicare dalla funzione e, soprattutto, dalla presenza di fianco delle altezze naturali delle rocce fra cui s'incastravano. Unico modo per essere dissuasive verso un attacco nemico.
Non si nota dovunque una pur minima lavorazione delle pietre. Come si dice anche in altre pagine, i costruttori dell'epoca non dovevano essere in possesso di attrezzature capaci di sagomare i massi o di spaccarli a renderli meno pesanti per il trasporto. Non si capisce per quale ragione avessero dovuto fare sforzi immani per spostare ciò che, a pezzi, poteva avere la medesima funzione, anzi si sarebbe potuto costruire con maggiore celerità e tecnica.
Troppo arcaici questi muri per avvicinarli storicamente a quelli delle Civitelle a cui ci riferiamo per la grande lunghezza che mostrano, unici nell'area sannita. Dunque un'epoca precedente, altrimenti a pochi chilometri di distanza avrebbero potuto conoscere come procedere. Qui, nelle Caselle, però, c'è qualcosa in più. Si sono usate molto meglio le preesistenze rocciose: nelle Civitelle le mura usavano qualche roccia lungo il loro percorso, qui pare che si sono usate le pietre per completare il circolo di rocce. L'esatto contrario.
Se non conoscevano il ferro, dunque, nessuno può sostenere che l'epoca delle costruzioni fosse dopo il decimo secolo avanti Cristo. Forse molto più antiche come cercheremo di discutere e provare in altre pagine.

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